Capitolo 15

120 10 7
                                    

Andai a dormire sicura di me.

Senza rimorsi di aver rivelato la mia vita e i miei talloni d’Achille ad un completo sconosciuto.

Senza rimorsi di non aver risposto a mia sorella.

Mai prima di allora mi sentì più sicura di me, per questo motivo mi alzai più calma e risoluta possibile, sapevo che la giornata che mi si proponeva davanti sarebbe stata come le altre ma affrontarle in modo diverso fu la soluzione

<Cosa ci fa qui in orario di lavoro signor Kӧhler?> dissi sorpresa trovandolo appoggiato alla sua berlina di fronte le grandi porte dell’hotel

<Raul, mi chiami solo Raul>
<Non credo sia il caso, non abbiamo un rapporto di amicizia> non mi ascoltò neanche si catapultò dall’altra parte dell’auto per aprire la portiera

<Che ci fa lì impalata? Venga, ogni sarà una giornata lunga ma si spera produttiva!> rimasi a bocca aperta per dei secondi che durarono anni prima di riprendere a parlare.

<Dove dovrei venire con lei? Si spieghi!> dissi con non poco fastidio

<Le spiegherò tutto nel tragitto, non si preoccupi> decisi di fidarmi ed entrai in auto.

Mi voltai immediatamente nell’attesa di un chiarimento <Non si allarmi, non le faccio mica del male>

<Questo io non posso saperlo!> dissi risoluta ma mi guardò con uno sguardo saccente

<Non avrei perso una giornata di lavoro per uccidere lei> non risposi ma risi sommessamente

<Cosa ha intenzione di fare?> dissi ritornando seria

<Ieri sera ho pensato a lungo cosa potessi fare per aiutarla, perché è evidente che cercando tra gli archivi non troverà nulla, ho chiamato l’infermiera Dawson, purtroppo mi ha risposto suo marito visto l'assenza della moglie. Ma la buona notizia è proprio questa! Lei è in Germania, dove testimonierà per un processo a Cottbus, a circa due ore da qui>

<Cosa centra la signora Dawson, non si occupava di questo, e in secondo luogo, non può ricordarsi di quella bambina, ne avrà visti centinaia in quegli anni> era totalmente inutile, sarebbe stato un buco nell’acqua, mi pentì quasi di avergli fatto conoscere troppo, mi sarebbe stato solo di intralcio.

<Secondo me possiamo scoprire qualcosa, non è detto che non debba ricordarsi> disse, guardando sereno la strada di fronte a noi

<Possiamo? Noi? Lei non si deve intromettere, è una faccenda strettamente privata che le ho raccontato in un momento di debolezza, ma non la riguarda> dissi furiosa con il ragazzo di fianco a me

<Senta, mi permetta di aiutarla, so come muovermi, lei è qui sola, una mano può farle utile> mi voltai una seconda volta ancor più fuori di me

<Mi sta dicendo che le faccio pena? Lei non mi conosce, non ho bisogno di qualcuno per dirmi cosa fare, in questi anni me la sono cavata da sola egregiamente senza la pena di nessuno, le è chiaro?>.

Quasi urlai, quello era il trattamento più brutto che qualcuno potesse rivolgermi, perché vi era un fondo di verità, rimanendo da sola ho dovuto fare tutto di conseguenza, ma non negavo a me stessa che una figura accanto, per inseguire i miei sogni l’avrei voluta.

<Mi dispiace ma non intendevo questo mi creda> tentò di continuare ma io non glielo permisi

<Non mi importa cosa intendeva, stia nel suo e si dimentichi ciò che le ho detto, ora accosti e mi faccia scendere> fu sorprendente quanta fermezza s’impadronii di me in quel momento e in quelli simili

ᴛɪᴍᴇʟᴇss⏳Where stories live. Discover now