⚜️ Taciti accordi

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«Tu vuoi mandarmi in rovina, figlio mio

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«Tu vuoi mandarmi in rovina, figlio mio.» Re Alpyos abbatté le mani sul tavolo di guerra le statuette segnaletiche ammassate ai piedi del Dorso dei Giganti caddero riverse sulla mappa. «Non mi sembra di star chiedendo molto, solo adempiere ai tuoi doveri.»

Kytos afferrò un elefantino di legno e se lo rigirò tra le dita. «E a me non pare di essermi sottratto. Sposerò quel... fantasma e il patto di sangue con Imes sarà rispettato, Gardros prospererà e voi potrete lasciare questo mondo in pace. Solo, concedetemi il lusso di divertirmi un po'.»

«Non ti sei forse divertito abbastanza, finora?» sibilò Alpyos. Alla luce delle candele, le ombre che si insinuavano tra le rughe lo facevano sembrare ancora più vecchio e arrabbiato. «Il tuo comportamento è semplicemente irresponsabile.»

«Non sono io che ad aver rapito una principessa. Una di Fearann ​Sìthe, per giunta. Tutto perché avete fretta di accasarmi.»

Per un istante, il volto di suo padre si distese. «Ci sono cose che ancora non puoi comprendere. Ma lo farai a tempo debito.»

«Illuminatemi. Non sono né così giovane né così inesperto da meritare un simile trattamento.»

Kytos riappoggiò l'elefantino di legno sul tavolo, impedendosi così di scagliarlo contro la parete. Alla soglia dei trent'anni si trovava ancora estromesso da qualsiasi decisione che non riguardasse l'esercito. Se c'era una cosa che detestava più dell'essere obbligato a unirsi in matrimonio con la Dama Pallida, era la vaghezza con cui suo padre si ostinava a escluderlo dalle macchinazioni politiche.

«Mi sfugge il significato della vostra fretta» incalzò.

«Non mi hai lasciato scelta.»

«Non me l'avete lasciata nemmeno voi.» Finalmente, Kytos lo guardò. «Avevo già trovato la mia sposa.»

Alpyos fece una smorfia. «Maia non era degna di te.»

«Perché non aveva sangue nobile? Eppure, impugnava la spada come il più nobile dei guerrieri, e voi l'avete mandata a morire sul Dorso.» Kytos gli diede le spalle, stringendo i denti fino a sentir scricchiolare la mandibola. Si fermò di fronte al camino in pietra, immergendo lo sguardo nella luce che si sprigionava dalle fiamme. «Tutto ciò che fate è tentare di controllare ciò che vi sta attorno.»

«Sei l'erede al trono di Gardros. Devi compiere il tuo destino senza discutere. È il prezzo da pagare per la nostra posizione.»

«Nemmeno la nostra posizione ha protetto mia madre.»

Lo schiocco dello schiaffo riverberò nel silenzio della stanza. Kytos si ritrovò con il capo ruotato verso sinistra, la guancia che bruciava nel punto in cui gli anelli di suo padre lo avevano colpito. Rimase immobile, covando dentro di sé l'umiliazione di quel gesto.

Faticava ad accettare che il nome della regina Matilda fosse bandito tra quelle mura. Nessuno ne parlava.

Re Alpyos fremette, stringendo i pugni contro i fianchi, ma gli furono sufficienti un paio di respiri per riacquisire la fermezza. «Se non avessi recato imbarazzo al regno con i tuoi modi di fronte alle pretendenti disposte a sposarti e alle loro famiglie, non saremmo in questa situazione. Prenderai in moglie la principessa Eve» sancì, lapidario, «e non solo la rispetterai, ma porterai l'amore nella sua vita. Sempre che tu non voglia ritrovarti l'esercito di Fearann Sìthe alle nostre porte per difendere il suo onore. Non impiegherò risorse e truppe per una donna, specie se straniera».

Bianca come il gelsominoWhere stories live. Discover now