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Quel pomeriggio faceva particolarmente caldo, Newt doveva cambiarsi per andare a casa di Thomas e affrontare le tassative due ore di ripetizioni e sapeva cosa tutto questo significasse: messaggi continui da parte di George.

Deglutì, chiudendo la borsa a tracolla nella quale aveva infilato i libri e un quaderno con le mappe che avrebbe lasciato a Thomas.

Aprì successivamente l'armadio per scegliere una maglietta a maniche corte e un paio di jeans non aderenti né troppo caldi, comodi e adatti alla temperatura esterna.

Era leggermente teso, come ogni volta che andava a casa di Thomas. Ormai aveva imparato la strada a piedi e distava un bel po', per questo George si offriva sempre di accompagnarlo, o almeno, così gli diceva. Newt sperava che quel pomeriggio facesse eccezione, perché aveva bisogno di stare da solo e riflettere, con l'aiuto di una buona camminata.

Elizabeth era stata portata da sua madre a casa di Emmeline e della signora Ebert, ultimamente si vedevano spesso, aveva notato Newt. Con l'inizio delle belle giornate nessuno di loro tre stava in casa, eccetto lui, quando passava qualche pomeriggio a studiare. Per il resto, l'unica parte della giornata durante la quale passavano del tempo insieme era la sera.

Inoltre, da quando aveva cominciato a frequentare George, Newt aveva meno tempo per stare da solo, perché il suo ragazzo lo cercava continuamente e ci teneva molto a passare del tempo con lui.

Mentre indossava i jeans, il suo cellulare cominciò a squillare e, quando lo prese in mano, lesse il nome di George sullo schermo: se lo aspettava. Sospirò, senza chissà quanto entusiasmo, e rispose.

«Ehi» mormorò, impostando il vivavoce e lasciando il cellulare al proprio fianco.

«Devi andare da Thomas oggi, no?» domandò il ragazzo dall'altro lato del telefono, Newt si morse il labbro inferiore nel sentire il distacco, aveva pronunciato il nome di Thomas come se fosse qualcosa di disgustoso. Come faceva sempre, d'altronde. A Newt questo dava molto fastidio, ma non aveva ancora trovato il tempo per parlargliene.

«Sì. Ma non c'è bisogno che mi accompagni, lo sai» disse gentilmente il biondo, sperando che il suo fidanzato concordasse con lui.

«No, tranquillo. Tra pochissimo sono da te» e così chiuse la chiamata.

Newt finì di prepararsi, aspettando poi nel salone.

George non impiegò molto ad arrivare, quando bussò alla porta Newt andò ad aprirgli e si ritrovò immediatamente circondato dalle braccia muscolose del ragazzo, che lo strinse a sé con fare protettivo, lasciandogli un bacio tra i capelli.

«Ciao, piccolo mio» gli sussurrò vicino l'orecchio, stampando un fugace bacio sotto il lobo.

Newt sorrise, rendendosi conto che era un po' forzato come gesto, ma ignorò e cercò le labbra di George, si diedero un bacio lungo e dolce.

«Come stiamo oggi?» gli chiese lui.

«Bene» mentì il biondo, «Direi che possiamo andare, tutto pronto.»

Non gli sfuggì il fatto che George roteò gli occhi mentre lui si voltava per chiudere la porta d'ingresso, ma fece finta di niente: era geloso, gliel'aveva detto anche esplicitamente, però questa non era una cosa positiva, non del tutto. Se da un lato era dolce, dall'altro era estenuante.

«Come mai sei così silenzioso oggi?»

Inutile dire che si aspettava anche questa domanda.

«Mah, pensieri» rispose. No, non erano pensieri. Erano intenzioni.

George non ebbe modo di chiedergli altro perché arrivarono difronte villa Keighley molto presto, per fortuna.

«Non ti piace l'idea di passare del tempo con Thomas? Te l'ho detto un sacco di volte Newt, sai che puoi tirarti indietro, siamo quasi alla fine dell'anno comunque, Thomas ha recuperato, perché ti ostini a far qualcosa che non vuoi?»

Skinny Love | NewtmasWhere stories live. Discover now