18.

481 45 6
                                    

Questo capitolo è molto corto perché di transizione, cercherò di non far passare un lasso di tempo troppo lungo prima di aggiornare. Volevo ringraziarvi di tutto il sostegno che sto ritrovando in questa storia, anche se sono tremendamente incostante con gli aggiornamenti. Grazie infinite, per me significa molto.

Quando Newt aprì gli occhi, la sensazione di essere in un luogo tutt'altro che familiare lo avvolse come un'onda gelida, un brivido gli corse lungo la schiena, disturbandolo maggiormente.

La stanza non era buia, la luce soffusa proveniente dalla lampada che si trovava sul comodino era ancora accesa, Newt era consapevole che quella non fosse casa sua, bensì quella di George.

Appena sveglio, fu difficile mettere bene a fuoco sia l'ambiente che le immagini che cominciarono a susseguirsi nella sua mente.
Tuttavia, il fatto che fosse ancora nudo parlava da sé.

Si accorse che dava le spalle a George, era rivolto verso il muro, vicino al quale avevano spostato il letto, Newt evitò di ripensare al motivo per cui lo avevano fatto, sentendo immediatamente le proprie guance accalorarsi.

Si era completamente abbandonato al ragazzo che adesso dormiva sereno al suo fianco, gli aveva mostrato sé stesso, totalmente, e lo stesso aveva fatto lui.

Newt, lentamente, si girò verso il lato opposto, ritrovandosi davanti il viso pacificamente addormentato di George. Con gli occhi ancora socchiusi a causa del sonno, osservò i lineamenti del ragazzo: i capelli corti e molto più scuri dei suoi, le ciglia lunghe, tanto da sfiorare gli zigomi, e scure, il neo che aveva poco sotto l'occhio sinistro e le lentiggini che gli ricoprivano il naso.
Era un bel ragazzo, sia fisicamente che caratterialmente, non poteva negarlo, così come non poteva negare che gli piacesse.

Forse non nel modo in cui io piaccio a lui, però, si ritrovò a pensare Newt, avvicinando una mano al volto di George e sfiorandone i lineamenti ben definiti.

Sospirò, costringendosi ad alzarsi e recuperare i propri vestiti dal pavimento, da sopra al letto, attorcigliati alle lenzuola... si rifiutò di pensare al perché fossero sparsi per la camera.
Avrebbe evitato quei ricordi finché fosse stato possibile, lo sapeva.

Si vestì in silenzio, ma rapidamente, riuscendo a non destare George, che sembrava immerso in un sonno profondo.

Uscì dalla camera del ragazzo e, anche se sfiorato dall'idea, non si preoccupò né di scrivergli un bigliettino, né di lasciargli un messaggio: era meglio andarsene e basta, si sarebbero rivisti a scuola e, sicuramente, George non avrebbe esitato a scrivergli.

La casa era silenziosa, probabilmente i genitori del ragazzo non erano ancora tornati. Newt non aveva nemmeno il cellulare a portata di mano per poter usare la torcia. Non sapendo dove si trovasse l'interruttore per la luce del corridoio, camminò immerso nel buio per raggiungere le scale.
Fortunatamente, al piano inferiore le luci erano rimaste accese.
Il ragazzo recuperò la giacca, indossandola ed uscendo velocemente.

L'aria fresca era piacevole, la brezza soffiava e gli sfiorava il volto con delicatezza, Newt la percepiva maggiormente, perché le sue guance erano ancora accaldate e sicuramente rosse.

Prese il cellulare per vedere l'orario: era l'una e mezza. Sbuffò, alzando gli occhi al cielo, che quella notte era stellato, privo di nuvole.
Si passò una mano tra i capelli, che dovevano essere sicuramente inguardabili, sia per il fatto che si fosse appena svegliato che per l'aria umida.

Di tanto in tanto, il silenzio che regnava sulla città addormentata, veniva disturbato da qualche auto che passava. Mentre camminava verso casa, Newt si preoccupò di leggere i messaggi che gli erano stati scritti in serata.

