4. Strade secondarie

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Dylan

Rum, stelle, olive che entrano nella mia bocca, donne nel mio letto ogni notte: routine. Ogni giornata è esattamente come tutte le altre. E la sera si va di champagne pregiato, fin quando non mi sono stancato di vedere la solita monotonia: due tette, un paio di labbra gonfie quanto due canotti e una mente vuota. Non ci sono capelli biondi, un sorriso confortevole e qualcuno che mi faccia incazzare e ridere allo stesso tempo. E così le caccio bruscamente via e il bello è che loro ritornano a farmi compagnia quando voglio, come un gregge di pecore che a prescindere da tutto e tutti seguono il loro padrone.

Questa notte non è diversa dalle altre. Indosso solamente un paio di pantaloni e sono steso sul letto, con la schiena poggiata alla spalliera. Dormire è un optional, ultimamente lo faccio poco e più che altro la mattina, o al massimo il pomeriggio. Sul comodino è poggiata una bottiglia di vino e due calici ormai vuoti - perlomeno mi sono differenziato. Girata di spalle, accanto a me, accovacciata, c'è Monica: sta dormendo. È strano che io ricordi il suo nome, solitamente non lo chiedo nemmeno. I capelli scuri le coprono completamente la schiena e io le lancio un'occhiata furtiva, per poi tornare a prestare attenzione a qualcosa di più importante: la mia sigaretta. Monica è solo un inutile tassello che non considero nemmeno parte della mia vita, è solo fuori posto.

Il tempo di un altro tiro di sigaretta e qualcuno bussa alla mia porta. Tutti sanno che non si può entrare senza prima bussare. La mia camera è off limits, tranne per le ragazze come Monica, eppure anche loro entrano solo se hanno il mio permesso. Sono tentato a lasciare la persona che ha bussato fuori dalla stanza, ma alla fine capisco che non ho nulla di più importante da fare. Mi allaccio la cintura e vado ad aprire.

Ector, prima di parlare, lancia un'occhiata alle mie spalle e mi squadra dalla testa ai piedi. «Dylan» già, questo è proprio il mio nome «sei impegnato?».

Lancio il fumo su di lui ed alzo gli occhi. «Ho finito. Sono le tre di notte. Vuoi propormi qualcosa di interessante, Ector?».

«Sì, una festa. Ti va di venire ad una festa?».

La sua proposta non è allettante. Non mi diverto più alle feste, non ho voglia di trovarmi immerso fra milioni di Diavoli che puzzano di alcool e di sudore e che mi danno alla testa. Preferisco starmene nel mio, in solitudine, con donne che posso vedere quando e come voglio io. «Dov'è questa festa?».

«A Palazzo, nella Sala Speciale» ammicca il biondino «ti propongo una serata tra uomini, alcool, fumo: balliamo, ci divertiamo e magari potrai acchiappare anche qualche pollastrella».

Ho tutte le "pollastrelle" del mondo ai miei piedi ed Ector lo sa benissimo, non ho bisogno di una stupida festa. Non sono più il tipo. «No» mi limito a rispondere e mi accingo a chiudere la porta, ma prima che io possa farlo, lui la blocca con una mano.

«Dylan, sei cambiato. Quella ragazza ti ha cambiato. E tu non sei così, sei un Diavolo e sei Dylan Grount e non puoi permetterti che un Angelo ti butti giù in questo modo. Vuoi far credere a tutti e a te stesso che la tua vita sia grandiosa solo perché le donne nel tuo letto non mancano, ma sei diventato talmente apatico che non ti riconosco più» scuote la testa e mi afferra per la nuca, affinché io possa guardarlo negli occhi «Ascoltami. Smettila di trascorrere le tue giornate in solitudine e torna a vivere» mi dà una pacca sulla spalla «Se cambi idea, sai dove trovarmi». Conclude ed è lui stesso a chiudere la porta. Ciò che dice non è vero, io non sono cambiato e non ho permesso a quell'Angelo di farmi del male, anzi, l'ho già superato. Non ho bisogno di lei, sono così felice con le donne che ho attorno.

Torno a letto e spengo la sigaretta sul pavimento. Poi prendo Monica per i capelli, svegliandola e costringendola a piegarsi al mio cospetto. Lei, con voce roca e occhi assonnati, mi guarda stralunata: «Dylan, che c'è?».

Fallen AngelWhere stories live. Discover now