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Conclusa l'ora di chimica, Newt si stava avviando verso l'aula di fisica, con l'intenzione di utilizzare i minuti di pausa per poter revisionare gli appunti presi durante l'ultima lezione, visto che a casa non si era sentito per niente motivato ad aprire i libri, nemmeno per caso.

Aveva chiuso il suo armadietto, dopo aver riposto i testi che non gli sarebbero serviti e aveva quasi raggiunto la classe dove era diretto, anche se l'idea di non poter approfittare della pausa per poter staccare la spina, seppur per pochi minuti, non lo rendeva per niente entusiasta.

Nel corridoio c'erano diversi studenti, per lo più intenti a parlare tra loro, mentre camminavano verso la porta d'uscita, sicuramente per trascorrere la ricreazione nel cortile.

Newt stava per entrare in aula, quando un urlo lo fece bloccare di colpo sullo stipite della porta.
Stranito, si voltò tempestivamente di spalle, dirigendosi a passo veloce verso il luogo da dove era provenuto: il bagno riservato ai ragazzi.

Magari se l'era solo immaginato, nessuno degli studenti che avevano ormai voltato l'angolo del corridoio doveva averlo sentito.

Ma Newt aveva comunque raggiunto la porta.

Esitante, appoggiò la mano sulla maniglia e la abbassò, aprendo.

Nel silenzio del bagno, i singhiozzi erano ben udibili, accompagnati da un respiro affannoso, come se, chiunque si trovasse dietro la terza porta, fosse stanco o spaventato.

Newt entrò, deciso ad avvicinarsi e a bussare, per capire che cosa stesse succedendo.
Sentiva il proprio cuore battere più veloce, ma quando le fu davanti, colpì la porta tre volte, con una certa cautela.

Il respiro strozzato si bloccò per qualche secondo, per poi spezzarsi nuovamente in altri singhiozzi, più contenuti ma comunque intrisi di un profondo quanto evidente dolore, che fece venire i brividi a Newt.

«L-lasciami stare.»

Newt si bloccò dal bussare una quarta volta, rimanendo completamente spiazzato nell'udire la voce di Thomas, rotta e tremante.

«C-chiunque tu sia, v-vattene...» aggiunse quest'ultimo, con fermezza.

Newt impiegò qualche secondo per rispondere, «Thomas... Tommy, s-sono io» disse poi, con evidente esitazione nel tono di voce.

Altri secondi di silenzio.
Si sentì un piccolo scatto, la porta venne lentamente aperta - verso l'interno, com'era strutturata - e Newt poté finalmente vedere Thomas.

Ma guardarlo lo fece sentire solo peggio: il suo volto era pallido, gli occhi rossi e segnati da cerchi ben visibili sulla pelle chiara, gli zigomi non sembravano solo bagnati, erano inondati dalle lacrime e le labbra gli tremavano, così come le mani fremevano.

Newt non ebbe il tempo di dire niente, nulla di sensato, perché Thomas si abbandonò completamente, inaspettatamente, a lui, cingendogli il collo con le braccia, in una stretta che chiedeva tacitamente, disperatamente aiuto.
Newt aveva indietreggiato di qualche passo, vista la velocità e la forza con cui il moro si era avvicinato e poi stretto a lui.
Era sconvolto.

L'unica cosa che riuscì a fare, esitante, scioccato, fu appoggiare un braccio sulla spalla di Thomas e tenere una mano sulla sua nuca, le dita nascoste nei suoi capelli scuri e disordinati, mentre ascoltava in silenzio i singhiozzi sommessi del ragazzo, sperando che nessun altro entrasse, non in un momento del genere.

Thomas stringeva il maglioncino di Newt nel pugno serrato della mano destra, che il biondo non si era accorto avesse spostato all'altezza dei suoi fianchi.

«T-Tommy...» sussurrò, prendendo coraggio e cingendo la vita del ragazzo con l'altra mano, tenendolo vicino a sé, quanto più vicino possibile.

Skinny Love | NewtmasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora