17. Rivelazioni

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Le mani di Luce sono strette nelle mie, è un contatto così forte, è come se potessi sentirla fin dentro l'anima. E comincia ad offuscarsi anche la mia mente, mentre chiudo gli occhi e cerco di canalizzare tutta la mia energia.

È una giornata così luminosa, fuori risplende il sole e i suoi raggi filtrano attraverso il vetro della finestra. Katherine sta rifacendo il letto, ma non sembra serena, anzi, tutt'altro: ha il viso quasi preoccupato, è pensierosa. Dopo averne completato uno, la donna passa all'altro. La stanza dev'essere mia e di Luce, ha le pareti giallo pastello e i lettini separati da un comodino e sormontati da un armadio, il tutto sulle tonalità di un legno chiaro decorato con fiorellini molto carini. È una camera semplice, ordinata e molto bella.

Ma poi la vedo: Luce è rannicchiata in un angolo, con le ginocchia al petto e sta singhiozzando. Io sono accanto a lei, che le accarezzo le spalle. «Ti va di uscire fuori in giardino? Andiamo a giocare».

Mia sorella scuote la testa, che è poggiata sulle ginocchia, difatti il suo volto è nascosto.

«Allora potremmo preparare una crostata con la mamma?». Lei continua a negare e la sento ancora singhiozzare. Nel mio cuore avverto confusione ed estremo dispiacere, non riesco a vederla in questo stato, lei è sempre così gioiosa e solare.

«Leggiamo un libro?» provo ancora, ma la sua risposta non cambia. Sospiro sconsolata e continuo ad accarezzarle la schiena. Vorrei fare di più, ma non so come aiutarla. Perché fondamentalmente non capisco che cosa stia succedendo.

Sento una mano sfiorarmi dolcemente il braccio: è la mamma. «Tesoro, vieni con me, lasciamo stare un po' Luce da sola, ne ha bisogno».

Con gli occhi carichi di dispiacere e con la paura di sbagliare, decido di ascoltare Katherine e mi alzo, dandole la mano e seguendola in cucina. «È una bellissima giornata di sole, mamma. Luce dovrebbe uscire un po' fuori» affermo, con la classica voce sottile, dolce e delicata di una bambina.

La donna si china poggiando le ginocchia a terra per raggiungere la mia altezza. Afferra una ciocca di capelli e me la posiziona delicatamente dietro l'orecchio. «Lo so, tesoro. Andremo a giocare fuori io e te, va bene?» mi dà un bacio sulla fronte e fa per alzarsi, ma io le afferro la mano e la trattengo giù. Da questa prospettiva riesco a vederla meglio e a sentirmi meno piccola.

«Ma io voglio che esca lei, non può stare chiusa in camera» brontolo. Non voglio andare a giocare, voglio solo che lei non pianga più e che respiri un po' d'aria fresca. Katherine mi sorride con estrema tenerezza. «Mamma, perché Luce piange? Me lo dici, ti prego!» la imploro, piegando le labbra all'ingiù nella speranza di suscitare la sua compassione e di strapparle un'informazione in più.

Katherine mi sorride teneramente e nella stanza fa irruzione Fabian, entrando dalla porta principale. «Ho portato le erbe curative!» afferma ansimando. Ha il respiro affannato, credo che abbia camminato molto alla ricerca di ciò che tiene stretto fra le mani. Mi riserva un sorriso gentile e poi poggia tutto sul tavolo. La mamma si alza e va ad aiutarlo, io dalla mia altezza non riesco a vedere molto e li osservo confusa mentre bisbigliano tra di loro. Continuo a non capire, ma vengo assalita da un senso di paura: e se Luce non stesse bene? Papà ha parlato di erbe curative: e se fossero per lei?

In un gesto di disumana rabbia, probabilmente spinta dal forte legame che mi tiene unita a mia sorella, sbatto con forza i piedi a terra e lancio un urlo attirando l'attenzione dei miei genitori. «Voglio sapere che cos'ha Luce!».

A quel punto, Fabian e Katherine si voltano verso di me. L'Angelo mi guarda con apprensione, sul volto di mia madre, invece, posso scorgere una nota di rabbia. È pur sempre un Diavolo e il suo lato oscuro non può assopirsi del tutto. «Chantal!» mi rimprovera, inarcando le sopracciglia.

Fallen AngelWhere stories live. Discover now