| 24. Odio le favole |

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Due calamite.
Due magneti uguali che si attragono con la stessa forza con cui si respingono.
Sembrava una descrizione maldestra di me ed Ermal.
Di quello che eravamo stati noi fino a quel momento.

L'amore poteva vincere sulle tenebre della mia vita?
Forse.
Dovevo provarci.

«Probabilmente hai frainteso la mia propensione allo scherzo e l'hai interpretata come una reale volontà.» Rispose, spingendomi contro di lui, che con quell'affermazione, respinse una nostra eventuale amicizia di convenienza.
Continuare a volersi bene, per non perdersi mai del tutto.
Quelli sarebbero stati i buoni propositi per una storia già al capolinea, di cui non vuoi liberarti del ricordo.
La sua, durata nove anni.
La mia, durata cinque.
Ma non poteva appartenere al nostro rapporto, quella definizione.

Noi, eravamo sempre stati una soluzione inspiegabile.

«Sei sempre così tremendamente serio quando ti esprimi. Non si sa mai quando scherzi o quando parli seriamente.» Dissi a mia volta, con un sorriso spezzato dall'arrivo di un suo bacio.

Mi prese sulle sue braccia, portandomi al piano superiore.
Sapeva come muoversi, lui in quella villa c'era già stato, a differenza mia.

«Questa è la camera che avevo chiesto a Fabrizio di riservarci.»

«Eri già sicuro che sarei finita qui con te?» Chiesi, ammiccante.

«In realtà lo speravo.»
Avevo il suo fiato sul collo quando chiuse la porta con le spalle, tenendomi ancora su di lui.

«Non voglio più fare l'amore con te senza  che tu sappia cosa provo per te.» Dissi, con l'intento di fermare la foga con cui da lì a poco, mi avrebbe privato dei miei indumenti.

Quella notte, per la prima volta da quando ci conoscevamo ero pronta a donargli il mio cuore, non solo il mio corpo.
Anche se lo aveva venerato, se ne era preso cura, senza aspettarsi nulla in cambio.
La pazienza con cui mi ricopriva di attenzioni, era una dote che nessun altro uomo aveva attuato nei miei riguardi prima di allora.
Per questo Ermal era speciale.
Per questo meritava di sapere.

«Già questa ammissione potrebbe essere un traguardo per me, conoscendoti, ma non mi basta. Non dopo tutti questi mesi.»
L'ironia.
La utilizzava sempre quando era in difficoltà, quando si sentiva senza scampo, quando capiva che non sempre le azioni di qualcuno dipendevano da lui.
Semplicemente, doveva attendere, disarmato, il naturale movimento degli eventi.

«Vuoi sentirti dire qualcosa che ti dia la forza di continuare a trattenermi a te...»

«Può darsi...»
Le sue dita sotto i miei occhi, che  sfioravano il passaggio di lacrime non ancora versate, come se le anticipasse.
Come se le sentisse sue, prima ancora di essere mie.

«Hai fatto così tanto per me in questi mesi.
E io ho sempre colpevolizzato ogni tuo passo falso, fatto in buona fede, e l'ho condannato come il peggiore dei crimini.
Non te lo meritavi Ermal e tante volte ho pensato che fossi io a non meritare tutto quell'amore con cui avvolgevi ogni mia incertezza.
È qualcosa di più grande di me, a cui non sono abituata.
E cosa si fa davanti alle cose che ci terrorizzano? Scappiamo.
O ci chiudiamo in bagno, afferrando un qualsiasi oggetto contundente e iniziamo a graffiarci una parte del corpo per cancellare tutto lo sporco che abbiamo subito.»

«Ha a che fare con quella frase della mia canzone.
Ti sei sentita soffocare, non è così?
Da qualcosa. Da qualcuno.»

«Soffocare. È persino riduttivo, ma sì.
E forse, non basterà un intera notte per raccontarti tutti i motivi per cui mi sentita così.
Per cui ad oggi, sono così.»

Non abbiamo Armi ~ Ermal Meta Where stories live. Discover now