| 26. Da sempre |

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Ermal Meta era l'essere più adorabile che esisteva sulla faccia della terra.
E avevo una buona motivazione per pensarlo.
Si era offerto di accompagnarmi a Milano, dopo il weekend trascorso insieme a Firenze e partire da lì alla volta di Bari.
Solo, per non perdere l'occasione di stare qualche ora con me, prima di dividerci per un po di tempo.

Lui, che aveva sempre amato guidare, si era ritrovato a preferire soggiornare sul sedile posteriore, tenendomi fra le sue braccia.

Al nostro arrivo nella desolata Milano, mi chiese di dargli qualcosa di mio che potesse portare con sé, meglio se pregno del mio profumo, o del nostro.
Lasciai che prendesse il mio foulard, che avvolse su un braccio, promettendo che non lo avrebbe tolto fino al suo arrivo a Bari.
In cosa ci stavamo trasformando?
In due ragazzini al primo amore, tutti coccole e frasi strappalacrime.
Il mio cinismo se la stava dando a gambe levate per la vergogna.

Avevo sempre affermato di essere allergica alle smancerie e mi ritrovavo ad essere cotta al puntino dal sorrisetto marpione del Meta, e cascarci con tutte le scarpe.

Non affrontavo viaggi in macchina con quell'entusiasmo da decenni, non ero così lanciata in effusioni da altrettanto tempo, e la cosa mi piaceva, perché significava che una parte tenera di me era solo stata sedata, ma sopravviveva ancora in me.
Ermal era stato bravo a tirarla fuori dal letargo.
Eppure questo cambiamento mi confondeva, e allo stesso mi dava la sensazione di toccare il cielo con un dito.
Ero proprio innamorata e quella condizione giovava al mio umore.

Non ero mai stata gentile come quella mattina, nei confronti di tutti i conoscenti che avevo incrociato, dirigendomi in ufficio.
Cercavo il direttore per avvisarlo del mio breve viaggio a Miami, in cui sarei comunque stata operativa, se aveva bisogno di qualche nuovo articolo.

Lo trovai seduto alla sua postazione, cordiale come sempre e felice di rivedermi.

«Buongiorno.
La avviso che starò via per qualche giorno, andrò a Miami, in occasione del matrimonio di mio fratello.»
Esclamai, sedendomi di fronte a lui dopo averlo salutato, che mi offrì un biscotto dal vassoio poggiato sulla sua scrivania.

«Sai che per noi non sarebbe stato un problema in ogni caso, ma sono contento che hai deciso di restare qui a Milano, almeno per il momento.»
Si interruppe per via di una risata del tutto spontanea, generata dalla sua consapevolezza dei miei sbalzi d' umore, che probabilmente mi avrebbero portato a cambiare nuovamente idea.
Non sapeva che ormai il mio umore non dipendeva solo da ciò che accadeva sulla mia sfera lavorativa, ma anche e soprattutto sul mio privato.

«Inoltre mi hanno inviato i testi delle canzoni del nuovo album di Red Canzian, vorrei una tua bella recensione, magari la scrivi sotto qualche palma, seduta sulla spiaggia.»

«Pane per i miei denti...Anche se non conto di andare a mare!» Dissi con bramosia di ricominciare a scrivere.

«Sarai contenta di sapere che due canzoni le ha scritte  proprio il tuo amico Ermal Meta.»

«Oh, davvero? Non ne avevo idea.»
Ed era realmente così, ero ignara dell'esistenza di quelle canzoni nuove, nonostante "quell'amico" me lo portassi a letto.
Ero disillusa a riguardo, avrei fatto un analisi del testo uguale a tutte le altre traccie del disco, senza cercare particolari riferimenti a fatti o persone.
Certa del fatto che qualora si trattasse di una canzone d'amore, sicuramente non era dedicata alla sottoscritta.

«Red ha detto che Meta lo ha contattato recentemente, e gli ha donato le canzoni sapendo che aveva un album incompleto. Aveva la necessità che fossero pubblicate immediatamente.»

«Le ha scritte di recente?» Esclamai, tentando di celare la mia aria sorpresa.
Non riuscendoci più di tanto.

«Sì, uno/due mesi fa, credo. In quei fogli sulla tua scrivania trovi ulteriori dettagli.
Non ho dubbi che farai un buon lavoro.»

Non abbiamo Armi ~ Ermal Meta Where stories live. Discover now