⚜️ Il Sussurro

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Era rimasta a osservare gli eserciti allontanarsi dal camminamento, due fiumi nella valle eburnea, uno nero e verde, l'altro bianco, azzurro e oro

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Era rimasta a osservare gli eserciti allontanarsi dal camminamento, due fiumi nella valle eburnea, uno nero e verde, l'altro bianco, azzurro e oro. Con lei c'erano Vasilis, Penelope e gli Uomini Grigi, assieme ai cavalieri rimasti a guardia della roccaforte. Thyrsos fu il primo a sputare a terra e ad allontanarsi a grandi falcate. Poi, mano a mano, tutti rientrarono e si rituffarono nelle proprie mansioni. Tutti tranne Eve: fino a sera, i suoi occhi rosa pallido rimasero sull'orizzonte, insensibile al freddo dell'inverno ribaltato.

I giorni d'attesa si tramutarono in settimane, e le settimane in mesi. La neve divenne brina e la brina acqua, gocce di rugiada che spiovevano dai sempreverdi aghiformi. I cicli lunari si succedettero e il canto dei lupi si innalzò dalle montagne dei Sangue-di-ferro, tra le nebbie che aleggiavano sulle valli piovose.

In quel lasso di tempo comprese in quale misura la voce di Kytos avesse riempito i corridoi del castello, dove ora riecheggiavano le risate cristalline di Penelope e delle sue dame e i mormorii arcigni degli Uomini Grigi, che gravitavano in giro simili a fantasmi. I pasti, nella sala del trono, si consumavano tra chiacchiere di circostanza. Con il passare dei giorni, Vasilis si era abituato a sedere sul trono di Re Alpyos, e l'acredine che aveva saturato l'aria nelle ore successive alla partenza dei reali era scivolata via dalle dita, cedendo il passo a una strenua mollezza.

Quella sera la pioggia batteva contro le vetrate oblunghe, istoriate con arabeschi colorati che ritraevano la discesa di Ecubash tra gli eserciti e il prosperare dei raccolti dalle lacrime di Evergard.

Una melodia languida si sprigionava dalle corde dell'arpa e delle ghironde, facendo da letto alla voce del flauto che zufolava al ritmo delle fiamme. Vasilis si intratteneva con i signorotti e le puttane delle campagne ed Eve osservava, al suo posto, con l'aria guardinga di una volpe delle nevi.

«Siete oltremodo giù di morale, stasera.» Vasilis, stravaccato sul trono, rovesciò il capo all'indietro e le indirizzò un sorriso da gatto, le palpebre e le labbra socchiuse, i polpastrelli inanellati tra i capelli biondo grano della prostituta che gli si era rannicchiata in braccio. «Ho fatto portare qui la migliore cacciagione dell'Espen. Avete provato il coniglio con l'ippocrasso?»

«Sto bene così, vi ringrazio.»

«Non riesco a vedervi in questo modo.» Schioccò le dita. «Ci sono: lord Gaustion, venite!»

Dalle tavolate gremite di ragazze e nobili emerse un adolescente grassoccio e dai capelli unti, con il ventre che trasbordava oltre la cintura di preziosi. Visibilmente provato dal vino, barcollò sulle scale e raggiunse il tavolo reale. «Vostra Altezza» eseguì un goffo inchino.

«Mostrate alla nostra dolce fanciulla quello che mi avete fatto vedere. Ve lo garantisco, è un gran bel toccasana per quel muso lungo.»

Lord Gaustion le rivolse un sorriso che snudò una pletora di denti giallognoli. Mise i pugni sotto le ascelle, flesse le braccia a mo' di ali e prese a starnazzare, facendo avanti e indietro davanti ai sette troni. Vasilis rise e qualcuno, Penelope compresa, gli andò dietro, ma quando il reggente gettò uno sguardo verso la diretta interessata si scontrò con un muro di apatia. Eve strinse le labbra.

Bianca come il gelsominoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora