⚜️ Lui vi teme

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Sfiorò il broccato con i polpastrelli, socchiudendo le ciglia per scongiurare la pallida luce che filtrava dai tendaggi, ma incontrò solo il freddo del materasso

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Sfiorò il broccato con i polpastrelli, socchiudendo le ciglia per scongiurare la pallida luce che filtrava dai tendaggi, ma incontrò solo il freddo del materasso.

Eve schermò la vista con la mano e, appena ne fu in grado, guardò in direzione dell'altro lato del talamo: vuoto, deserto e arido. Un po' come il cratere che le si aprì appena dietro lo sterno un attimo dopo.

Alleati, non amanti.

Si mise a sedere, sfregandosi i palmi contro le palpebre ancora impastate dal sonno. La testa le doleva. Doveva piantarla con il vino di Gardros.

Quando fu colta dal ricordo di quel tocco arroventato che le percorreva l'epidermide, quasi conoscesse da sempre la posizione di ogni punto nevralgico dove andavano ad annidarsi le debolezze, avvampò. Gli aveva permesso di arrivare fin dove altri non avevano neanche tentato avvicinarsi con la fantasia, e ora osava non essere lì. Ma la cosa non doveva infastidirla, non poteva: il matrimonio era stato consumato e, di certo, qualche affare impellente — l'ennesimo — lo aveva attirato fuori dalle sue stanze.

Oppure, di nuovo, si era semplicemente dimostrato l'insensibile che era.

Qualcuno bussò ed Eve drizzò le spalle, ma non tardò a manifestare delusione nel vedere Zahra e le altre ancelle varcare la soglia trasportando una piccola cassa di legno.

«Mia Signora» si inchinarono. Zahra si fece avanti: «Siamo qui per prepararvi».

«Bene. Avevo intenzione di mangiare qualcosa.»

«Provvederemo a farvi portare la colazione.»

«No, preferisco uscire. Esplorare le cucine, magari.»

La cosa parve prenderle in contropiede, ma non protestarono. Scelse un semplice abito blu, senza fronzoli, a eccezione dei viticci floreali dorati che bordavano l'orlo. Si lasciò lavare, acconciare e, infine, congedò le ragazze senza molte spiegazioni. «Zahra, voi rimanete con me. Ho bisogno di una guida.»

Devo uscire di qui.

Si lasciò condurre per i corridoi del castello, fino alle scalinate di pietra che scendevano attraverso la torretta esterna. Sbucarono nel cortile, dove l'odore del pane appena sfornato e il tintinnare dei piatti le attirarono verso una porticina di legno: varcata la soglia, si trovarono all'interno di una stanza dove folte trecce di cipolle e spezie di ogni genere pendevano dal soffitto, assieme ai prosciutti e alla cacciagione.

Il sole bianco che pioveva dalle finestre colpiva il filare di pentolame e mestoli di rame, creando riverberi scintillanti. Le domestiche si affaccendavano attorno all'isola centrale, alcune intente a strofinare torri di scodelle e posate nel lavabo. Una si era rintanata in un angolo a spennare un'oca, un'altra ancora rimestava una zuppa di legumi sul fuoco. Zahra si avvicinò alla donna in carne che, con le maniche arrotolate e sporche di farina, lavorava l'impasto per le pagnotte.

Bianca come il gelsominoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora