❇ 1) Fabrizio

813 55 22
                                    

Quell'uomo, era apparso improvvisamente prendendo il posto della mia assistente.
Mi stava fissando da interminabili minuti, in attesa che io rispondessi al suo saluto di cortesia.
Celava uno sguardo tutt'altro che pacifico.

Non potevo considerarlo un buongiorno, se da lì a poco, avrei avuto a che fare con quel barbone che scriveva testi carini.

«È un bravo autore», avevo sempre scritto, «ma con quella voce strozzata post sbronza non arriverà mai a livello degli artisti di cui l'Italia ha bisogno

Forse, era venuto a recriminarmi ogni critica forte che gli avevo riservato.

Ci ritrovammo soli, lui si era già accomodato senza che nessuno glielo avesse consentito, aveva accavallato un gamba, prima di accendersi una sigaretta.

«Come si permette a fumare nel mio ufficio?»

«Questo non è il suo studio, è una stanza che tánno rifilato perché nun sapevano dove fatte sta!»

Il suo accento romano era detestabile, insieme alla sua aria saccente.
Era riuscito ad infastidirmi con poche battute.
Desideravo solo tappargli la bocca e cacciarlo fuori dalla stanza, senza permettergli di controbattere.

«Che insolente!» Pensai tra me e me.

«Ti sto proprio sui coglioni vero biondì
Esordì, continuando tranquillamente a fumare.

Il suo linguaggio scurrile, mi mandava fuori di testa.

«Io mi limito ad esprimere un giudizio sulla tua musica...»

«È il tuo lavoro...» Acconsentì.

«Niente di personale signor Moro. Ora se non le dispiace, io dovrei andare.»
Dissi, afferrando il mio bauletto Louis Vuitton e dirigendomi verso l'uscita, ma Fabrizio mi bloccò con impeto da un braccio.

«Hai usato del cinismo gratuito verso una canzone che non lo meritava. Noi non lo meritavamo.»

«Se adesso non le dispiace, vorrei che lasciasse questa stanza.» Risposi, intimorita.

«Credi che io ti stia importunando? Voglio solo spiegarti chi sono!»

«Credo che lei si stia prendendo delle confidenze che non le ho permesso! Non intendo cambiare idea, non ho intenzione di rettificare quello che ho scritto. Esca all'istante, prima che chiami la security!»

Fabrizio mollò la presa, abbassando per un attimo lo sguardo.
Il fumo si era impossessato di gran parte della stanza; ero in disaccordo con me stessa, per non aver spento quella sigaretta su di lui.
Ma per un misero istante, non ci pensai.

Lessi dai suoi occhi, di nuovo fissi su di me, tutta la disapprovazione che nutriva per tutte quelle parole che avevo messo nero su bianco contro di lui.
Il suo disprezzo verso di me e la sofferenza per non essere stato capito.

Ma perché dare tutta quella importanza ai giudizi di una giovane donna, pronta solo ad emarginarsi viaggiando controcorrente?

Era immobile, quasi non avesse la forza di abbandonare quella stanza.
Così innocuo, da non farmi inferire ancora di più, con il mio modo di fare schizzinoso e distaccato.

«Perché non cambi lavoro? Sei attraente, in fondo. »
Mostrò un mezzo sorriso beffardo.

Con uomini come lui, non sapevi mai se stessero parlando sul serio, o si trattava di un modo per sdrammatizzare ciò che accadeva.

«Odio chi mi dice quello che devo fare, quasi quanto il tuo accento romano!»
Replicai.

«Io odio lo snobismo milanese che decanti senza pudore

Mi aveva colpita e affondata, annullando la mia volontà di contraddirlo.

Forse sull'essere snob aveva ragione.

«Non è colpendo gli altri che si acquisisce splendore. Spero che tu questo lo sappia

Stava scavando dentro un lato di me, al di là di una barriera che avevo innalzato per proteggermi dal mondo.
Per tutelare il cuore sensibile che stavo nascondendo da troppo tempo, per timore che fosse calpestato di nuovo.

Attacco per non essere attaccata.
Nel lavoro, nella vita.

Frida era sempre stato questo.

Un nome come il mio era una garanzia di integrità, di superiorità e di rispetto verso la propria persona.

Fui io a scappare da quella stanza, correndo verso una caffetteria, che potesse calmare il nervosismo che mi aveva provocato quell'uomo che senza ritegno, stava cercando di indebolirmi col suo fascino da bello e dannato.

Non attacca con me, Moro.
Avrei voluto urlargli contro.

Ma forse tutta l'intera faccenda, si stava spostando verso un sentiero che poco aveva a che fare con la musica.

Non abbiamo armi {MetaMoro}Where stories live. Discover now