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Mi diede un bacio sulla guancia, ma io mi voltai verso di lui desiderosa di ben altri tipi di baci.
E proprio mentre lui iniziava, qualcuno bussò alla porta dell'ascensore. Mi alzai di scatto ringraziando tutti i santi del paradiso.
«Siamo salvi! Enrico! Grazie Dio!» esultai mentre lui stava ancora sdraiato lì a terra con un sorriso malinconico e subito capii e venni sommersa dai suoi stessi dubbi.
«Ehy, c'è qualcuno lì dentro?» chiese una voce maschile.
Guardando verso l'alto riuscivo a vedere l'ombra dei suoi piedi, sperai che non fosse solo un'illusione e risposi: «Si, signore, siamo chiusi qui da stanotte!» urlai per farmi sentire, «potrebbe chiamare il numero d'emergenza? Non abbiamo telefoni con noi».
Non rispose, ma sentii il suono dei tasti che venivano schiacciati, che dolce melodia!
«Quanti siete?» ci chiese ancora.
«Solo due, signore, un ragazzo e una ragazza» gli dissi guardando Enrico, che intanto si stava rinfilando la maglietta grigia.
«Arriveranno tra un quarto d'ora, ragazzi, dovete avvisare qualcuno?».
Il mio pensiero corse subito a mia madre, chissà com'era preoccupata, sempre che se ne fosse già accorta, in realtà era probabile che stesse già dormendo quando avevo preso l'ascensore e che non si fosse resa conto della mia assenza.

StrangersWhere stories live. Discover now