Capitolo 21

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Uccidilo. Uccidi quel mostro che ti tormenta. Uccidi quella fanciullezza che ti ha fatto scontare una colpa non tua. Uccidi quel bambino che ti sussurra di mollare... perché niente, niente, niente, in questa vita vale la morte di un'anima come la tua.

~Daphne Stalwart, Il richiamo del drago

Cordelia

Rimettere piede in quel castello che era stato parte della mia gabbia per anni mi metteva terrore e quella paura feroce ma subdola era la sensazione che mi era serpeggiata sottopelle per tutti i giorni a seguire. Altair, aveva fatto di tutto per distrarmi, riuscendoci anche in qualche momento, specialmente la notte, quando i pensieri erano liberi di volare, ma se questi sembravano allontanarsi poi tornavano più forti di prima, tormentandomi. Avevo taciuto parte della mia storia ancora una volta, non ne andavo fiera, ma avevo paura che se Altair avesse scoperto quelle cose lo sguardo caldo e avvolgente che mi rivolgeva ogni volta sarebbe scomparso come la neve sciolta al sole.

«Non ci sta ascoltando, non la vedi?»

Clary e Talitha mi avevano sottratto alla compagnia del mio compagno per prepararci alla festa insieme, le chiacchiere rilassate delle due donne però non avevano lo stesso effetto calmante.

«Non è vero.» Dissi con una linguaccia all'indirizzo della demone dai capelli color fuoco.

«Ah sì? Cosa stavamo dicendo?» Talitha portò le mani sui fianchi nella classica mossa da madre che rimprovera qualcuno, non ce la vedevo però lei a rimproverare Dorian, forse più Astaroth, dei due sembrava quella che permetteva di fare tutto.

«Non lo so.» Canticchiai facendole scoppiare a ridere.

«Stavo dicendo, secondo te quale sarà la cosa più strana che vedremo? Conoscendo i vampiri qualcosa di molto esagerato.»

«No dai, solo qualche maschera troppo pomposa e qualche vampiro ubriaco.» Minimizzai ma sapevo che se a qualcuno fosse partita la brocca avremmo assistito a spettacoli abbastanza inusuali, anche tra le creature immortali.

Fortunatamente, nessuno dei vampiri in quell'occasione pareva essere interessato a superare il primato stabilito molto tempo fa da un vestito fin troppo strano, le cui descrizioni ormai variavano troppo per poter essere considerate veritiere in toto.

«Ricorda bambolina, testa alta e se vuoi pugnalare qualcuno, fallo.»

Altair sembrava sicuro di me, molto più di quanto non lo fossi io, ma, nonostante la sua fiducia, ero riuscita a strappare a tutti loro la promessa di non perdermi mai di vista. Ero terrorizzata. Speravo davvero che gli unici a rompermi le uova nel paniere quella sera sarebbero stati i miei parenti, volevo crede che lui avesse qualche cosa da fare lontano da qui, che si fosse già scusato con il Re e che quella sera fosse in qualche landa sperduta, magari a morire.

È okay, hai cambiato colore dei capelli, il tuo corpo è cambiato, non possono riconoscerti ricordai a me stessa mentre notavo i miei genitori proprio accanto al Re. E noi stavamo andando a espletare i soliti convenevoli, perfetto! Lanciai una veloce occhiata intorno a me, constatando che i Consiglieri si erano allontanati ma non tanto da essere troppo distanti in caso di necessità, poi portai, per la centesima volta in pochi minuti, lo sguardo sul mio compagno e lo trovai già a guardarmi.

«Resisti bambolina, appena torniamo ti farò dimenticare tutta questa storia, l'unica cosa di cui ti importerà sarà urlare il mio nome.» Mi sussurrò il mio compagno e io ci misi tutta la mia forza di volontà per non arrossire.

«Altair, la donna con il vestito viola e l'uomo accanto a lei.» Replicai abbastanza piano da farmi sentire solo da lui ma il mio compagno mi precedette.

Vulnere AmorisWhere stories live. Discover now