16.

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Thomas impiegò diverso tempo per riprendersi, aveva pianto così tanto che Newt non sarebbe rimasto sorpreso se gli avesse detto di aver esaurito anche la sua forza fisica, oltre che le lacrime.

Senza proferir parola, il moro si scostò lentamente dal petto di Newt - come se lo stesse facendo contro voglia - per poi alzarsi in piedi. Newt lo vide barcollare un po', per poi uscire dalla camera.
Qualche istante a seguire, si alzò anche lui, con l'intenzione di dirigersi verso le scale.

Ma la sua attenzione venne attirata da un foglio rovinato, accartocciato, sulla scrivania di Thomas, che non aveva notato prima.

Il ragazzo lo prese e lo aprì, cercando di distenderlo e stirarlo, ovviamente inutilmente.

Quando vide il disegno su di esso, Newt rimase completamente spiazzato. Deglutì, accartocciando nuovamente il foglio e lasciandolo dove l'aveva trovato.

Si diresse verso le scale, scendendo al piano inferiore. Aveva lo stomaco serrato, non riusciva a capire se le sue sensazioni fossero piacevoli o fastidiose.

Thomas era in cucina, intento a bere un bicchiere d'acqua.

«Non avrei mai voluto che mi vedessi in queste condizioni. Sei l'ultima persona della terra che dovrebbe essere qui. Dovrebbero esserci Minho o Zart, non tu. Dovrebbero esserci i miei amici, non...» il moro si bloccò, tossendo.

«Non... che cosa? Non la persona con cui hai avuto un rapporto tutt'altro che amichevole? Non il ragazzo che ti dà ripetizioni? Non io? Thomas, le cose cambiano.»
Newt non aveva la tendenza a rispondere in modo spazientito.
E poi, dirgli che le cose cambiano, che senso aveva, esattamente?
Si sentì abbastanza stupido, non sapeva nemmeno se quella dell'altro ragazzo volesse essere un'offesa o una semplice constatazione.

«Non venirmi a dire cose che già so» ribatté questi, facendo cadere il bicchiere sul tavolo, che produsse un rumore poco piacevole, ma non si ruppe.

Il biondo sbatté le palpebre, guardando Thomas con un'espressione studiosa, come se stesse cercando di capire cosa il ragazzo potesse star provando in quel momento, deducendolo semplicemente dallo sguardo vuoto che campeggiava sul suo viso.

«Forse non sempre gli amici si comportano come tali. Forse tutte le persone che ho intorno fingono. Minho, Ben, Zart, non sono i miei amici. Non sanno nulla di me, di tutto questo. Non hanno la minima idea di quello che sia successo dopo...» un altro colpo di tosse, Newt si chiese se questa volta non fosse fatto di proposito.

«Gli amici sono presenti, che siano al corrente o meno di ciò che senti, cercano sempre di aiutare in qualche modo, seppur non sappiano cosa tu possa avere realmente. Te lo chiedono, se ne interessano» puntualizzò il biondo, incrociando le braccia.

Sentì un misto di sconforto, ma anche di rabbia, verso quella situazione, verso i cosiddetti amici di Thomas.
Dov'erano stati tutte le volte che lui aveva avuto bisogno di loro?
Come facevano a non sapere niente di quello che Thomas stava passando e a non porsi nemmeno una singola domanda?
Era sul serio così bravo a fingere, anche davanti a loro?

I pensieri di Newt erano un vortice nella sua mente, non sapeva nemmeno se le risposte date a Thomas, fino a quel momento, avessero davvero avuto un senso o meno.

«Minho per un certo periodo ci ha provato» replicò il moro, con un tono meno freddo, più addolcito.

Newt aspettò che continuasse, ma notando il silenzio tra loro, chiese: «A fare cosa, esattamente?»

«Ha provato a parlarmi» Thomas si schiarì la voce, «A chiedermi cosa non andasse. Sono stato io a respingerlo, a dirgli di fare finta di niente, di fingere che non avesse visto nulla e di continuare a farlo se gli fosse capitato di veder di nuovo.»

Skinny Love | NewtmasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora