❇ 2) Mi salvi chi può

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📍 Milano
📅 Febbraio 2018

Un taxi si era fermato sul ciglio del vialetto, poco distante dal mio loft.

Con poco piacere e quasi facendo un favore a loro, decisi di accettare la proposta di Ermal, nel seguire gli spostamenti di lui e Fabrizio dei prossimi giorni.

C'era stato uno scambio di messaggi professionali con il ricciolino, si amavo dare soprannomi a chiunque avesse a che fare con me, e "Riccio era quello che avevo riservato a Meta.

Fabrizio, non mi aveva ispirato nomignoli ma solo parolacce, quindi fino a quel momento, lui era solo il signor Mobrici per me.

Mi sentivo stranamente nervosa. Ero stata per ore a fissare l'armadio, indecisa come un primo appuntamento e non mi capacitavo del motivo.

Dopotutto si trattava di lavoro. Puro e semplice lavoro.

Avrei dovuto essere la solita distaccata e schietta critica, che osservava tutti dall'alto verso il basso; con la puzza sotto al naso di chi si credeva superiore alle aspettative degli altri.

Nessun dubbio a riguardo, nessuna incertezza, nessun attimo di smarrimento.

Il duomo era a qualche metro di lontananza dal punto in cui l'auto che mi aveva accompagnato, aveva deciso di fermarsi.
Non avevo voluto rinunciare ai tacchi, ma essi mi inducevano ad avere un andamento lento.
Controllai l'orario dal mio Rolex, ero in netto anticipo, così decisi di proseguire a passo rilassato.

Molta gente, più di quanta me ne aspettassi, aveva occupato la piazza nell'attesa di scorgere i due artisti; mentre io ero solo interessata a scorgere qualcuno, che mi facesse entrare senza problemi.

Ermal, mi aveva consigliato di chiedere di lui all'ingresso, ma avevo il timore di essere scambiata per una folle delle sue fan.
Poi rammentai quanto il mio abbigliamento ricordasse l'invitata ad un matrimonio, ed ebbi la certezza che sarebbe stato impossibile.

Un tizio alto quanto una porta e largo quanto un portone, mi fece accomodare senza grattacapi verso il piano superiore.
Mostrai il mio tesserino a qualcuno, prima di avere libero ingresso per raggiungere il Riccio e Moro.

Si erano accomodati in due poltroncine, l'uno di fronte a l'altro.
Il Riccio era avvolto in un lungo cappotto scuro, che nascondeva un completo elegante.
Moro, aveva un giubbino di pelle semi aperto e dei pantaloni strappati sulle ginocchia.
Sembrava perennemente un fuggito di prigione.
Lo reggevo davvero poco il Signor Moro.

Ermal si era subito alzato, vedendomi arrivare.
Mi raggiunse per stringermi la mano, ed esclamare in tono gentile: "Siamo lieti di averti qui."

Moro rimase seduto, totalmente disinteressato.
Per quel poco che avevo conosciuto di lui, sembrava non possedere alcun pregio ai miei occhi.
In più, la sua maleducazione nei miei riguardi mi irritava e non poco.

«Credevo la sua agenda fosse troppo piena per presentarsi qui.»
Esclamò verso Ermal, riferendosi a me, ma come se io non ci fossi.

«Sono riuscita a liberarmi un paio di ore, considerati fortunato.»
Mi ero appena pentita di essermi lasciata convincere da quel riccio deficente, che continuava ad incassare dall'autorità di Fabrizio, senza reagire e prendere quanto meno le mie difese.

«Avevamo un patto.» Sussurrò Ermal, dopo aver chiesto di appartarci.

«Non credo di poter continuare così con il tuo collega, o decide di darsi una regolata con me o lascio questo posto all'istante scrivendo una pessima recensione sul vostro instore!» Esclamai, esasperata dall'atteggiamento di chiusura di Fabrizio.

«Qualsiasi cosa decidiamo di fare con te, siamo nella merda, non è così?» Chiese, con la mia stessa esasperazione.

«No Ermal, pretendo solo rispetto.»
Stavo cercando di ridimensionare la situazione, cercando di far comprendere ad entrambi che il mio non era un attacco sul personale, nei loro confronti.
Erano due cantanti come tanti altri ai miei occhi e tali sarebbero rimasti, quando avrei deciso di lasciare Piazza Duomo.

«Tu hai avuto rispetto per noi, dandoci dei furbacchioni?» Esordì Fabrizio, sbucando fuori dal nulla e senza che nessuno lo avesse interpellato.

«Per me finisce qui. Buon proseguimento
Dissi, fulminando con gli occhi Moro, che nel frattempo, aveva indossato degli occhiali da vista.

Avere un' aria da intellettuale, non lo faceva sembrare intelligente, era solo un povero illuso a pensarlo.

A quella affermazione, decisi di rispondere mostrando le spalle, non guardandomi indietro andando via.

Una visita breve e fin troppo intensa, fu quello il riassunto di quel pomeriggio.

Avevo il corpo carico di rabbia verso quello sbruffone di Moro, per colpa sua, avevo negato una possibilità anche ad Ermal, che tra i due, era quello che ci avrebbe rimesso di più.
Era come collassato dalla forte personalità di Fabrizio, come fosse la sua ombra e vivesse nella sua oscurità.

Fabrizio stava facendo sprofondare una brava persona in un baratro, pensai, mentre dolorante mi facevo largo tra la folla, con il solo desiderio di tornare a casa.

Scorsi ragazzine accompagnate dai genitori, donne adulte, gente commossa, tutti i presenti invocavano i loro nomi a squarciagola.
Forse, la loro musica, qualcosa di buono l'aveva trasmesso.
Al di là del messaggio a mio dire furbo, che avevano deciso di presentare a Sanremo.

Mi fermai su una panchina, ero in una posizione privilegiata per vedere bene le reazioni della folla e quelle dei due cantanti mentre incontravano i loro sostenitori, da un maxi schermo che trasmetteva ciò che succedeva all'interno.
Nel luogo dove io ero stata poco prima.

Estrassi il tablet dalla mia borsa Prada nera e iniziai ad appuntare tutte le sensazioni, per lo più positive, che quelle immagini mi suscitavano.

Avevo tra le mani la recensione per cui avevo minacciato Ermal, ma non avrei pubblicato ciò che lui credeva.
Volevo che imparassero a vedermi in un'altra ottica, quella in cui non si sa mai cosa aspettarsi dalla sottoscritta.
La mia prossima mossa li avrebbe sorpresi e forse, l'avremmo smessa di farci la guerra.

Le nostre inutili guerre.





❇ ANGOLO AUTRICE ❇
Ne approfitto per ringraziare tutti i lettori, nella speranza che questa storia possa continuare ad appassionarvi ogni giorno di più.
Dopo tutto siamo solo all'inizio.

Non abbiamo armi {MetaMoro}Where stories live. Discover now