43 - Epilogo

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Una burrasca si stava preparando all'orizzonte, le prime gocce di pioggia stavano già inumidendo gli indumenti di tutti i presenti, per rendere ancor più triste quel giorno maledetto. Il maltempo aveva fatto appassire con più velocità i fiori che abbellivano la lapide, rendendola scarna, e più morta di quanto non fosse.

Una folata di vento spostò le foglie di autunno su quel nome scritto in grassetto, che nessuno era mai stato in grado di sopportare. Le lacrime dei ragazzi erano silenziose in quel giorno di commemorazione, si sentivano solo i singhiozzi di Jin, che non riusciva a controllarsi, nonostante le braccia di Namjoon cercassero di consolarlo con delle docili pacche sulla schiena.

Jungkook era immobile di fronte alla tomba con dei fiori in mano.

Fissò quel nome e quell'immagine, e non si accorse dell'acqua salata che gli rigava le guance. Dei nuvoloni grigi coprirono il cielo, rendendo ancora più tetra l'atmosfera, e i primi tuoni in lontananza rimbombarono chiassosamente, disturbando il luogo di riposo delle anime.

"Jungkook, credo che Jimin abbia bisogno di te"

Hoseok aveva appena sussurrato la frase, indossava un completo elegante, giacca e cravatta nere, e i capelli perfettamente pettinati gli coprivano la fronte. Il più piccolo acconsentì silenziosamente, lasciò il mazzo di fiori sulla lastra di marmo, e si affrettò per uscire dal cimitero.

Odiava quel posto, un luogo di sofferenza, dove le persone si recavano per salutare e rispettare i propri cari. I vivi si uccidevano ogni qual volta mettevano piede lì dentro, perché si sapeva, la morte non colpiva i defunti, ma tutti quelli che rimanevano in vita.

Jungkook rabbrividì all'idea di esserci andato molto vicino, un tremito di panico lo percorse per tutte le membra. Allungò il passo, per raggiungere l'immenso cancello di ferro del cimitero, ed incontrare il suo fidanzato.

Jimin indossava il suo abito migliore, i capelli erano stati nuovamente tinti di scuro per l'occasione, si era preparato alla perfezione, come ogni anno, ma il coraggio sembrava essere rimasto indietro. Teneva stretta a sé una rosa bianca, un fiore che simboleggiava la purezza e l'innocenza, e che gli ricordava che quella morte era avvenuta troppo in fretta. Il mondo era stato privato di un'anima nobile, che non aveva commesso alcun crimine, che non si era macchiata di alcun peccato, ma era stata ugualmente strappata alla sua famiglia.

Jungkook scorse Jimin in lontananza, era paralizzato, ed osservava il cielo, che continuamente si modellava sotto il volere del maltempo. Si avvicinò, e si arrestò ad un passo dalla linea immaginaria che divideva il mondo dei defunti da quello dei vivi. Tese la mano in avanti, ed aspettò con calma che il suo fidanzato si accorgesse di lui, per poi rivolgergli un timido sorriso.

"non credo di farcela Jungkook" sospirò

"sei pronto hyung"

"no, non lo sono, e non lo sarò mai"

"hyung, io sono qui con te"

Jungkook allungò con più forza il braccio verso Jimin, e attese. Il maggiore lo fissò con le lacrime agli occhi, il senso di colpa gli aveva sempre impedito di entrare in quel luogo, era sempre stato sopraffatto dalle emozioni, e mai, da quando era accaduto quell'incidente, era riuscito ad entrare.

Aveva raccontato la verità a Jungkook, gli aveva parlato dei suoi lunghi anni di crisi, dei suoi cedimenti, delle sue paure, del tentato suicidio, e di tutta l'oppressione e responsabilità che celava dentro il cuore per la morte di sua madre. Il minore lo aveva ascoltato, lo aveva supportato, e lo aveva abbracciato con tutta la forza che possedeva.

"non mi lascerai, vero?" supplicò il maggiore

"non lo farei mai"

Jimin afferrò la mano di Jungkook, inspirò con forza, e si buttò. Oltrepassò quella linea immaginaria, e finalmente entrò nel luogo che per tanto tempo aveva osservato da lontano, il cimitero di Busan, il luogo di riposo di sua madre, e di suo nonno.

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