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Faceva male.

Era un dolore insopportabile.

Una compressione sul petto gli stava togliendo il respiro, sentiva i polmoni intrappolati sotto una pila di macigni, gli arti erano in preda a spasmi incontrollabili, e lui non sapeva che cosa fare.

Il gusto della morte non era mai stato così amaro.  

Jungkook era disteso sul divano, da solo, e nessuno era in casa. La voce era rimasta bloccata tra le corde vocali, non riusciva a gridare, non era in grado di muoversi, e la paura era tornata a scorrere nelle sue vene, disseminando il panico nelle sue membra.

Stava rivivendo quello che gli era già successo.

Chiuse gli occhi, incapace di fermare quel dolore, ed attese la fine delle sue sofferenze. Sapeva esattamente come funzionava, il leggero fastidio iniziale che si presentava al petto, e che si irradiava per le braccia, per correre poi dietro le scapole, e che alla fine esplodeva in un dolore intollerabile.

Sentiva il suo cuore scomporsi in mille pezzi, per poi tornare insieme rapidamente, un oscillazione tra la sofferenza e la pace, che lo affliggeva in modo lento e logorante, ma la conclusione era una sola.

Jeon Jungkook stava per morire.

Non aveva mai pensato alla morte, oppure a cosa avrebbe trovato dopo di essa. Non era credente, troppe difficoltà gli avevano fatto perdere la speranza di trovare un qualcosa, o un qualcuno, che avesse le capacità di vegliare su di lui, e di proteggerlo.

Boccheggiava, respiri strozzati rimbombavano nelle sue orecchie, aveva fame d'aria, ma più si sforzava, e più il dolore si intensificava. Non sapeva che cosa fare, non era più in grado di ragionare lucidamente, ma una cosa la capì senza troppe logiche.

Aveva paura.

Aveva paura di abbandonare quello che aveva iniziato a costruire, a provare. Se avesse perso la vita in quei mesi precedenti non avrebbe temuto di lasciarsi tutto alle spalle, perché non era mai esistito veramente fino a quel momento. La vera amicizia di Taehyung, il desiderio di rivalsa dalla sua infanzia, e l'amore di Jimin.

Pensò al suo dottore mentre sentiva il corpo lentamente cedere alla fine inarrestabile. Aveva odiato il sorriso del più grande il primo giorno che lo aveva incontrato, era insofferente ad ogni sua azione, aveva sempre detestato quella categoria di persone: adorabili e perfette. Ricordò la loro prima litigata, anche Jimin era rimasto affascinato, e terrorizzato, dal suo comportamento cinico e freddo, ma con il passare dei giorni entrambi si erano aperti, e si erano gettati in un qualcosa di sconosciuto, ma così affascinante. Ripensò al primo bacio in ascensore, e alla prima notte d'amore, tra gemiti di piacere, ed imprecazioni per il dolore.

Una lacrima gli rigò la guancia, aveva vissuto l'amore, aveva amato e si era lasciato amare, e non c'era stata esperienza migliore. Si meravigliò di quanto l'animo umano fosse arrogante, era come un predatore affamato, che si accontentava di sopravvivere fino a quando non assaggiava una preda prelibata; l'assaporava, se ne innamorava, e poi non era più in grado di tornare indietro.

Jungkook si pentì per non aver confessato prima il suo amore, per non aver baciato più volte quei boccioli carnosi, e per non aver assaggiato più spesso il corpo del suo fidanzato.

Sentì un'ultima scossa contorcergli i visceri, e bruciargli la pelle.

Un ultimo sospiro.

Era giunto il momento di andare.



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