| 5. Quando una stella muore |

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Quando la convinzione che nessuno potrà più amarti, pervade ogni lembo della tua esistenza, credi sia impossibile che possa accadere di nuovo.

Alzarsi dal letto, con la sensazione di essere stata per tutta la notte, il pensiero fisso di qualcuno.
Osservare il cellulare, per averne la certezza, da un messaggio gettato lì d'impulso.
Il cellulare, sì, il mezzo che accorcia le distanze per certi versi, per altri, crea muri su cui difendersi, per non stare più male.
E così, meglio guardare uno schermo, che un paio di sani, puri, occhi che ti stanno implorando di non lasciarli andare.

Avevo il freno a mano tirato, e non c'era verso per decidere di fare altrimenti.
Come una condanna da scontare, per chi metteva sempre il cuore in ogni scelta.

Avrei voluto credere alle parole di Ermal, ma tutte le volte che in passato lo avevo fatto con altri uomini, mi ero ferita.

E Frida Morgan, si era ripromessa di non toccare più il fondo, se non fosse stata certa di avere la forza per risalire.

Aveva fatto dell'autocontrollo, la sua protezione, della fuga, il suo biglietto da visita.

Dovevo liberare Ermal da quella stretta, la mia.
Fargli comprendere che non sarebbe mai stata colpa sua, se non ero pronta al grande passo.
Lo avrei fatto quanto prima, ma non quella sera.

Ad attenderlo, c'era una fila immensa di gente in trepidazione, stava per cantare con uno dei suoi miti di sempre, Giorgia.

Ero furiosa per il biglietto che mi aveva fatto recapitare, ma non volli ulteriormente gettare benzina sul nostro precario equilibrio, pronto ad andare in fiamme, alla prima soffiata di vento.

Ingoiai il rospo, ridussi in pezzetti di carta quel pass, e utilizzai il biglietto che avevo acquistato mesi prima, che mi avrebbe fatto godere lo spettacolo come una normale spettatrice.
Senza essere minimamente influenzata dal rapporto, che ci legava.

«Lo vuoi buttare sto cellulare?»
Implose Marta, incitando a darmi una mossa, se non volevo arrivare a concerto iniziato.

«Senti questa che scrive: "Durante il nostro primo incontro, ero alla ricerca disperata del tuo profumo. Se lo avessi sentito, lo avrei comprato. Invece, sento solo l' odore della tua giacca di pelle. Incredibile, lo sento ancora oggi. Mi manchi Ermal

«È una fan?»
Chiese, improvvisamente incuriosita dalla faccenda.
Ci ritrovammo in pochi secondi a stalkerare il profilo instagram di Ermal, più approfonditamente, le foto in cui veniva taggato.
Avevamo l'intenzione di due vecchie pettegole, al bar del paese.

«Potrebbe essere sua madre!» Risposi, inferocita.

«Ti fumerai il cervello a furia di leggere quello che gli scrivono.
Sai bene cosa gli passa per la testa in questo momento
Mi rassicurò.

Quanto avrei voluto sentirmelo dire da lui.
Quanto avevo paura di ammetterlo.
Potevo scoprirlo solo, lasciandomi travolgere dalla sua arte.
Quella notte, poteva essere la sua vittoria più grande.
Ma anche il nostro modo di mostrarci alla luce del sole, senza remore.

Ermal appariva come irraggiungibile nel mio immaginario, e inaspettatamente anche agli occhi dei veneratori  di Giorgia.

Mai, due pareri erano stati così incastrati dall'uguaglianza.

C'era qualcosa di così intimo nel suo sguardo, che non riuscivo a definire.
E mi eccitava.

Alla fine di quelle esibizioni, avevo l'entusiasmo di una quindicenne, che aveva acclamato in lontananza la sua cotta adolescenziale.
In un corpo di una trentenne consapevole.

Non abbiamo Armi ~ Ermal Meta Where stories live. Discover now