18. Ricordi pericolosi

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Non è facile pensare di dover risolvere dieci questioni alla volta, eppure eccomi qua, ad arrovellarmi su chi affrontare per prima, a pensare a cosa dire, a cercare le parole adatte. Devo occuparmi di quella, di quell'altra e poi magari, se resta tempo, anche di quel signorino lì che ho perso completamente di vista nelle ultime ventiquattro ore. Respira, Chantal, respira. È una nuova giornata, ti sei presa una notte intera di pausa per riflettere, ma nonostante il sole filtri dai vetri della tua finestra e sia già mattino, tu, come sempre, hai la testa piena di pensieri e domande, ma nessuna soluzione. E come al solito, non programmerai un bel niente, ma affronterai tutto come verrà. Perché organizzare a tavolino una scaletta da rispettare come il menù di un matrimonio umano non è mai rientrato tra le tue priorità.

Solo dopo aver fatto colazione, mi reco in biblioteca, dove Luce mi sta aspettando per studiare insieme il manuale che Theodore ci ha fornito. Abbiamo la mattinata libera, oggi nessuna lezione e possiamo dedicarci alla lettura di questo noiosissimo libro. Mia sorella ha scelto un tavolo isolato che ci consentirà di parlare tra di noi e di confrontarci. Io sottolineo ciò che reputo più importante, invece lei appunta alcuni concetti a matita nel bordo vuoto di fianco alle righe. Trovo inutile tutto ciò, io non diventerò mai capoclan, eppure mi tocca questa agonia. Dopo aver letto le prima dieci pagine, decidiamo di confrontarci e di discuterne insieme.

«Allora, per prima cosa abbiamo un'introduzione veloce sulla figura del capoclan. Molto sintetica, sicuramente ogni punto sarà successivamente approfondito con molta più attenzione» comincia Luce. Ha un buffo paio di occhiali da vista poggiati sul naso che indossa solo quando studia.

Io alzo gli occhi dal libro, il cui spessore mi spaventa tremendamente. Penso che siano circa tremila pagine. E se procediamo di dieci in dieci, non finiremo mai. «L'introduzione continua ancora per molto, ma personalmente la trovo inutile. In fondo, sono cose che sappiamo già perfettamente, non c'è bisogno di approfondirle per l'ennesima volta».

«Temo solo che possa esserci qualcosa di nuovo che potrebbe sfuggirci e noi risulteremmo impreparate sulla questione» da come parla, mia sorella sembra molto più interessata di me a questo ruolo, magari non sarà dura convincerla a prendere il mio posto. Magari lei lo vuole, anzi, credo che sia sicuramente molto più pronta di me per rivestirlo. Inoltre, non trova noioso questo studio, ma sembra apprezzare molto il manuale.

Tra tazze di tè, pause fatte di risate e qualche chiacchiera qua e là, interruzioni dovute alla noia mortale che trasmette questo voluminoso tomo, finalmente io e Luce riusciamo ad arrivare alla parte sulle importanti qualità di un capoclan. Sincerità. «Un capoclan deve essere sempre sincero con il clan di cui si pone come guida. Non sono ammesse menzogne, coperture, intrighi, nascondigli: ogni evento deve avvenire alla luce del sole per garantire la giusta unità del gruppo. Perché si parte da colui che dirige per poter essere un buon clan degno di unione. Se non si comincia dai piani alti, non ci si può aspettare che nella vita comune tutti siano sinceri gli uni con gli altri. Gli Angeli sono simbolo di purezza e di candore, un capoclan dev'essere in grado di assumere su di sé tutte le qualità più importanti per poter essere un buon esempio per tutti i suoi discepoli. Una guida luminosa che ognuno...».

«Luce, fermati» la blocco. Era così sommersa e spedita nella sua lettura che quasi sobbalza nel sentire la mia voce. Troppo concentrata per pensare al mondo esterno. Invece io, troppo poco concentrata per non pensarci. Riflettevo su me stessa, su quanto la sincerità sia davvero una qualità di cui non voglio fare a meno nella mia vita, soprattutto quando si tratta delle persone che amo di più. «Devo assolutamente dirti una cosa e prima che tu possa chiedermelo, si tratta di Tobia. Ora sta a te decidere se vuoi saperlo o meno».

Mia sorella rimane immobilizzata con la matita tra le mani e gli occhi fissi su di me. Passano alcuni secondi prima che io riceva la sua risposta. «Tobia?».

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