⚜️ Sei polvere

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Quella notte, Kytos imparò che nel giro di un secondo possono accadere molte cose.

Un istante prima, stava per fare a pezzi suo fratello – sarebbe stata la volta buona in cui gli avrebbe cancellato quel sorrisetto supponente dalla faccia. Un istante dopo, la cava era immersa in una luce verde e Beathan di Vallevento stava rinascendo dal cuore di Xibrog. Un evento di cui non riuscì a stupirsi perché lì, al centro di quell'immensa conca di roccia nera, il pallido corpicino di sua moglie giaceva in un lago di sangue.

La rabbia che gli ardeva in corpo si ridusse a una manciata di ceneri fredde. Il tintinnio della spada che impattava contro il pavimento riverberò da un'altra dimensione. Era sempre stata pallida, lei, ma mai come in quell'istante gli sembrò un fantasma.   

Aveva un pugnale di ghiaccio conficcato nel petto e boccheggiava in cerca d'aria, lo sguardo rivolto al disco di cielo.

«Eve...»

I piedi di Kytos si mossero senza alcun controllo.

«Eve!»

Sordo a qualunque rumore circostante, si gettò su di lei e la afferrò per le spalle. La scosse con meno dolcezza di quanta avrebbe voluto impiegarne, la gola irta di pezzi di vetro invisibili che raschiavano la carne.

Doveva essere un incubo, un labirinto onirico. Bastava trovare l'uscita, svegliarsi e lei sarebbe stata lì. Doveva essere così. Qualcuno si mosse al suo fianco, ma urlò così forte che il suo ruggito riverberò per la cava. Chiunque fosse, rimase a distanza di sicurezza.

Guardò Vasilis. «Cosa hai fatto?»   

Non riconobbe la sua voce, simile all'ansito di un drago geloso dei propri tesori.

Suo fratello fece schioccare la lingua contro il palato. «Io non ho fatto nulla. Quella stupida ha deciso di scambiare la sua vita con quella del Vallevento.»    

Kytos, con il corpo di Eve stretto a sé, voltò appena il capo. La figura alle sue spalle aveva le sembianze di Beathan, la confusione scolpita sul viso e ogni centimetro di sé dedicato all'immagine della sorella morente. Cercò di far lavorare la mente, ma era come impantanata.

Eve aveva scambiato la sua vita.   

«Scambiato...» ripeté a mezza voce.

Aveva visto il sangue così tante volte da aver perso il conto. La vita del servo di Ecubash era germogliata nella violenza da quando ne aveva memoria. Invadi, distruggi, domina, ripeti. Ma non poté impedire al conato di vomito di risalirgli l'esofago nel momento in cui, sollevando la mano, si ritrovò il palmo zuppo di quello di sua moglie.

Eve sbatté lentamente le palpebre. Pareva dovesse addormentarsi da un momento all'altro. «Sc... usa...»

Quando era stata l'ultima volta che aveva pianto? Non era cosa da uomini, diceva suo padre.

Sii imperturbabile, gli ripeteva. Non svelare i tuoi punti deboli. Si stupì dell'umidità sulle sue guance.   

«Scusa» mormorò ancora Eve.

«Non è niente» rispose come uno stupido automa. «Va tutto bene.»   

Lei sorrise. Poi guardò un punto lontano e si irrigidì: divenne una statua fra le sue braccia. Le dita di Kytos scavarono inutilmente la carne, in cerca di una qualsivoglia traccia di vita seppellita sotto l'epidermide. Ma, ormai, era volata via.   

«In realtà avrebbe dovuto scegliere fra lui e te, ma vi ha salvati entrambi. Peccato non sia servito a niente.»

In quel momento la voce di Vasilis suonò come unghie affilate contro una lavagna di ardesia. Kytos tremò, scosso da un terremoto che ebbe il
petto come epicentro. Se avesse di nuovo aperto bocca...

Bianca come il gelsominoWhere stories live. Discover now