Capitolo 11. Un triste rientro

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Tornare dopo quelle splendide vacanze fu proprio dura! Mi alzai quella mattina di ottobre: la brezza estiva che entrava dalla finestra aveva smesso di farsi sentire da qualche settimana, avevo messo le lenzuola più pesanti e avevo preparato un milk-shake con caffè e kinder bueno. Ero seduta sullo sgabello in cucina, e guardavo il cellulare scorrendo i messaggi che mi scambiavo qualche mese fa con Nathan. Oramai avevo capito che mi piaceva molto e non aspettavo altro che lui, un suo messaggio, una sua chiamata, ma non appena sentii i passi felpati di mio padre alle mie spalle, nascosi il cellulare tra le cosce. Mi voltai e dissi:

<<Buongiorno papà! Che programmi hai oggi?>>

<<Tesoro, oggi ti accompagnerò io al college, ultimo anno, ultime soddisfazioni da darmi, ultima volta che dovrò soffrire per non vederti ogni giorno!>>, si avvicinò a me e lo abbracciai.

<<Va bene Ania. Mettiamoci in marcia!>>, sorrise e prese al volo la mia valigia,  vicino al divano, con una mano e con l’altra il mio zaino.

Lo seguii e andammo via, veloci come il vento verso il college. Mi affacciavo dal finestrino e come da bambina mettevo la mano fuori come per afferrare l’aria fresca. Arrivata al college, non c’erano ancora le mie amiche, così ne approfittai per andare ad informarmi in segreteria per sapere chi fosse la mia compagna di stanza e il numero del mio nuovo alloggio: questa volta mi fu detto Rachel Fredrik. Uscita dalla segreteria mi guardai attorno; avevo notato che allegata ai documenti della mia stanza c’era la foto di Rachel. Mi voltai e la riconobbi. Uscite dall’edificio mi diressi con lei a salutare le mie amiche che erano appena arrivate, sedute sulla panchina del vialetto, e rimasi li con loro:

<<Mi siete mancate molto! Come sono contenta di vedervi….>>

Ci abbracciammo. Presentai al gruppo Rachel Fredrik, la nostra nuova compagna di stanza. Sembravano tutte entusiaste di conoscerla. Rachel era rossiccia, aveva gli occhi castano scuro, magrolina e alta. Non aspettavo altro che conoscerla anche io, all’apparenza sembrava simpatica.  Spostai lo sguardo involontariamente per spostare una ciocca di capelli quando vidi Nathan venire verso di noi. Ci salutò, ma notai come non appena vide Rachel sembrò avvicinarsi a lei guardandola con interesse:

<<Benvenuta al college dei matti!>>

Lei sorrise timidamente, <<Ma davvero? Allora devo spaventarmi?>>

Capì che colse la sua ironia e rise, <<Non di Ania, ma di Annabeth si!>>

Quando sentì quella frase Beth gli venne vicino, <<Certo che sei proprio un cialtrone!>>, rise e lo spintonò.

Rachel rise guardando Nathan, <<Allora mi aiuterai tu ad uscire da questa follia?>>

Con lo sguardo penetrante le si avvicinò, <<O magari ci nuotiamo insieme!>>, rise.

Angustiata dal suo atteggiamento preferii non rispondere e mi allontanai da loro. Per fortuna poco dopo suonò la campanella e andammo tutte in aula. Finita la lezione guardai sul cellulare e mi accorsi che mi aveva chiamata ben due volte, ma non risposi. Così mi diressi in camera mia, mi chiusi la porta alle spalle e andai in bagno a lavarmi il viso con l’acqua fresca: lo stress del viaggio, le idiozie di Nathan e il preside a inizio mattinata erano come l’assenzio per me. Non capivo gli atteggiamenti frenetici di Nathan, questi sentimenti in subbuglio e la confusione che mi causava. Mi guardai allo specchio, decisi che forse non era il ragazzo adatto a me e che forse saremmo dovuti rimanere amici, così uscii dal bagno. Mi voltai per chiudere la porta quando mi ritrovai con la faccia attaccata ad essa, come se qualcuno di stesse spingendo da dietro. Cercai di girare lo sguardo per vedere chi fosse, quando sentii una voce che sussurrava al mio orecchio:

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