Chapter 33

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«Sono confusa.» gli dico scuotendo la testa nel vano tentativo di capire cosa gli passa per la mente.

«Non è importante che tu capisca.» mi dice lui mentre lascia la mia mano.

E perché adesso lasci la mia mano?
Non vedi che insieme si completano?
Non vedi i brividi che mi procuri?

«Si che lo è invece, perché dici questo? Ti prego, dimmi che cosa ti prende.» gli chiedo supplicandolo con lo sguardo.

Lui apre la bocca per parlare, ma la richiude subito dopo, come se avesse timore della mia reazione.

«Ti prego, dimmelo.» gli dico dolcemente. Lui si guarda intorno, per poi deglutire forte prima di parlare.

«Vivresti in una casa sapendo che il tuo coinquilino è un assassino?» mi dice solo con voce incerta, abbassando subito dopo lo sguardo.

«C-che stai cercando di dirmi?» gli chiedo balbettando, scossa dalle sue parole.

«Lo hai già capito.» mi dice mentre si passa una mano fra i capelli e fa un sorriso tirato.

E rimango qui, ferma a fissarlo, troppo scossa dal significato delle sue parole.
Una sola domanda che ha il potere di farmi gelare il sangue nelle vene.
Perché non può essere, ci deve essere stato un errore, lui non può essere un assassino, certo, non è la persona più gentile del mondo, ma sono sicura che non farebbe mai del male a nessuno volontariamente.

Ti prego, dimmi che è così,
che non dicevi sul serio,
che è solo un modo per farmi allontanare da te.

«Non può essere vero. T-tu non faresti mai del male a nessuno.» gli dico indietreggiando involontariamente.
Lui fa un passo indietro e chiude gli occhi come se la mia reazione lo avesse ferito.

«Vorrei tanto che avessi ragione.» mi dice indietreggiando lentamente.

E lo faccio anche io, ma la mia non è una vera e propria camminata, non sembro nemmeno io, è più un gesto meccanico che fa il mio corpo che, piede dopo piede, si ritrova davanti l'entrata della classe.
Ed in questo momento mi chiedo "Come sono arrivata a questo punto?"

Le restanti 3 ore di lezione sono tremende.
Sento che sta per venirmi una crisi di nervi, ma nessuno può calmarmi o rassicurarmi in questo momento.
Persino Maria che di solito riesce sempre a tirarmi su il morale oggi non c'è.
Non faccio altro che pensare alle sue parole, al modo serio in cui le ha dette e al modo in cui si è allontanato da me subito dopo.
Il mio cervello si è già fatto miliardi di filmini mentali, non escludendo nessuna ipotesi, tra i quali la possibilità che stesse scherzando, ma purtroppo penso che non sia così.
Inoltre non riesco a levarmi dalla testa neanche le parole che mi disse Maria in quel bar, a cui ai tempi non avevo fatto molto caso, ma che adesso sembrano quasi combaciare con quello che sto pensando.

Si perché quello spiegherebbe perché ha dovuto cambiare casa.
Perché non si fida più delle persone.
E perché è fin troppo spesso violento con le persone.
Ma solo pensare una cosa del genere mi terrorizza e devo restare lucida in questo momento, prima che finisca per impazzire del tutto.

Così, una volta terminate le lezioni,  decido di cercare Cameron per fare chiarezza sulla vicenda.

«Hey, tutto apposto?» mi saluta lui mentre io ansimo per la corsa appena fatta.
Un giorno di questi dovrei iscrivermi in palestra.

«S-si. Sono qui perché ti devo chiedere una cosa.» dico andando dritta al punto. Sono stanca di sentirmi dire giri di parole e mezza risposte.

«Perché fa ancora quei combattimenti? Pensavo che avesse smesso.» gli chiedo cercando di arrivare al nocciolo della questione omettendo anche il soggetto della frase, tanto lui sa benissimo di chi sto parlando. Se ha davvero ucciso qualcuno è molto più probabile che l'abbia fatto su un ring piuttosto che in strada, no?

I'll be wrong with you Where stories live. Discover now