❇ 8) Perfetti sconosciuti

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Avevo chiesto a Fabrizio dove poteva trovarsi Ermal, in quel pomeriggio di metà marzo, apparentemente privo d'impegni.

C'eravamo salutati, dopo aver mangiato in un fastfood, con la promessa di rivederci quanto prima.

Lui doveva rientrare a Roma, per trascorrere del tempo con i suoi figli, io ero piantata a Milano in redazione.
Sì, era stato un folle a venirmi a cercare, avendo la possibilità di stare con me solo per qualche ora.

Questo mi fece apprezzare ancora di più il suo gesto.

Gli diedi la credibilità di cui lo avevo sempre privato, da quando c'eravamo conosciuti.

I dubbi sul suo conto, continuavano a tormentarmi, ma era inutile allontanarlo da me, privandomi dell'opportunità di frequentarlo, solo per impressioni basate sul nulla.

Se in lui qualcosa non andava, sarebbe saltata fuori.

Avanzavo per le strade di Milano centro che conoscevo bene, alla ricerca della casa discografica di Ermal, dove Fabrizio mi aveva detto che lo avrei trovato.

Avrei potuto aspettare per ridargli indietro i biglietti o raggiungerlo direttamente a casa, ma entrambe le ipotesi mi sembravano errate.
La prima, perché l'attesa non faceva parte di me, la seconda, perché mi sembrava troppo avventato presentarmi nell'appartamento che divideva con la sua compagna.
Il tutto, sarebbe sprofondato in un generale imbarazzo e non era mia intenzione.

Appena arrivata, chiesi di lui alla prima persona che vidi.
Mi disse che non voleva vedere nessuno, dopo che mi ero definita una semplice giornalista; poi aggiunsi che ero una sua amica, che insomma lo conoscevo, allora mi comunicò di raggiungere il primo piano.

L'intero stabile era deserto, più mi avvicinavo alla fatidica stanza tre, più sentivo la voce di Ermal che si faceva sempre più forte.
Bussai alla porta ma evidentemente lui non sentì, così entrai direttamente.

Gli feci segno con la mano di non interrompere quello che stava facendo per colpa mia, tolsi il cappotto e mi sedetti sul divanetto di fronte a lui.

"Caro Antonello", la canzone che stava eseguendo, era sempre stata un enigma per me, ma la reputavo molto valida.

Intuì che stava provando qualche suo pezzo, per l'importante concerto che avrebbe tenuto fra un mese, e di certo, quello era il luogo migliore per farlo.

Notai un velo di malinconia nel suo sguardo, gli occhi spenti, la voce a tratti spezzarsi.
Per la prima volta, non aveva ricambiato il mio sorriso, dopo il mio ingresso e riflettei a riguardo.

Era turbato.

«La storia finita di cui parli nel tuo ultimo album, è proprio la tua?»

Dovevo pestarla quella mia lingua pungente a volte, collegare la bocca al cervello.
Sarà per la prossima volta Frida, ormai il danno era fatto.

«Cosa ci fai tu qui, Frida?»

Chiaramente Ermal era indisponente nei miei confronti.
Già era un cadavere di suo quel pomeriggio, quella mia uscita infelice, peggiorò ancora di più il suo precario stato d'animo.

«Sono venuta a restituirti questi.»
Dissi, esponendo i biglietti della mostra.
«In realtà, volevo chiederti se ti andava di andarci, con me.
Ho apprezzato il tuo tentativo, ma tu ce lo vedi Fabrizio in un museo?»

Quando mi trovavo in difficoltà, con la consapevolezza che avevo sbagliato, diventavo logorroica.

«No. Non ce lo vedo, ma neanche io intendo più andarci.»

«Scusami se sono stata invadente...»

«Sì, lo sei stata. E anche molto.»

Come immaginavo, Ermal aveva innalzato quello stesso muro che conoscevo bene.
Mi sembrava di rivedere lo stesso uomo che avevo davanti il giorno in cui mi aveva raggiunto nel mio ufficio.
Un assoluto estraneo.
Con la differenza che quel suo atteggiamento di chiusura, ad oggi, mi provocava dispiacere.

«È che ti ho visto particolarmente sofferente e volevo...»

«Cosa? Consolarmi?
Non ti sembra esagerato da parte tua?»

«Sì è esagerato.
Ed è stato esagerato anche venire qui!»
Mi ero arresa all'evidenza che non potevo fare più nulla per rimediare alla mia stupida e intima domanda.
Avevo invaso la sua riservatezza, senza essere in alcun modo delicata nel farlo.

«Sto vivendo una fase della mia vita in cui preferisco stare solo.»

«Ho avuto modo di vederlo.»

Tu sei la persona meno adatta a cui raccontare tutto questo.
Non ci conosciamo, non siamo amici, nemmeno colleghi.
Io e te non siamo niente Frida!»

«Hai ragione.
Io vado, fammi sapere tramite Fabrizio i vostri prossimi impegni. Sarò felice di esserci.»
Dissi, chiudendomi la porta di quella saletta alle sparte.
Fuggendo, quasi.

Amareggiata, salì al volante della mia Smart bianca, raggiungendo casa, senza fermate.
Marta, non appena varcai la soglia, intuì che qualcosa non era andata per il verso giusto.
Come d'abitudine tolsi i tacchi, e infilai le pantofole, stroncando la volontà di Marta di infierire con le sue domande.
Ma la mia cara e curiosa amica, non si fermò e continuò l'interrogatorio.

«Frida, lo sai che per come sei fatta, non riesci a fingere, ti si vede in faccia che qualcosa non va...»

«Non riguarda Fabrizio. Anzi, mi sto un po ricredendo su di lui.»

«Dietro la faccia da bullo si nasconde un uomo dolce?»

«Ci sta provando, con tutto se stesso, a mostrarmi quel lato di se.»

«E allora? Cosa ti logora?»

Raccontai, per filo e per segno, quello che era successo alla casa discografica di Ermal e Marta mi diede, giustamente, torto.
Ma aggiunse che forse, io stavo reagendo in maniera esageratamente negativa e che dovevo ridimensionare il rapporto che credevo ci unisse.

Reputavo Ermal una bella persona, un anima pura che viveva per la sua musica con maturità e senza grilli per la testa.
La sua immagine era talmente tanto innalzata nella mia testa, che per un attimo, mi sembrava non potesse avere difetti.
La sua era stata una reazione umana e io dovevo solo dargli tempo di tornare sui suoi passi, se avesse voluto.

Il resto delle ore a venire, le trascorsi col pensiero a quella situazione irrisolta, con un sentimento di commiserazione.

Stavo valutando il prossimo argomento da trattare nel mio nuovo articolo, quando il mio cellulare iniziò a suonare.
Ero certa si trattasse di Fabrizio, ma mi sbagliavo, era Ermal.

Non abbiamo armi {MetaMoro}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora