⚜️ La decisione giusta

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Con le forze ormai esaurite, Eve si aggrappò al bordo della parete e utilizzò le ultime energie per issarsi sulla cima del Dorso. Ciò che si trovò davanti fu una desolata distesa di roccia dove soffiava il vento, il principio di un bosco di arbusti secchi che diventava mano a mano più scuro verso il fitto.

Non le importava.

Crollò bocconi, in lacrime, e si accartocciò contro il terreno. Non c'erano ossa o muscoli che non le tirassero per la fatica dell'impresa più assurda che avesse mai compiuto, e aveva il cuore in pezzi. Un dolore mai provato, come se fosse fatta di sabbia e si stesse sgretolando granello dopo granello.

Beath c'era sempre stato e un secondo dopo non c'era più. Ma andava bene, perché prima o poi si sarebbe svegliata. Giusto?

Giusto.
Svegliati, Eve.

Eppure il dolore era un'alluvione che riempiva ogni anfratto, serrandole lo stomaco, le orecchie, la bocca, il naso. Stava annegando.
Il rumore sordo di duecentosei ossa e sessantotto articolazioni che si frantumavano tutte assieme continuava a tornarle alla mente in un ciclo infernale, lo scoppio degli organi che esplodevano contro la muraglia di ghiaccio, il bel viso di suo fratello, quello che aveva fatto sospirare ogni dama di Vallevento, sfigurato per sempre.

La mano di Kytos le si posò in mezzo alle scapole per donarle un conforto che non voleva. Se la scrollò di dosso, come se scottasse:
«Lasciami».

«Eve...»

«Per favore. Lasciami.»

Lo sentì sospirare, e sentì anche i mormorii lacrimosi di Theo e Hotys. Non ebbe il coraggio di guardare Kalev. Gli era bastato un secondo per diventare erede al trono ed era certa che avrebbe adempiuto al proprio compito con il senso di responsabilità che gli era proprio, ma sapeva che non ci sarebbero stati scettri o corone in grado di riempire il vuoto che era appena stato lasciato. Se esisteva qualcosa in grado di farlo vacillare era l'affetto che provava per i suoi fratelli. Ed Eve non era sicura che sarebbe riuscita a reggere il peso del suo dispiacere, non quando era incapace di far fronte al proprio.

Si chiuse lì, in silenzio. Nessuno ebbe da obiettare. I Vallevento si radunarono attorno a lei senza dire una parola e Kytos suonò l'olifante in onore di chi li aveva lasciati durante l'impresa.

Il suono cupo e prolungato del corno riempì la valle. Il tempo durante il quale gli uomini riacquistarono le forze le sembrò troppo breve. Seguì altro silenzio.

Fu Vasilis a romperlo: «Non è il momento di elaborare i lutti. Dobbiamo muoverci». Eve notò Kytos lanciargli un'occhiata, ma il principe di Gardros ignorò quel monito silenzioso: «Non guardarmi così. Questo è ciò che succede quando voi bestie piene di onore e altri valori da bei cavalieri decidete di fare gli eroi: crepate come mosche».

«Qui l'unico idiota sei tu» ringhiò suo marito. «Hai perso un'ottima occasione per chiudere la bocca.»

«Oh, chiedo scusa. Ti aspettavi una pacca sulla spalla? O un discorso sulle grandi gesta del nostro amato principe? Desolato, ma non abbiamo tempo per piangerci addosso. Prima troviamo cos'è che spinge i giganti a devastare tutto ciò che incontrano, prima potremo tornarcene a casa bruciare tutti i rametti di ulivo per commemorare il povero Leone di Vallevento.»

«Tu non hai un briciolo di umanità, vero?» sibilò Hotys, ancora accucciato accanto alla sorella. Lentamente, si alzò in piedi. «D'altronde, come può averne qualcuno che ha ammazzato suo padre e mira a far fuori il suo stesso fratello?»

Vasilis stirò le labbra sottili in un sorriso che avrebbe messo alla prova la pazienza di un Martire. «Vuoi un biscotto di consolazione?»

Eve nascose il volto fra le ginocchia e si coprì le orecchie con gli avambracci. Ciò che si gridarono addosso non le interessava, né si interessò dei movimenti attorno a lei. Hotys si scagliò addosso a Vasilis, ma Kalev e Theo lo tennero fermo. Suo fratello abbaiò insulti, dibattendosi in preda alla furia. Le urla, le parole, le minacce, tutto si mescolò in un tripudio confuso. La testa le scoppiava.

Bianca come il gelsominoDonde viven las historias. Descúbrelo ahora