Capitolo 11

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Sono le piccole emozioni le cose più importanti, voglio viverle da solo per farle diventare grandi.

~Ultimo, La casa di un poeta

Altair

La sera prima ero rientrato a tarda notte, un film era diventato due e due sarebbero diventati tre se Riky non avesse bussato alla porta della mia compagna. Non volevo essere troppo invadente così l'avevo salutata lasciandola in compagnia del suo amico con la promessa di trovare l'occasione per tornare da lei il giorno seguente.

A colazione mia madre aveva fatto qualche domanda su cosa avevamo fatto insieme e se eravamo riusciti a chiarire ma non era stata troppo invadente, forse perché la zia ci aveva messo il carico da novanta. Quello era stato il segnale per lasciare il tavolo con la scusa di mettermi a lavoro e così avevo fatto.

Tornando, subito dopo pranzo, al castello Dorian mi intercettò proponendomi di andare con lui dalle leve, toccava a lui infatti sovrintendere il loro allenamento ma spesso quelle erano occasioni anche per noi per riprendere in mano le armi, cosa che non riuscivamo a fare spesso.

Accettai senza pensarci due volte, mi mancava sfidarci a duello e non dubitavo che sarebbe finito esattamente in quel modo. Neanche a dirlo, un'ora dopo Dorian urlò il mio nome e, senza darmi il temo di realizzare a pieno, mi lanciò una spada che afferrai al volo lanciandogli un'occhiataccia.

«E se non l'avessi presa?» domandai piccato.

«Ci conosciamo troppo bene per non sapere che l'avresti afferrata.»

«E ora che l'ho in mano cosa dovrei farci?»

Sapevo benissimo quale richiesta sarebbe seguita e una parte di me, quella che si divertiva con le armi, non vedeva l'ora di accettare ma sapevo anche che cominciavo a rivolgere la mente da un'altra parte, sulla Terra.

«Incrociarla con la mia. O ti sei rammollito così tanto da temere di perdere?»

«Ricordami quante volte ti ho stracciato.» Dissi toccando con la mia lama la sua per poi iniziare con un affondo repentino che Dorian prontamente parò.

«Ben poche, molte poche.»

«Davvero? E io che ricordo il tuo culo sul pavimento di questa palestra molte più volte di quanto ti piaccia ammettere!»

Stoccata. Affondo. Parata.

«Altrettante le tue eh.»

Affondo. Affondo. Vidi l'occasione di provare a fargli uno sgambetto ma con Dorian conoscevamo troppo bene i reciproci stili di combattimento e non si fece cogliere impreparato.

«Sei disattento, stai lasciando il fianco destro scoperto.» Mi rimbeccò quando parai per un pelo un colpo diretto proprio lì.

«Disse il bue all'asino.» Commentai semplicemente disarmandolo. «E quindi a quanto siamo? Tanto a poco?» Aggiunsi motteggiando, lui sbuffò ma poi scoppiò a ridere.

«Ma guarda, abbiamo dato spettacolo come al solito!»

Infatti, i ragazzi intorno a noi si erano fermati ad osservare il nostro piccolo, veloce scontro amichevole e in fondo li capivo, non capitava spesso di vedere noi due duellare e sapevo benissimo che avevamo offerto un esempio di livello, non per essere modesti eh!

«Perché di solito passate inosservati, vero?» Fu la domanda sarcastica che ci pose una voce a noi ben nota.

«Zio Azazel! Che ci fai qui? Non dovresti essere insieme ai nostri?»

«In teoria, ma mi hanno spedito a controllare in pratica. Mi sono fatto una passeggiata e, Altair, tua madre mi manda a dirti che sicuramente Cordelia apprezzerà qualche improvvisata, tipo presentarti con la cena.»

Vulnere AmorisWhere stories live. Discover now