6. Oblio

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Quando riapro gli occhi, è notte. Dalla finestra della mia camera, posso intravedere la luna, ma il cielo sta già cominciando a schiarirsi, segno che tra non molto potrò scorgere le prime luci dell'alba. Non so come io sia arrivata nel mio letto, ma mi tiro le coperte fin sulla fronte e sospiro. È stato bello rivedere una scena di vita quotidiana di quando ero bambina, adesso tutto mi sembra un pochino più chiaro e nitido, finalmente ho focalizzato bene tutti i personaggi del quadro. Mi sento molto debole, infatti non ho le forze per alzarmi e credo anche di aver dormito fin troppo.

Vorrei provare a riaddormentarmi, perché ho come l'impressione che questa giornata durerà più del previsto e sarà molto pesante per me. Dovrò affrontare tre tornadi tutti in una volta: Dylan Grount, Danger Cruel, Trisha Harrison. Non vedo Trisha da molto tempo, chissà se ha già saputo che io e lei adesso siamo cugine. A me, la notizia, non ha di certo migliorato la vita. E suppongo nemmeno a lei. Penso che sia una delle persone più viscide che io abbia mai conosciuto, non è arrivata dove avrebbe voluto perché incapace di prendersi ciò che desiderava ed ha scaricato le colpe su di me. Sono contenta di non essere questo tipo di persona: mi piace lottare con determinazione per ciò in cui credo e non mi arrendo fino a quando non ho raggiunto il mio obiettivo, o sono sicura di aver dato tutta me stessa. Non accetto di addossare agli altri la responsabilità di un mio fallimento, se in realtà l'unica colpevole sono io. La determinazione è tutto nella vita, ci spinge a realizzare i nostri sogni. Purtroppo, ad un certo punto, però, la vita stessa ci pone un limite. "Fermati!" - ci urla dall'alto della sua imponenza, e noi dobbiamo necessariamente arrestarci, perché non possiamo oltrepassare il confine. Le circostanze ci obbligano ad arrenderci, anche se non è ciò che realmente vorremmo.

Mi rendo conto che in realtà non ho preparato alcun tipo di valigia e che non ho messo da parte nemmeno un vestito da portare con me all'Inferno. Siccome non riesco a prendere sonno, credo che questo sia il momento adatto per prepararmi alla partenza. Anche psicologicamente. Finalmente riesco a mettere i piedi giù dal letto e la luce della luna che entra dalla finestra - perennemente aperta alla visuale - illumina leggermente la stanza consentendomi di vedere il giusto per trovare ciò di cui ho bisogno. Mi arrampico per arrivare fino in cima all'armadio e tiro giù il borsone bianco con i ghirigori rosa, quello che mi regalarono i miei genitori da bambina e che ho portato con me anche nelle segrete. Osservandolo, sfiorandolo con le mani, mi sembra che abbia perso la sua importanza. Coloro che me lo hanno regalato non erano i miei genitori biologici, ma quelle persone che mi hanno cresciuta in un'enorme menzogna. Nutro rispetto ed un profondo affetto nei loro confronti, ma non posso negare di provare anche un leggero risentimento. La prima cosa che prendo dalla scrivania e che conservo nella piccola tasca laterale, è un portafortuna a forma di ali con su incise le lettere C, H, L: il regalo di compleanno di Luna. Questo l'ho ricevuto prima di andare nelle Segrete e l'ho portato con me, in quel posto tetro, che non è stato altro che l'inizio di tutto.

«Sei già sveglia?» mentre infilo alcune magliette nel borsone, la voce di Harriet fa capolino nella mia mente.

«Harri, ti ho svegliata? Sto facendo rumore?». Pensavo di essere abbastanza silenziosa, d'altronde sto cercando di non disturbare nessuno. E invece credo proprio di aver fatto il contrario.

La mia migliore amica ridacchia. «No, ti assicuro che non mi hai svegliata tu. Sono in pensiero per te e prima che tu parta, volevo passare del tempo insieme a te». Si alza in piedi e si avvicina, aiutandomi a ripiegare alcuni abiti per poterli sistemare in maniera ordinata - almeno non porto con me una carcassa di panni arruffati e stropicciati.

Per alcuni minuti restiamo in silenzio e finiamo di preparare il borsone, lei mi dà una mano e impieghiamo così poco tempo a riempirlo. Infilo infine la mia preziosa spazzola e poi lo richiudo, sospirando. «Andare lì ti ricorda quando sei stata rapita?» Harriet mi invita ad uscire dalla stanza, probabilmente vuole fare un giro con me. Accetto ed esco, seguita da lei.

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