| 28. Non abbiamo armi |

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Avevi dato un bacio sulla fronte a tua nonna che era di nuovo vigile, incitandola a riprendersi perché l'avresti aspettata fuori e riportata a casa, anche tra le tue braccia se fosse servito.
Mentre io ti  osservavo da dietro una lastra, intimidita, ma piena di emozioni in corpo, dovute alla scena che mi trovavo davanti.

Gli avevi stretto una mano, una stretta delicata, quasi fosse una carezza, ma forte e trascinante.
Tua nonna aveva socchiuso gli occhi, lasciando scendere delle lacrime che avevano il sapore di un'affetto incondizionato, che nessuno poteva portarvi via.

Anche i tuoi occhi erano lucidi, quando avevi chiuso quella porta, lasciandola lì.
Era ancora troppo debole per uscire con te, e tu ti sentivi impotente nel vederla riversa su quel letto d'ospedale, anche se per pochi giorni.
Ti pesava, non poterla salvare come eri sempre stato bravo a fare.
Ma a te, chi era pronto a salvarti?

Con una mano, tentavi di asciugare le lacrime, per non farti vedere da me in quello stato, come se ti vergognassi.
Ti eri fiondato su un muro, nascondendo la testa fra le braccia, con le gambe che fremevano dalla rabbia.

La mia agitazione nel cercare la mossa giusta, per non addossarti ancora più pressione addosso, mi portò ad avvicinarmi a te, senza dire nulla.
Passai una mano sulla tua schiena, eri coperto da una maglia di un tessuto leggero, che mi dava la sensazione di sfiorare la tua pelle, talmente impercettibile era la stoffa che ti copriva.
I tuoi muscoli sembrarono distesi da quel contatto e di colpo ti voltasti, con il viso completamente mal ridotto dai tuoi tentativi di oscurare le lacrime, che ti avevano travolto.

Ti trascinai fra le mie braccia, ancora in silenzio, calmandoti con il mio respiro su di te.
Forse, ero solo una presuntuosa nel credere che potesse bastare così poco per tranquillizzarti.
Eppure ci riuscì.

Le mie mani, erano intente a riordinare i tuoi capelli, che erano trascurati da giorni di non curanza.
Accarezzai il tuo volto, soffermandomi sulle tue occhiaie più marcate del solito, ma che ti rendevano naturalmente forte.
Erano segni di notti insonni, di preoccupazioni, di apprensione per le persone che amavi, tu che l'apprensione la detestavi.
Cominciai a capire da quel piccolo dettaglio, tutte le volte che avevi mentito per non rivelare quella parte vulnerabile di te, che nemmeno tu conoscevi del tutto e che io ero pronta ad amare senza riserve.

«Sono messo male, vero?» Dicesti, ritrovando la lucidità.
Stavi davvero cercando di pensare ad altro, se prestavi attenzione al tuo aspetto disordinato, dovuto ai giorni di confusione che avevi affrontato.

Le partenze improvvise, il nostro ritrovato equilibrio, la gioia di tornare a casa, il dispiacere di non poterti godere tutto questo appieno per i problemi di salute di tua nonna.

«Io starei messa peggio di te.»

«Hai uno strano modo di rincuorare la gente.»

«Non è un caso se quando decido di sostenerti lo faccio in silenzio.»

Trovavamo il modo per sdrammatizzare persino le situazioni più assurde, ed era forse quella la nostra forza.

Uscimmo da quel luogo, che era stato il tuo ritrovo nelle ultime ore e ci dirigemmo a casa tua.
Avremmo deciso successivamente il da farsi.

Non c'era nessuno ad attenderci, probabilmente avevi già escogitato un piano per non rendermi vittima dell' imbarazzo, non riservandomi pranzi in compagnia e ospitate di parenti curiosi.

Il tuo intuito nel non recarmi mai alcun danno e nello scegliere sempre il meglio per me, ti fece guadagnare punti sin da subito, già dalla nostra iniziale conoscenza.

Mostrassi le tue abilità da cicerone, facendomi visitare la tua casa di sempre e mi sembrò di catturare con gli occhi, tutti gli attimi dei tuoi racconti fra quelle stanze.
Sembravano trapassarmi le ossa e rendermi vogliosa di lasciarmi sconvolgere dal tuo vissuto complicato, ma solido.
Dal tuo carattere difficile, ma radicato ai valori.

Non abbiamo Armi ~ Ermal Meta Where stories live. Discover now