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L'uomo andò a parlare prima con la madre di Enrico e poi con la mia, riferendo che eravamo chiusi dentro un ascensore ed io ne approfittai per rivestirmi.
«È un peccato che ti debba coprire» mugolò alle mie spalle, mi girai verso di lui sorridendo divertita.
«Mi chiuderesti la cerniera?» gli chiesi avvicinandomi.
Non se lo fece ripete due volte e ne approfittò per riempirmi di caldi baci sul collo.
«Sai che me lo sono appena messa e che non lo toglierò di nuovo, vero?»
«Sì» rispose senza interrompersi.
Reclinai la testa di lato quando iniziò a baciarmi la mascella, sperai che quello che succedeva in ascensore non restasse lì, perché io avrei avuto ancora bisogno delle sue carezze, ma avevo paura di chiederglielo.
«Elena, sei qui?» riconobbi immediatamente la voce di mia madre e spinsi subito via Enrico per paura di essere scoperta, non che avesse granché senso. «Che succede?» chiese sentendo rumore.
«Ehm... Niente. Stavo... passando la giacca ad Enrico» mentii.
«Chi è Enrico?».
«Il ragazzo che ha preso l'ascensore con me».
«E ora è lì con te?» no, è evaporato magicamente.
«Sì».
«Ovvio, che sciocca!» disse. «Oh, Elena! Ero così in pensiero stamattina quando non ti ho trovata a letto, stavo per chiamare la polizia prima che arrivasse il vicino!» si disperò.
Guardai imbarazzata Enrico, ma lui non sembrava divertito da tutta quella scenata e mi sorrise dolcemente.
«Dovresti essere più reattiva, mamma, se mi avessero rapito, ora sarei già morta da un pezzo» dissi, cercando di farla sorridere, ma ottenni l'esatto contrario.
«Sta arrivando il tecnico» disse tra i singhiozzi.
Bene. Finalmente tutto era finito.
Allora perché stavo così male?

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