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~Evelin

Tutti che mi puntano il dito contro. Tutti che mi guardano male. Sento delle minacce, parole orribili su di me. Le persone che più amo, la mia famiglia, mi stanno deridendo. C'è Allyson che mi urla contro, Austen che mi spinge lontano da lui, Andrew e Alan mi guardano disgustati e infine Daniel che mi fa cadere per terra portando poi tutti quanti lontani da me. Lasciandomi sola.
"Non puoi stare con noi"
"Mi fai schifo"
"Mi sei caduta in basso. Allontanati da noi, vattene"
"Non ti vogliamo, stiamo meglio senza di te"
"Non potevi ridurti peggio"

Sento il telefono suonare.
Apro gli occhi.
Il respiro affannato, i capelli spettinati e la fronte sudata.

<<Pronto>> rispondo al telefono.

<<Evelin, stavi dormendo?>> dice Austen dall'altra parte della linea.

<<Si scusa>>rispondo con ancora il fiato corto a causa delle immagini che avevo impresse fino a poco fa nella mente.

<<Ah mi hai fatto preoccupare, non hai risposto a nessuna delle mie chiamate>>

<<Mi dispiace>>

<<Stai bene?>>

<<Sisi, tutto apposto>> rispondo anche se non è esattamente così.

<<Va bene, sono in macchina, sto arrivando>>
Attacco il telefono e lo poso sul comodino.

Mi prendo un paio di minuti per riprendermi.
Sembrava così reale quell'incubo.
La mia peggior paura.
Mi stropiccio gli occhi stiracchiandomi tra le coperte per spronarmi ad alzarmi dal letto e per andare a prepararmi prima che arrivi il mio migliore amico.

Incomincio ad infilarmi una gonna nera a vita alta, morbida, un maglioncino corto, rosa antico, la tonalità di rosa che più piace a me, e i miei anfibi neri con le parigine lunghe fin sopra il ginocchio anche esse del medesimo colore.
Slego i capelli così da far tornare il mio ondulato naturale.
In fine, un po' di mascara, e un filo di blash, per dare un po' di colore alla mia pelle che oggi appare ancora più pallida rispetto al solito.
Aggiungo uno sciarpone nero sia come accessorio e sia perché a giudicare dalle foglie che si muovono sugli alberi e dal cielo grigio sembra esserci un po' di vento e aria di pioggia.
Meglio coprirsi, non voglio saltare altri giorni di scuola, e lunedì devo rientrare di sicuro, altrimenti rischio davvero l'anno andando avanti di questo passo.
In poco tempo sono pronta, indosso il mio parka e scendo senza dare una minima sistemata alla mia camera o almeno al mio letto. Percorro velocemente l'ampio salone della confraternita e non appena apro la porta d'ingresso un aria fredda di pioggia, come previsto, mi investe e mi pento di non aver indossato i collant sotto le parigine, mi stringo nel mio giubbotto e scendo i pochi scalini che ci sono prima di arrivare al portone che dà alla strada.
Vedo la macchina di Austen parcheggiata lungo il marciapiede opposto e nella stessa direzione vedo la figura del mio migliore amico venirmi incontro.

<<Ciao, freddo eh?>> mi saluta e mi fa un sorrisetto.

<<Abbastanza, andiamo a fare colazione?>> rispondo semplicemente alla domanda per poi porgliene una mia. Sento la mia pancia brontolare leggermente ed è meglio che metta qualcosa sotto i denti.

<<Te lo stavo per chiedere io, andiamo da Starbucks?>>
Annuisco semplicemente mentre mi avvicino alla portiera della macchina per entrare al suo interno, la stessa cosa fa Austen mettendosi nel sedile del guidatore.

Dopo una decina di minuti passati con il solo rumore della musica che rimbombava in macchina arriviamo e ci dirigiamo all'interno del locale, Austen va alle casse ad ordinare la colazione per entrambi mentre io cerco un tavolo da due libero.
Appena trovo due posti liberi mi siedo al tavolo in uno dei due e aspetto Austen che non tarda ad arrivare, infatti circa cinque minuti dopo lo vedo venire verso di me con le nostre colazioni sul vassoio.

REBELS- Anything can happen (#Wattys2016) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora