Capitolo 17: Incontri

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- Chi sei tu? -

- Adam Willem, ti dice nulla questo nome? -

Una scarica di emozioni attraversò la mia mente. Quello era il mio vero nome. Adesso lo ricordavo.

- Accidenti ti hanno ridotto davvero male. - Disse.

- Aspetta, fammi capire. Sto parlando con me stesso? -

- Ti hanno privato dei sensi amico mio, è la tua mente a creare queste immagini. Io non sono reale. -

- Ok, forse sto diventando matto. -

Mi sedetti con l'animo privo di speranza. Erano davvero riusciti a farmi perdere ogni forma di razionalità.

- Ehi! In piedi! - Mi ammonì Adam.

- Scusa ma non prendo ordini da me stesso. -

- Ah, capisco. Non prendi ordini da te stesso, ma dagli altri sì. Interessante. -

- Cosa vorresti dire? -

- Sai perché non ricordi ancora nulla? -

Non risposi.

- Hai ascoltato tutti fuorché te stesso, la tua coscienza. Scommetto che non sai nemmeno quali siano le tue passioni. -

Notai una strana sicurezza nelle sue parole e nei modi di fare. Una sicurezza che, in un certo senso, non mi apparteneva.

- Quindi tu saresti la mia coscienza? -

- Beh, in un certo senso, diciamo di sì. -

Una domanda balzò subito alla mia mente.

- Sono stato io a uccidere Abigail e Tim? -

Adam diede una boccata alla sigaretta. Guardò verso il basso mordendosi le labbra.

- Avanti rispondi! -

Mi guardò negli occhi e rispose:

- No. -

Non so perché, ma quella risposta secca e decisa non riuscì a placare la mia anima irrequieta. Era come se la frase dovesse continuare.

- C'è... Qualcosa che... Dovrei sapere? - Chiesi timoroso.

Adam diede un'altra boccata mentre continuava a fissarmi.

- Qualcosa che dovresti sapere c'è, ma in realtà tu non vuoi saperlo. -

- Cosa intendi dire? -

- Intendo dire che Jason Browner non è Adam Willem. -

- Ma di che diavolo stai parlando? Io e te siamo la stessa persona. L'hai detto anche prima. -

Adam sorrise.

- Tecnicamente sì, ma... -

- Avanti parla! -

Adam gettò la sigaretta.

- Credo sia ora di andare. -

- Ehi aspetta non puoi andartene così. Devi dirmi quello che sai! -

- Jason, te l'ho detto. Io non sono reale. Non ho una mia volontà. Non sono io a volermene andare. Sei tu che mi stai cacciando. -

- Ma che storia è questa? Ti ordino di restare! -

Adam scoppiò a ridere.

- Non basta dirlo amico mio. L'inconscio, spesso è molto più forte della volontà. -

Senza dire altro sparì in una nuvola di fumo come se fosse un fantasma.

Non ci stavo capendo più niente. Cosa voleva dire con quelle parole? Speravo di avere qualche risposta, ma al momento avevo ancora più dubbi di prima.

Alzai un attimo lo sguardo. Quello che vidi fece battere il mio cuore all'impazzata. Iniziai a tremare come una foglia. La paura impiegò poco tempo a diventare terrore.

Una schiera di persone mi aveva circondato. I loro volti erano deformi. Alcuni non avevano i denti, altri erano pallidi, altri ancora sembravano... Morti.

Si avvicinavano lentamente verso di me. Non ci avrebbero messo molto a raggiungermi.

Cercai una via di fuga, ma più cercavo e più sembravano aumentare.

Tutta la stanza divenne piena di queste "entità". Alcuni iniziarono a urlare, altri facevano versi di animale, altri ancora si lamentavano.

Avrei voluto urlare ma non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose. Ero ancora all'interno della camera anecoica e questo non dovevo dimenticarlo.

"Lasciatemi in pace. Andatevene!" Pensai.

D'un tratto si fermarono.

I loro versi cessarono.

Rimasi immobile facendo finta di niente. Nella speranza che se ne andassero.

All'improvviso tutti puntarono l'indice in una direzione. Stavano indicando qualcosa alle mie spalle.

"No cazzo non voglio voltarmi".

Sentii il cuore battere come un tamburo.

"Sono solo illusioni. Sono solo immagini prodotte dalla mia mente. Non possono farmi nulla". Cercai di farmi coraggio.

Iniziai a voltarmi.

Lentamente.

Intravidi una sagoma alle mie spalle. Mi rivoltai in avanti dalla paura.

"Cazzo, cazzo, cazzo".

Provai a girarmi di nuovo.

La sagoma era bassa. Sembrava quella di un bambino. Capii subito che si trattava di Tim.

- Tim. Figlio mio. Sei proprio tu? -

Non rispose alla mia domanda. Il suo sguardo era rivolto verso il basso. Era come se fosse avvolto dalla tristezza.

- Ehi, ci sono io adesso. Non devi aver paura. -

Tim alzò lo sguardo all'improvviso.

Feci un balzo indietro dallo spavento. Il suo volto era sfregiato e pieno di sangue. Lo sguardo assente, come quello di un cadavere.

- Perché l'hai fatto papà? -

Volevo dire qualcosa, ma il terrore aveva prosciugato la mia anima.

All'improvviso, senza che si fosse mosso, me lo ritrovai davanti a pochissimi centimetri. I suoi occhi si rivoltarono all'insù e il volto divenne pallido. Di certo non dimenticherò facilmente la sua rabbia verso di me e le sue parole:

- PERCHE' L'HAI FATTO! PERCHE' L'HAI FATTO! PERCHE' L'HAI FATTO!!! -

PsychologiaWhere stories live. Discover now