Prologue

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«Credo che l'amore abbia un punto di non ritorno, un punto che una volta varcato non ci permette di tornare indietro. È in quel preciso istante che si spoglia dei vestiti razionali e ci si tuffa in mare, dimenticando il salvacuore, anche se non sappiamo nuotare. E forse quel punto ogni volta l'incoscienza più preziosa della nostra vita.»

Rileggo varie volte quella frase in questa notte fredda, quasi volessi impararla a memoria, stamparla nella mente. E più la ripetevo più mi convincevo che l'amore che provavo per lui era reale. Lui non mi aveva solo stregato il corpo, ma anche la mente, lui mi era entrato dentro, nel profondo e dubito di riuscire a dimenticarlo tanto facilmente.

C'è silenzio questa notte, un silenzio che sferza l'aria e che rende difficile persino pensare lucidamente.
Si, perché a volte il silenzio produce anche questo effetto, un effetto devastante e difficile da essere contrastato.
Sono sola, da molto tempo ormai a lottare contro tutto e tutti, persino me stessa, ma mi sono stancata di lottare, vorrei solo che tutto questa assenza, che tutto questo dolore sparisse.
A volte quando chiudo gli occhi faccio finta di stare bene, ma non è mai così, ogni volta mi illudo solo di più.

E a volte non faccio altro che rimpiangere quel giorno di Ottobre, quando ci siamo incontrati, perché forse a quest'ora sarebbe tutto diverso. Ricordo ancora tutto di quel giorno e continua a viverlo dentro ci me ogni notte. Lui continua a vivere dentro di me ogni giorno.
E mi chiedo perché una cosa del genere sia successa proprio a me.
Non ho mai chiesto di innamorarmi, non ho mai chiesto di perdere la testa per qualcuno e soprattutto non ci ho mai creduto fino in fondo.
O almeno questo fino a quando lui non mi ha sconvolto la vita.

Rileggo ancora un ultima volta quella frase prima di alzarmi dal tavolo della piccola cucina e andare nella cameretta di Cleo. Le poso un tenero bacio sulla fronte e le auguro la buonanotte flebilmente, ma so che non mi ha sentito, che ormai è già nel mondo dei sogni, il mondo dove tutto è possibile, il mondo dove per un po' di tempo ti dimentichi dei problemi e ci sei solo tu.

Vado in bagno ed è in quel momento che arriva la parte difficile.
Vedo quella lametta e sono tentata, come ogni giorno, a segnare la mia pelle chiara con essa. Mi avvicino ad essa, la prendo fra le mani e poi, come se mi fossi scottata, la lascio cadere per terra.
Non mi sono mai tagliata in vita mia e mai lo farò perché ho una bambina da crescere e non voglio che venga abbandonata dai suoi genitori.
E anche se uno dei due se n'è andato, io farò di tutto per esserci.

Mi sciacquo il viso varie volte, tentando di avere un aspetto minimamente normale, cosa alquanto ardua.
Ho i capelli arruffati, il viso scavato e gli occhi che sembrano meno accesi del solito.
Odio lo specchio perché è l'unica cosa con cui non posso fingere di stare bene. Riflette ciò che sei nella realtà per come è, senza trucchi o tranelli e la verità è che il suo riflesso non mi piace, non più ormai.
Vedo ancora una volta quella lametta, buttata a terra tra le tante cose che non ho voglia di lavare. La guardo ancora, la alzo da terra e ci ripenso ancora. Sto per premerla sulle mie braccia, ma sento il mio stomaco brontolare. È ora di mangiare qualcosa.

Vado in cucina.
Preparo qualcosa da mangiare e dopo un'ora di cottura, finalmente la pizza è pronta per essere mangiata.
La guardo, sembra buona.
La annuso. Ha un buon sapore.
L'assaggio. L'impasto è ottimo.
Ma mi fermo li. Non prendo un altro pezzo, non vado avanti. La ammiro così, come se ci fosse una specie di barriera tra me e lei. Sorrido compiaciuta per la mia creazione.
La mangerà Cleo quando si sveglierà, a lei piace sempre. Io adesso non ho fame.

«Sono piena.» dico.
«Non ho mangiato nulla.» penso.

Mi siedo sul tavolo della cucina e guardo una rivista in cerca di qualche lavoro disponibile, ma nulla sembra andare bene per i miei standard.
Cercano una badante, ma vogliono che stia con la vecchietta tutto il giorno.
Cercano una parrucchiera, ma deve avere una laurea.
Cercano una babysitter, ma ho già una bambina a cui badare.

«Ce la farò.» penso.
«Sono nella merda.» dico.

Sbuffo ancora una volta disperata.
Se non trovo lavoro al più presto finiremo in mezzo ad una strada.

A volte vorrei davvero che Cleo non fosse mai nata, sarebbe stato tutto diverso.
Di certo non avrei avuto problemi di questo tipo. Il mio problema più grande sarebbe stato quale college frequentare e con quale media uscire dalle superiori.
Ma poi la guardo e penso che rifarei tutte le volte la stessa cosa.
Per lei, solo per lei.

Guardo il mio telefono e per un istante, solo per un istante, rifletto sulla possibilità di chiamarli, di vedere come stanno, di sentire la loro voce, ma non lo faccio, troppo presa dalla rabbia che provo verso di loro.

Già, pura rabbia.
Una rabbia che acceca, una rabbia che fa male.
Perché loro mi hanno ferito, mi hanno fatto del male.
Perché mi hanno chiesto di uccidere una creatura che non era ancora nata pur di restare con loro.
Perché mi hanno chiesto di scegliere ed è stato in quel preciso istante che io avevo già scelto.
Ed è un quel preciso istante che mi hanno perso per sempre.

Guardo il telefono ancora una volta.
Zero messaggi. Nessuno ha voglia di parlarmi o anche solo di sapere come io stia. Come al solito.

Faccio un sorrisetto sarcastico e accendo la tv. Non c'è nulla di interessante, ma almeno mi aiuta a svagarmi con la mente.

Sento che se non faccio qualcosa, tutta questa malinconia mi ucciderà.

Prendo ancora il telefono fra le mani.
Il numero di Matt è ancora fra la lista dei contatti. Scorro fino a trovarlo e fisso quelle 10 cifre aspettando qualcosa, una specie di segno, ma non arriva nulla.

E vorrei tanto che ti fossi assunto le tue responsabilità.
Non che mi amassi o che provassi solo dell'affetto nei miei confronti, ma che ti prendessi cura di Cleo.
Non perché io non ne sia capace da sola, ma perché quella bambina merita il meglio e io non sono il meglio.
Perché quella bambina si merita di avere un padre e non un ragazzo che è scappato alle prime difficoltà.
Ma so che non sarà mai così.
So che te ne sei andato e che non tornerai.

Vengo distratta dai miei pensieri dal suono di un campanello. Sbuffo infastidita e da quale pigra quale sono, non mi alzo dal divano.
Purtroppo però il campanello continua a suonare insistentemente e così, dopo un altro paio di secondi di esitazione, mi stringo nella lunga felpa che indosso e corro ad aprire la porta.

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