Capitolo 5

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Ebbi il pomeriggio libero, anche se non così libero, mi misi d'accordo con mia sorella di badare ai suoi figli mentre lei aveva un appuntamento con il suo medico, mi disse che nelle ultime settimane le vennero dei brutti capogiri così Trevor le prese un appuntamento.

Con me loro si divertivano, al contrario della loro madre io eromolto più sbarazzina.

Se loro avessero voluto fare i biscotti, avremmo fatto dei biscotti, l’importante non era il risultato ma il divertirsi, anche se questo fosse stato sinonimo di pasticciare.

Alla fine, il mio asso nella manica funzionava sempre, biscotti presi in
panetteria. Di sicuro ero il loro mito!
Il patto era farli trovare puliti ma non lo garantivo il 100%. Delle volte se avanzava tempo facevo loro il bagnetto.

<Zia, aggiungi della farina, c’è ancora troppa acqua> adoravo la vocina di Giselle quando si concentrava nel fare qualcosa, era una futura Annika, anche se fisicamente aveva i lineamenti del papà, occhi azzurri e labbra carnose, in realtà ci vedevo anche qualcosa di Lewis, i due fratelli si somigliavano molto.

Annika, dal canto suo poteva vantarsi di avere un figlio a sua immagine e somiglianza, occhi scuri con ciglia lunghissime e capelli corvini.

<Che ne dici se la farina la mettessi qui?> feci cadere il mucchietto sulla
testa di Adrien che mi guardò con sgomento <Zia, ora è guerra!> mi lanciò tutta la farina che le sue piccole mani potessero contenere seguito da Giselle che la lanciava in aria ridendo e chiudendo gli occhietti ogni qualvolta le arrivasse in faccia.

Dopo qualche minuto riuscì a farli smettere, in realtà ci volle il ricatto di quattro dolcini a testa.
Anche se i loro genitori non volevano che ne mangiassero molti.
Ma i miei bambini  hanno già imparato a tenere la bocca
chiusa, se vogliono continuare a stare con la loro zia preferita.

Corsi a lavarli, con la scusa del “i biscotti stanno dormendo ora, quando sarete profumati si sveglieranno” funzionava per qualsiasi oggetto.
Un po’ mi annoiava il fatto che sarebbero cresciuti e non ci avrebbero più creduto.

<Ecco la vostra merenda> al nostro ritorno dal piano di sopra mantenni
la promessa e diedi loro ciò che gli aspettava.
<Vi va del succo di mele o
del latte?> con il suo ditino Adrien mi indicò il latte.
<Io vorrei il succo
di mele> urlo Giselle
<Ragazza, posso contare su di te o dobbiamo
ricorrere a un nuovo bagnetto>
<Io sono attenta, è stato un errore quel giorno>

Fece spallucce e alzò le mani a mezz’aria come se la faccenda non
riguardasse lei <Va bene mi fido> le feci un occhiolino mentre presi dalla teglia un biscottino.

Approfittai di quel momento di pace per poter riordinare la cucina, togliere la farina dai miei capelli e fingere con mia sorella che non fosse successo nulla una volta arrivata, di fatti non tardò molto.

<Dio! Quante volte ti dico di non entrare dalla porta sul retro, vuoi
vedermi stecchita!> sbalzai in piedi da una delle sedie che avevo messo
di fianco ai bimbi per poterli aiutare a colorare i loro disegni.

<Scusa, non era mia intenzione> fece un mea culpa con una mano sul cuore per poi rivolgersi ai bambini che corsero ad abbracciarla e dopo prendere i propri disegni e andare in soggiorno.

<Com’è andata dal dottore? E Trevor dov’è?> mi ricomposi andandole a prendere una tazza di tè caldo dalla teiera mentre lei si accomodava.

<Trevor si è fermato qui accanto da un amico mentre io ho fatto gli ultimi metri a piedi, mi annoiava aspettarlo> io non feci molto caso a questo, fu di minore importanza
<Dimmi, il medico cosa ti ha detto?>

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