Prologo: Charles Leclerc

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Milano, 2018

Credo che Milano sia, in assoluto, la città più uggiosa d'Italia.

O forse sono io a portare la pioggia, dato che ogni volta che metto piede nella metropoli lombarda, puntualmente il cielo decide di riempirsi di nuvoloni neri e di far scendere un diluvio universale in miniatura.

Come se non bastasse, a Milano insieme alla pioggia arriva sempre un'aria gelida che penetra nelle ossa, e che spinge un'iperattiva come me con le mani in perenne movimento a metterle in tasca nella speranza di scaldarle.

Una speranza assai vana.

Sospiro tra me e me, cercando quasi di scomparire nel cappuccio della giacca a vento, sentendo lo zaino con gli attrezzi e il manuale di ingegneria meccanica che mi porto sempre dietro pesare sempre di più sulle mie spalle, ma continuo a passo veloce verso la stazione di Milano Centrale, controllando di tanto in tanto l'ora sull'orologio al polso.

Tra un'ora e un quarto ho il treno per Bologna, e non posso permettermi di perderlo per nessuna ragione al mondo.

Nessuna persona sana di mente arriva in ritardo a una convocazione a Maranello, al quartier generale della Ferrari.

Non appena arrivo alla fermata del tram mi guardo intorno, nella speranza di veder spuntare il tram azzurro immediatamente, ma è una speranza che vedo sfumare molto velocemente.

Sono sola alla fermata, e ne approfitto per sedermi, controllando poi distrattamente il cellulare, trovando una serie di messaggi da parte di mia madre che mi chiede se sono arrivata a Milano, se sto bene e se sono proprio sicura di voler andare fin laggiù.

Nonostante siano passati quattro anni da quando mi sono diplomata e da quando mi sono iscritta per sua immensa sorpresa e disappunto a ingegneria meccanica, ancora non ha superato la cosa.

Ha sempre avuto piani molto diversi per me, piani che mi prevedevano in ambienti decisamente meno maschili.

Mi vedeva ostetrica, ginecologa, modella, avvocato, persino maestra, ma di sicuro non ingegnere meccanico.

E di sicuro non si aspettava che prima della laurea finissi a fare uno stage in Svizzera per l'Alfa Romeo Sauber, tanto che quando gliel'ho comunicato a momenti versava una confezione di sale da un kilo nello spezzatino.

Ma alla fine si è arresa all'idea di avere una figlia maschiaccio, come ci tiene a definirmi.

Nonostante tutti i provini come modella e i concorsi di bellezza che ha provato a farmi fare in adolescenza, io non ho mai avuto mire su una corona o su un enorme seguito sui social, e questo ha sempre sorpreso mia madre che si aspettava fossi degna erede di tanta madre.

A quanto pare, il destino ha un senso dell'umorismo tutto suo.

Un rumore mi richiama all'attenzione mentre finisco di tranquillizzare mia madre, assicurandole che ho preso tutto e che le dirò se vedrò qualche pilota carino, e in lontananza vedo arrivare il tram.

Mi alzo, trascinando con me la piccola valigia che mi ha accompagnata ovunque da quando ho compiuto la maggiore età, e non appena il tram si ferma davanti a me salgo, sorridendo tra me e me nel trovarlo mezzo vuoto.

Ma non faccio in tempo a sedermi che il mio telefono squilla, e non mi preoccupo di guardare chi sia prima di rispondere, sapendo perfettamente chi è l'unica persona che può chiamarmi in questo momento.

"Maranello, Cecilia? E quando credevi di dirmelo?".

"Buongiorno anche a te, Charles. Come stai oggi? Oh, e che tempo fa a Maranello? Ti prego, dimmi che non piove".

Undercut || 5SoS & F1Where stories live. Discover now