Capitolo 22: Grazie Gerald

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Mentre cadeva a terra, Fisher non riuscì a tenere la pistola tra le mani. Questa scivolò sul pavimento. Guidato da una sorta di istinto di sopravvivenza, la raccolsi subito e, senza quasi rendermene conto, sparai in direzione della guardia. Tutto avvenne in pochissimi secondi che sembrarono durare un'eternità. Mi resi conto, in quell'istante, di aver appena ucciso un uomo.

Lasciai cadere la pistola dalla mano e guardai Fisher che nel frattempo si stava alzando in piedi. Con una mano faceva pressione sul ginocchio sanguinante. Aveva una brutta ferita. Il proiettile l'aveva attraversato da una parte all'altra. Tuttavia ciò non bastò a fargli perdere lucidità.

- Coraggio Jason. Dobbiamo arrivare allo spogliatoio. -

Non risposi. Gli eventi appena accaduti mi avevano paralizzato.

- Jason! Guardami! -

Obbedii.

- Non è la prima e non sarà nemmeno l'ultima persona a morire qua dentro. Forse un giorno te lo perdonerai o forse no. Ad ogni modo non dimenticarti di tua moglie. Anche lei sta rischiando la vita con noi in questo momento. Se non vuoi farlo per te stesso, almeno fallo per lei. -

Fisher aveva ragione. Non c'era tempo per pensare. Non c'era tempo per i sensi di colpa. Dovevamo uscire da quell'inferno. Questa era l'unica cosa che contava.

C'incamminammo di nuovo verso lo spogliatoio. Questa volta arrivammo alla porta senza problemi. Fisher la aprì e la richiuse non appena fummo dentro. A quel punto spostò una delle panchine verso la porta per tenerla bloccata. Si assicurò che la pistola fosse carica e si accasciò sul pavimento privo di forze.

- L'uscita è la prima porta sulla sinistra. Andate. -

- Cosa vuol dire andate? - Chiesi.

- Non c'è tempo Jason. A breve le guardie riusciranno ad entrare. Posso farvi guadagnare qualche secondo ma non di più. Ora sbrigatevi. -

- Fisher... Non puoi restare da solo. Ti uccideranno. -

L'inserviente iniziò a ridere.

- Io sono già morto. Da tanto tempo. L'unica cosa che possono fare è concedermi una nuova vita, magari senza sofferenze, senza dolore, senza nulla di tutto ciò. -

Le lacrime iniziarono a cadere dai suoi occhi.

- Andiamo Fisher non puoi mollare proprio adesso. Se vieni con noi puoi costruirti una nuova vita fuori da qui. -

- No Jason. Il mio tempo è giunto allo scadere. Non ho più possibilità di salvarmi da questa vita infame. Tu invece... Tu puoi farlo. -

Si iniziarono a sentire diversi passi provenire da dietro la porta.

- Merda, correte presto! Andatevene! -

- Fisher... -

- Smettila di pensare a me! Esci da qui Jason, e goditi la tua nuova vita! Tu non sei Adam Willem, tu sei Jason Browner non dimenticarlo mai! -

Le ultime parole uscirono strozzate a causa delle lacrime e dei singhiozzi. Non avrei mai voluto lasciarlo lì da solo, tuttavia non vi erano altre soluzione. Questa purtroppo era la triste verità.

- Grazie Fisher. Non ti dimenticherò. -

L'inserviente fece un sorriso. Guardando il suo volto, capii che egli era consapevole che quello non sarebbe stato un sorriso qualunque, ma bensì l'ultimo.

- Jason. Una volta fuori da qui, non voltarti indietro, guarda sempre davanti a te. Non voltarti per nessun motivo, intesi? -

Feci cenno con la testa. Ora anche le mie lacrime si erano unite alle sue.

- Adesso esci da qui, presto! -

M'incamminai assieme a Abigail verso la porta dell'uscita. Non era molto distante, come non erano distanti le guardie. Dovevamo muoverci. Notai dai suoi occhi che anche lei aveva pianto. Gerald Fisher, colui che all'inizio vidi come un essere spregevole, ci aveva appena salvato la vita.

Toccai il manico della porta che ci avrebbe condotto all'uscita. Poco più in alto vi era la scritta "spingere". Guardai Abigail negli occhi e spinsi verso l'esterno.

Fummo abbagliati dalla luce del sole e dalle verdi colline che si ergevano in lontananza. Notai che davanti a noi vi era una porta in rete metallica che era socchiusa.

"Fisher ha pensato anche a questo." Dissi tra me e me.

La porta conduceva all'esterno dell'ospedale psichiatrico. Pochissimi metri separavano l'inferno dal paradiso. Pochissimi metri ci separavano da una nuova vita. Strinsi la mano di Abigail e la guardai negli occhi. Lei ricambiò il mio sguardo mostrandomi un sorriso. C'incamminammo svelti verso la porta.

Sentimmo quattro spari dietro di noi.

"Fisher..."

Le lacrime di gioia si unirono a quelle di commozione per l'eroico gesto dell'inserviente.

"Grazie Gerald."

PsychologiaWhere stories live. Discover now