Capitolo 25

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Mi preparai mentalmente per poter affrontare nuovamente un lungo viaggio, le valigie si raddoppiarono, preventivai di fare spazio per alcuni pacchettini per i bambini di mia sorella.

Non sentire Annika, provocò un vuoto incolmabile durante tutta la mia permanenza. Necessitai ogni giorno di ascoltare i suoi consigli o i suoi incoraggiamenti, la certezza che secondo lei facevo bene

Sentirla distante mentalmente e moralmente fece instaurare in me un’insicurezza e una serie di dubbi, il suo supporto era vita per me. Non me ne resi mai conto come in quelle circostanze

Nei momenti di calma e di silenzio quei pensieri si infrangevano continuamente con la mia mente.

Come per esempio quando accarezzavo i capelli di Edna la sera, quando l’ora della nanna per lei era arrivata, mai come in quei momenti mi sentì sola e piena di responsabilità

A scostarmi da quelle riflessioni vi era solo il sonno che a una certa ora arrivava anche per me.

Quella sera il batacchio mi fece sussultare, fui subito cosciente di che ci fosse dall’altra parte. Presi la mia vestaglia rivestita in lana e me la strinsi al petto, socchiudendo la porta della camera da letto, evitando di disturbare i sogni della mia bambina

Aprì la porta spiando, per precauzione, dall’occhio magico, i miei sospetti risultarono fondati

<Salve signorina Schneider, mi scusi per l’ora> disse Kӧhler, anch’egli in abiti da notte, con tanto di pantofole beige

<Si figuri signor Kӧhler, mi dica> non mi accinsi a farlo entrare subito, mi aspettai botta e risposta, per poi rincasare

<Questa sera ho fatto tardi da lavoro, quindi beh, mi sono ridotto a preparare la cena alle nove di sera, ma manca del sale in casa, così mi chiedevo se lei ne avesse, ecco> esclamò impacciato, torturandosi le mani

<Sì certo, si accomodi> feci spazio per farlo entrare e per far uscire le mie intenzioni di trascorrere una serata in totale quiete

Mi accinsi a prendere il sacchetto di sale iodato che tenevo nella dispensa accanto ai fornelli e glielo porsi immediatamente

<La ringrazio, ha appena salvato la mia porzione di pasta insipida> disse ridendo imbarazzato, lo seguì, la sua spontaneità nel rendersi divertente mi fece da sempre sentire più leggera <È piaciuto il mio regalo ad Edna, secondo lei?>

In quel momento capì che quella sera, fu in vena di chiacchiere

<Sì, senza alcun dubbio, salta continuamente con la corda senza mai stancarsi> <Ne sono felice> sorrise

Ci furono attimi di silenzio, imbarazzanti, entrambi a corto di argomenti ma egli sembrava non demordere, rimase impassibile di fronte a me, vagando con lo sguardo

<Va bene, per questa sera la pasta gliela cucino io> lo scioccai con quelle parole e il mio sguardo consapevole, gli afferrai il sacchetto dalle mani ed egli sorrise

Misi a bollire l’acqua nel piccolo tegame e mi sedetti a tavola anch’io
<Ormai ci conosciamo da un po’, non crede che sia più informale chiamarci per nome? Sempre se non è troppo audace da parte mia una simile richiesta> emise un piccolo sorriso, simile a una smorfia ed io ricambiai con una piccola risata, divertita dal suo mettersi sulla difensiva.

<Credo di sì, penso sia arrivato il momento… Raul> sorrisi

<Anaїs è un piacere!> minò un inchino ironico con il capo e mi fece nuovamente sorridere

<Non voglio che lei parta Anaїs> quell’affermazione mi gelò il sangue dopo dei secondi di totale silenzio

<Cosa dice? – emisi una risata ansiosa – non si sarà dato all’alcol vero?>

<No, mi scusi non avrei dovuto, ma sarei vigliacco a non dirlo, sentirò una grossa mancanza sua e della bambina. Fino a poco tempo fa, a parte qualche collega o amico di vecchia data, trascorrevo la mia vita in solitudine. Credo di essere uno dei pochi che può capirla quanto sia difficile elaborale un lutto. La solitudine ti lacera e ti autoconvinci che sia il tuo habitat naturale, ma non è così. Lo capisci quando incontri una persona che risveglia in te l’anima che avevi tenuto congelata. Per me è stato così con lei, ha avuto questo potere su di me>

I suoi occhi tornarono intensi e i miei si lasciarono ipnotizzare. Mai nella vita fino a quel momento sentì parole così tanto veritiere e vissute. Da quando conobbi lui, successero così tante cose, rese le mie giornate più divertenti, le rese degne di essere ricordate e di attenderne altre simili Mi alzai e gli voltai le spalle versando la pasta nell’acqua ormai bollita, principalmente per impedire un nuovo contatto visivo che mi avrebbe fatto cedere

<Non si sente mai in colpa nel provare ad essere di nuovo felice quando ci sono persone lassù che non potranno mai più esserlo?> azzardai a chiedere, con voce tremante, restando di spalle

<Sa che le dico? Costantemente! Ma poi penso che, se Dio, o chiunque esso sia a decidere nei piani alti, ha deciso di lasciarmi in vita, lo ha fatto per farmi vivere i miei anni amando, sognando, costruendo e anche soffrendo, se necessario, ma non per farmi sopravvivere>

Mi voltai di scatto a quelle parole, mi riempirono gli occhi di lacrime, non mi importò di fare vedere le mie emozioni senza nessuna copertura. Mai come in quel momento mi sentii così tanto coraggiosa, tanto da provare a baciare quell’uomo che poco a poco sentii di amare ogni giorno di più

Ma non lo feci, mi limitai ad abbracciarlo quando lui aggirò il tavolo venendo verso di me. Non feci quel gesto, mi costrinsi ancora una volta a reprimere quell’impulso

<Credo che la pasta sia pronta, al dente è una cottura perfetta> sorrise, sdrammatizzando, facendo distrarre anche me, allontanandomi dai rimorsi, dai rimpianti e da tutto il resto che ancora la vita mi metteva davanti

Scolai la pasta, la condì e ne feci due porzioni. Quelle emozioni provocarono in me un vuoto nello stomaco, al contrario del fantomatico nodo, e questo mi fece cenare per la seconda volta quella sera, senza troppi sfasciamenti di testa

ᴛɪᴍᴇʟᴇss⏳Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora