Capitolo 2. Regole del College

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B

ussai alla porta, quando una voce maschile mi disse di entrare. Vidi un signore moro con gli occhi azzurri ed i capelli corti, seduto difronte a me dietro un’imponente scrivania. Mi avvicinai, chiudendomi la porta alle spalle e mi guardai attorno: librerie, stampanti e segretarie che fotocopiavano e compilavano fogli. Mi avvicinai all’uomo che pareva sulla quarantina d’anni e iniziai a leggere e a compilare il foglio che mi indicò, quando ad un tratto, la porta alle mie spalle si aprì e qualcuno dal passo felpato avanzò verso di me. Alzai il capo porgendo il foglio a quell’uomo, quando mi voltai, avvicinando a me le valigie e vidi un ragazzo dai capelli castano chiaro e gli occhi verdi che spiccavano come due smeraldi. Si avvicinò e poggiò le mani sulla scrivania difronte a quell’uomo, come per sorreggersi, lasciando trasparire dalle braccia tutte le venature e la polo bianca che evidenziava il fisico mediamente muscoloso.

Mi diressi verso la porta e me ne andai, chiudendomi la porta alle spalle, quando sentii il preside pronunciare le seguenti parole “Sei il figlio della Hanna Teacher, non è così?”. Non mi soffermai troppo ad origliare, anche se la curiosità mi voleva a farlo, percorsi  il corridoio trascinando le valigie piuttosto colpita. Pensai a cosa mi accadde con quella ragazza e mi dissi c’è chi per i corridoi incontra l’amore della sua vita come nei film e chi incontra la peggior nemica del college!

Ci risi su per tutto il tempo, fino a che non mi ritrovai davanti la lunga scalinata da salire per arrivare alla mia camera, la n°14. Lì difronte il mio sorriso svanì. Dovevo salire tutte quelle scale e sollevare due valigie!

Inizialmente mi scoraggiai ed esitai, poi mi convinsi a dover salire quelle benedette scale per forza, o avrei perso solo del tempo stando così  ferma aspettando l’arrivo di qualche anima pia che mi avrebbe aiutata. Così mi dissi, mentre tentavo di salire i primi gradini, afferrando con forza e difficoltà le due ingombranti valigie, Ania non siamo su un film! Non arriverà davvero qualche facchino ad aiutarti, non sei di certo una star o una ragazza ricca o ti avrebbero aiutata tutti senza esitare solo per un misero autografo!

Arrivata al quarto gradino iniziai a perdere l’equilibrio, ma con molta fortuna la mia caduta fu evitata da una salda presa di qualcuno alle, mie spalle, mentre le valigie scivolarono giù. Mi voltai immediatamente e rividi quel ragazzo che era entrato in segreteria:

<<Piacere Nathan>>,fece un mezzo sorriso quando mi tese la mano e con l’altra si scompigliò il ciuffo folto dei capelli.

<<Io sono Ania, molto piacere e grazie per avermi aiutata! Non vorrei chiedertelo di nuovo, spero di non dovermi ritrovare in una situazione simile…>>, sorrisi lievemente imbarazzata per la situazione in cui mi trovavo. Scesi i tre gradini, accingendomi a prendere le due valigie, ma Nath mi aiutò prendendo l’altra e le portò fino al secondo piano.

<<Grazie davvero di cuore!>>, le presi e le trascinai dietro di me.

Notai che il ragazzo mi seguiva, così mi fermai, fingendo l’arrivo di un messaggio per spezzare l’imbarazzo ed aprii la chat di Annabeth.

<<Tanta fretta Ania?>>, pose un lieve accento sull’ultima parola e mi sembrò che volesse conoscermi meglio.

<<Steeven!>>, risposi ingenuamente, <<Ania Steeven>>

<<Nathan Garcia>>, sorrise immediatamente, <<Tu puoi chiamarmi Nath>> mi fece l’occhiolino e andò  via.

Arrivata alla porta della mia stanza, notai che era davvero l’unico ragazzo presente qui. Entrai e vidi che mi aveva già preceduta un ragazza, alta, dai capelli castani e dal fisico longilineo. Era sdraiata sul letto inferiore e leggeva un libro, che, non appena mi vide, posò immediatamente e si avvicinò a me con lo sguardo incuriosito:

<<Ei tu sei?>>

<<Ania Steeven!>>, le porsi lamano con un lieve sorriso.

<<Io sono Beatrice King>>, ricambiò il gesto e tornò a sedersi sul letto.

Iniziai a disfare la valigia, quando lei continuò dicendo:

<<Sei nuova qui? Non ti ho mai vista…>>

Notai che mi squadrava come una aliena, e domanda incuriosita per la mia presenza qui.

Smisi di disfare la valigia e mi voltai verso di lei:

<<In realtà è così: per me è la prima volta qui! Devo fare il secondo anno di high school, ho quindici anni. Tu?>>

<<Io sono qui  da tre anni, ne ho diciassette, sono al penultimo anno, finalmente!>>, esultò al concludersi della frase.

Sembrò tirare un sospiro di sollievo, quasi come se fosse una liberazione, ma cosa c’era di tanto pesante e crudele in questo college??

<<E’ così pesante?>>, mi voltai verso di lei e risi.

<<Te ne accorgerai…e poi i professori! Meglio mangiare il cibo della mensa piuttosto che sentirli per 8 ore al giorno!>>, sbruffò.

Dedussi che si trattasse semplicemente dell’ingente mole di compiti che davano e l’esasperazione di aver trascorso quattro anni di seguito!

<<Tu sei fortunata>>, si avvicinò a me, <<Fai solo quattro anni con questo, qui>>

<<Sta serena! Devi solo passare l’ultimo anno qui… ma poi cosa farai?>>, sorrisi.

<<Oh è la parte della mia storia che preferisco!>>, sorrise allegramente, <<questa si chiama Inghilterra>>, si affacciò al balconcino della nostra camera.

<<Non c’è un altro biglietto gratuito?>>, dissi ironizzando.

<<Non sei così alta, nella valigia ci entreresti!>>, stette al gioco.

Trascorremmo un’oretta a fantasticare sulle nostre vite future, quando mi propose i andare a fare un giro fuori da queste quattro mura ottocentesche.

Accettai la proposta e ci incamminammo percorrendo poi il viale in pietra circondato da alberi e panchine per i lati. Arrivate ad un certo punto, trovammo una panchina libera e ci sedemmo:

<<Allora dimmi un po’ è stato così facile trovare la segreteria?>>,fece un sorrisetto ed io colsi subito cosa voleva farmi capire.

<<Con tutta onestà no affatto>>, la guardai negli occhi e iniziammo a ridere.

<<Anche quattro anni fa era così, non sei la prima che l’ha scambiata per  un’aula normalissima, non a caso collocata a fianco a tutte le altre aule>>.

Vedo alle spalle di Beatrice una ragazza che la chiama e lei si gira quando questa ci viene incontro:

<<Ei amichetta!>>, sorride ironicamente a Bea che l’abbraccia,  <<Quanto tempo!!>>

Poi questa, piuttosto alta, mora dagli occhi celesti, si avvicina verso di me con un sorriso a trentadue denti:

<<Ciao, sono Hanna…Hanna Dimitry>>

Mi presento a mia volta e ci sediamo vicine, quando le due amiche iniziano a parlare del più e del meno, mentre i miei pensieri sono fissi sullo strano incontro con Nathan, quel ragazzo misterioso e affascinante che mi ha quasi salvato la vita.

“Quando si parla del diavolo spuntano le corna”, come  si usa dire…eccolo che arriva verso di me…

ObsessionWhere stories live. Discover now