⚜️ Imboscata

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Eve rigirava tra le dita la catenella d'oro di sua madre

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Eve rigirava tra le dita la catenella d'oro di sua madre.

Il sole basso filtrava attraverso la filigrana delle tendine, opportunamente tirate perché non recassero offesa alla carnagione lattea. Scostò la stoffa per qualche secondo, giusto il tempo di scorgere quel che accadeva all'esterno della carrozza che ballava sul sentiero di montagna. La stradina che stavano percorrendo si perdeva svariate miglia più in là, un serpentello bianco che costeggiava il fiume dalle acque scure e limpide, e che spumeggiava generando cascatelle tra le rapide.

La brughiera era umida e silenziosa, una distesa di erica martoriata dalle grandi piogge di inizio estate.

«Principessa Eve» la richiamò il soldato che cavalcava al fianco del finestrino, «avete messo la protezione?».

Le labbra rosee della principessa si corrugarono in un broncio infastidito. Lasciò cadere la tendina. «Non preoccupatevi, sir Tristan, è quasi il tramonto.»

«La prudenza non è mai troppa.»

Eve approfittò del sottile strato di stoffa che li divideva per alzare gli occhi al soffitto dell'abitacolo.

Spesso l'eccessivo zelo delle guardie si tramutava in irritante paternalismo. Non era un buon momento per sentirsi dire cosa fare, non ora che suo padre si era finalmente deciso a condannarla a una vita di clausura. Avrebbe condotto un'esistenza semplice, protetta dall'oscurità del monastero.

Alla corte di Gaoth, capitale di Fearann Sìthe ("la terra delle fate"), non era un mistero che la sua presenza arrecasse imbarazzo alla famiglia reale. L'aria si saturava di mormorii quando si ritrovava a percorrere la navata centrale della sala del trono, o quando era costretta a rinunciare alle passeggiate diplomatiche durante le ore più calde della giornata.

Per non parlare della questione dei matrimoni politici. Si vociferava che fosse un fiore troppo fragile per sopportare il peso di una gravidanza, il che probabilmente era la verità, ma la sua delicatezza non intaccava di certo la sua intelligenza: Eve sapeva che dietro gli sguardi compassionevoli della corte si mormorava quanto come donna fosse inutile.

Tanto meglio. Da un certo punto di vista, nascondersi dai pettegolezzi per dedicarsi alla preghiera, alla lettura e alla manutenzione del monastero le pareva una prospettiva ben più felice che sopportare i capricci di un signorotto viziato.

O, almeno, era ciò che si ripeteva per cercare di farsene una ragione.

Chiuse gli occhi e rannicchiò le gambe sul sedile imbottito. «Manca ancora molto?»

«Arriveremo all'alba, principessa, prima che il sole possa danneggiarvi. Potreste approfittarne per dormire.»

«Ho un'eternità sotto due metri di terra per dormire» mormorò a voce sufficientemente bassa da non farsi udire.

I cavalieri spesso dimenticavano che la notte, per lei, rappresentava l'unico momento in cui poteva considerarsi al pari di tutti gli altri, quando il Demone di Fuoco si inabissava oltre l'orizzonte e la pallida luce delle stelle le faceva compagnia, specchiandosi nelle acque della fonte che scrosciava nei giardini reali. Mise mano alla cassetta in mogano sotto il sedile e ne estrasse un libro rilegato in pelle. Accese il lanternino sulla sua testa e, con le spalle contro la parete e i piedi distesi, si immerse nel suo mondo di favole.

Bianca come il gelsominoWhere stories live. Discover now