Capitolo 11

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Lunedì mi recai nuovamente in municipio, lì i giorni erano tutti uguali, gente che entrava, gente che usciva mai un momento di silenzio tra quegli uffici.

<Ancora qui?> il giovane uomo che mi era ormai familiare vedere, dietro quella scrivania mi mostrò un altro dei suoi sorrisi sbilenchi e sorpresi che il mio viso imitò senza poterlo fermare.

<Inizia un nuovo giorno di ricerche per me> aprì un po’ le braccia in
segno di rassegnazione e lui lasciò la penna che impugnava per aggirare
lo scrittoio e appoggiandocisi con la schiena, al mio cospetto.

<Se mi desse le informazioni giuste – sottolineò la parola scandendola
con voce più rauca – io la potrei anche aiutare> le sue parole non erano
una semplice proposta di aiuto sentì dell’altro in esse, mi misi addosso
una strana ansia

<Può rendersi più chiaro?> finsi di non aver capito ma dentro di me era
tutto già molto chiaro.

<Devo essere sincero, ho fatto delle ricerche su di lei, il suo caso mi
interessava, volevo aiutarla, ma cercando il nome di sua sorella, la
madre della bambina tra i documenti della sua famiglia, ho riscontrato
il fatto che ha un’unica sorella e durante la guerra dal suo stato civile
risultava già sposata>
Mi lasciò interdetta, non seppi come rispondere, le mie parole
potevano remarmi contro. Decise lui di continuare

<Ho lasciato che continuasse la sua ricerca per compassione, vedevo in
lei molta voglia, si dava da fare, ma non posso chiudere un occhio per
sempre – fece una piccola pausa – ammesso che lei stia cercando
veramente quella bambina>

Il mio corpo quasi tremava ma non esitai a rispondere questa volta <Oh
sì, cerco veramente quella bambina, posso giuraglielo> mi guardò per
qualche secondo, mantenendo la sua posizione iniziale mettendo le
mani nelle tasche dei suoi pantaloni.

<Le do qualche giorno, dopo di che non voglio vederla più, non è
permesso accedere ai dati delle persone se non si è parenti, finirei nei guai io stesso per averglielo permesso>. I miei occhi poterono uscire fuori dalle orbite per qualche secondo, trattenni l’istinto di
abbracciarlo ma gli regalai un enorme sorriso

<Grazie, veramente non so come poterla ringraziare, non mi vedrà più glielo prometto!> mi girai e mi diressi verso la mia solita postazione
lasciandolo inerme ma dopo qualche passo udì qualcosa che mi fece
voltare verso di lui

<Mi ha detto qualcosa?> lui si grattò spasmodicamente la nuca con una
mano mentre con l’altra accompagnava le sue parole <No no, si figuri, parlavo tra me e me> annui e ripresi la mia camminata.

Quel giorno, sistemai i fascicoli prima della chiusura, tenevo ad avere
una condotta positiva, di fatti approfittai di una sua uscita dall’ ufficio
per andare via.
Arrivai al portone e dovetti chiedere permesso un paio di volte prima
che degli uomini paffuti e baffuti si potessero mettere di lato per farmi
passare, ma destreggiandomi tra quella folla pertinente andai a
sbattere contro un corpo certamente più esile.

<Signorina Schneider tutto bene?> aprì gli occhi dopo l’impatto e vidi
proprio lui di fronte a me, Kӧhler, il quale mi sposto di lato del portone,
con entrambi le mani sulle braccia <Si tutto bene, mi dispiace, non
l’avevo vista!>

<Non si preoccupi, va a casa?> annuì <Sì torno in hotel> indicai
l’edificio a metri di distanza e lui seguì il mio indice con lo smalto
rosato.
<Ancora? Credevo si volesse fermare per qualche tempo in più a
Berlino> <Invero è proprio così, ma una società maschilista e
retrograda non permette ancora di affittare immobili alle donne>
guardo in basso, e annuì tristemente.

<Non crede che a New York la sua famiglia possa stare in pensiero per
lei> piegò leggermente di lato la testa

<Immagino di sì ma se dovessi inviare lettere dall’albergo potrebbero
non trovarmi se in tanto mi trasferissi> <Capisco> passò qualche
secondo di prima che potesse spaventarmi con la sua stessa voce.

<E se le proponessi di consegnarmi una lettera potrei inviarla dal mio
indirizzo e poi se dovessi ricevere una risposta gliela darei
immediatamente> mi lasciò stupefatta, valutavo i pro e i contro della proposta, poteva essere una buona idea ma non avrei potuto
approfittarmi della sua bontà

<Non so, non mi pare una proposta fattibile, tra qualche giorno non la
vedrò più> <Potrei fare uno strappo alla regola, quando vorrà sapere
sull’arrivo di risposte> mi spuntò un sorriso che io cercai di reprime e
lui lo ricambiò percependolo

<Quando è pronta, mi faccia avere la lettera> io aprì la borsetta ed
estrassi la busta bianca già sigillata e la tenni tra di noi <Eccola, ma
manca il francobollo, domani gliela faccio avere pronta>

<No si figuri, va bene così, credo di averne uno sulla scrivania>. Era così
gentile, non credevo si potessero trovare persone così ancora

<Va bene la ringrazio infinitamente buona serata> <A lei> Lo sorpassai
e mi misi a camminare

<Signorina aspetti!!> mi voltai e vidi Raul, tornare indietro verso di me

<Questo è suo, ce l’ho fatta, dopo circa una settimane> rise e io
ricambiai. Nelle sue mani riponeva il fazzoletto ricamato che gli prestai sere prima

<Non vi era alcuna fretta> dissi sorpresa dal gesto <Dovere> ci risalutammo e prendemmo strade diverse.

ᴛɪᴍᴇʟᴇss⏳Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora