⚜️ In vena di confidenze

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«Andate da qualche parte, mia Signora?»

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«Andate da qualche parte, mia Signora?»

Eve si voltò sull'uscio della camera, avvolgendosi nella vestaglia di lana quasi potesse proteggerla dall'ostilità del castello. Zahra era immobile di fianco al finestrato del corridoio, il viso illuminato dalla candela che reggeva fra le mani. I suoi occhi scintillavano al bagliore della Luna.

Eve la squadrò, senza preoccuparsi di mascherare il sospetto. Un'ancella non avrebbe dovuto immischiarsi negli affari della sua padrona, ma a conti fatti, per il momento, Eve non era padrona di niente e nessuno. Considerato lo spettacolo che aveva dato alla cena di quella sera, poi, le persone avevano tutte le ragioni di dubitare delle sue intenzioni.

«Una passeggiata notturna. La luce delle stelle giova alla mia salute. A Fearann Sìthe mi era permesso circolare quando gli altri dormivano, dal momento che buona parte delle ore della giornata sono problematiche, per me.»

«Il clima da queste parti dovrebbe darvi meno preoccupazioni. Raramente il Sole si affaccia su Gardros, o comunque mai in maniera intensa.»

Eve annuì, in tensione. La scrutò, in attesa di capire se potesse continuare per la sua strada.

Fu l'ancella a rompere il ghiaccio. «Volete che vi accompagni?»

Benché fosse una domanda, ebbe la lungimiranza di comprendere che i gardrosiani non avessero alcuna intenzione di lasciarla sola. Fino a prova contraria, era ancora prigioniera.

«D'accordo. Fate strada.»

Zahra la scortò tra corridoi bui e silenziosi, dove fasci di luce lattea sfibravano la compattezza dell'oscurità. La roccaforte accolse l'eco dei loro passi, attutita dalla stoffa degli arazzi dove si intrecciavano girali d'oro nella filigrana, scene di caccia, battaglie contro i giganti e incoronazioni. Eve ebbe la sensazione che gli sguardi dei quadri la stessero seguendo.

L'interno del castello, almeno nelle zone comuni, era addobbato nel modo più semplice possibile. Era la pietra nuda, con i suoi mostri deformi che si affacciavano dagli archivolti e dai pulvini, a dominare.

«C'è qualcosa in particolare che vorreste vedere?»

Eve rifletté. «Vorrei salire in cima alla torre.»

Si aspettò una qualche obiezione, ma l'ancella si limitò ad annuire. Giunte nei pressi del chiostro, s'infilarono in una stretta arcata e si inerpicarono lungo una vertiginosa scala a chiocciola priva di torce che indicassero il cammino. L'unica fonte di luce, a eccezione della Luna che si affacciava attraverso le feritoie, era il luccichio della candela che allungava le loro ombre lungo la parete.

La salita la sfiancò. Arrivate in cima si trovarono nel bel mezzo della voliera. Decine e decine di gufi, corvi e piccioni le scrutavano attraverso le gabbie immersi nel pungente odore del guano.

«I volatili reali» spiegò Zahra, «sono loro a trasportare le missive».

Eve si stupì del completo disinteresse con cui le venne fornita quell'informazione. Aveva cercato di raggiungere una stazione di posta, un modo per contattare la sua famiglia da quando i cavalieri di Gardros l'avevano strappata al suo destino, e ora che finalmente, a tarda notte, le veniva mostrata una via d'uscita, un turbine di rimostranze l'assalì. Ricordò le parole di Kytos.

Bianca come il gelsominoWhere stories live. Discover now