Teresa gli aveva chiesto se stesse andando tutto bene, con un'emoji allusiva, mentre il resto dei messaggi era da parte del gruppo della squadra di basket, avevano scritto che la prima partita del quadrimestre si sarebbe tenuta entro due settimane.

Infine, vi erano le chat di Thomas e George, quest'ultimo gli aveva scritto l'ultimo messaggio poco prima che Newt arrivasse a casa sua.

Gli occhi di Newt si spostarono sulla notifica della chat di Thomas, ma mise in stand-by il cellulare e lo ripose nella tasca, senza leggere alcunché.

Voleva solo tornare a casa e riposare, se gli fosse stato possibile, nonostante tutti i pensieri e le emozioni che lo facevano sentire stravolto.
Era stato bello, non poteva negarlo. Ma allora perché aveva una sensazione negativa che lo stava assillando da quando si era svegliato?

Continuò a camminare, sopraffatto, scegliendo di imboccare una strada che lo portava lontano da casa sua. Non aveva idea di dove andare, voleva semplicemente cercare di liberarsi del peso che gli stringeva la gola e la bocca dello stomaco.

Il cellulare nella sua tasca vibrò, Newt lo ignorò, era giunto ormai di fronte una via chiusa a causa di lavori, il ragazzo svoltò verso sinistra: la direzione che gli pareva più familiare.
La luce dei lampioni gli permise di focalizzare la strada principale sulla quale portava quella che aveva appena imboccato, anche se avrebbe dovuto superare un bel po' di incroci.

La vibrazione del dispositivo era incessante, Newt lo riprese, ma come lesse il nome di George sullo schermo, ripose immediatamente il cellulare nella tasca, lasciando che lui lo continuasse a chiamare.

Non seppe quanto tempo impiegò a raggiungere la piazza principale della città, ma vedere tutta quella gente che l'animava fu un sollievo: c'erano persone ovunque, anche alcuni bambini che, nonostante l'orario estremamente inoltrato, si stavano rincorrendo, incuranti dello scorrere del tempo.

Sarebbe stato bello poter fare come loro, non curarsi delle ore, dei minuti, dei secondi, e giocare fino allo sfinimento, senza altre preoccupazioni, solo il piacere di divertirsi.

Newt rallentò la propria camminata, tenendo le mani nelle tasche della giacca che indossava. Rabbrividì più volte per il freddo, ma a breve sarebbe tornato a casa, quindi non se ne curò più di tanto.

Quando trovò una panchina libera, vi si accomodò, sedendosi in modo decisamente scomposto e osservando le persone attorno a lui.
Era una cosa che aveva sempre amato, sin da bambino: osservare, chiedersi come potessero essere le vite degli altri, se fossero felici o tristi, se stessero vivendo davvero o fossero annoiati dalla loro realtà.

I suoi occhi tornarono a posarsi sui bambini, uno dei quali adesso stava piangendo, seduto per terra. Un genitore lo prese in braccio, qualcuno disse: «È ora di andare» e fu come se tutta l'armonia adesso fosse stata portata via con quattro semplici parole.

Più passavano i minuti e meno gente rimaneva in piazza: Newt vide i gruppi di persone salutarsi prima di raggiungere ognuno la propria auto e allontanarsi. In poco tempo, non era rimasto più nessuno.

Avrebbe voluto andarsene anche a lui, ma si sentiva ancora oppresso, talmente tanto che era sicuro non avrebbe dormito, una volta arrivato a casa.

Spostò lo sguardo dal cielo alle proprie spalle, quando sentì dei passi dietro di sé, quasi fossero un rumore assordante nel silenzio che ormai regnava. Si voltò, vedendo un ragazzo camminare sotto la luce gialla dei lampioni.

Aspettò ancora pochi minuti, immerso nel pacifico silenzio della notte, poi si alzò, incamminandosi finalmente verso casa propria.

Skinny Love | NewtmasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora