2.

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La resa dei conti è impietosa.

Perde senza appello già al primo round. Appena arriva in camera – nemmeno lui sa come- d'improvviso lo stomaco si risveglia e gli sbatte in faccia la lista dei danni. Corre di filato in bagno, a stento riesce a chiudere la porta. La sera la passa sdraiato sul pavimento, tremante come avesse la febbre, i brividi che gli perforano la schiena con tanta solerzia da fargli credere stiano cercando qualcosa, in mezzo alle ossa e al midollo. Gela e arde, lo stomaco rumoreggia come una betoniera che rimescola cemento liquido. Di tanto in tanto deve tirarsi su a liberarsi, le mani sulla fronte in fiamme.

Ed è solo l'inizio. Quando riesce a trascinarsi sotto la doccia, in ginocchio perché le gambe non lo reggono, è quasi l'alba. Il mal di testa gli batte nelle tempie con l'allegra energia di una serie di esplosioni programmate, sembra vogliano fargli saltare in aria tutto il complesso reticolo di neuroni quartiere per quartiere della sua città immaginaria.

Col senno di poi si rende conto che forse non è l'immagine più felice da usare.

Le ore seguenti le trascorre in una sorta di torpore. E' domenica, sa che i suoi fratelli lo aspettano a casa per la solita visita settimanale alla mamma, ma è un pensiero vago e sfocato che passa così, di striscio, in mezzo a tutti gli altri.

Sono tanti. Tutti cattivi, armati di spine, di lame. Vogliono fargli male e lui è troppo debole per opporre una qualunque resistenza.

Il volto da bambola di sua mamma che lo fissa con i tratti deformati in una maschera grottesca, quello di suo padre gelidamente – che paradosso, ah? – composto. Finchè non comincia ad urlargli contro.

<< No, Shouto! Non devi farlo! >>. Come stesse commettendo chissà quale crimine e invece voleva solo andare a giocare con i suoi fratelli.

Quell'urlo gli riempie le orecchie. E gli occhi. Di lacrime. Che cominciano lentamente a colare e si raccolgono in una pozza sul cuscino.

Gli occhi glaciali di Endeavor si confondono davanti ai suoi. Perdono quella durezza e si trasformano in un'altra espressione, cinica, sarcastica, sbeffeggiante. Le grandi e spesse dita paterne si scarnificano, stringono qualcosa tra di esse, una sfera bianca e lucente come una biglia.

<< Che tristezza, Todoroki Shouto >>. Quella voce graffiante, roca e distorta come avesse respirato fumi di cherosene che gli hanno intaccando le corde vocali.

Risente il terriccio sotto il palmi, l'aria fredda e calda sulla faccia. Il vento che porta con sé l'odore balsamico del bosco e quello acre delle fiamme che tutto ardono, consumano, distruggono.

Touya li aveva così. Chiarissimi, come il suo sinistro.

E il potere del fuoco. Solo quello.

L'ha pensato. Sì, l'ha pensato, anche se alla fine si è sempre sforzato di cacciarlo via quel dubbio, che non era sano, non era intelligente farselo crescere dentro. Aveva deciso di liberarsi di tutto quel fardello e abbandonarlo come un bozzolo indesiderato.

Ma si era sbagliato. Il passato non era una crisalide da cui era uscito nuovo e più forte, bensì una ragnatela che continuava a tenergli appiccicati addosso i suoi fili invisibili, vischiosi.

Come avesse toccato l'overload il suo cervello ha staccato la spina mandandolo giù di botto. Ha dormito forse qualche ora, non certo un riposo gradevole ma quanto bastava a non pensare, ad avere un po' di pace.

Ma quando si è risvegliato ha ricominciato a conteggiare gli scatti da dove si era fermato.

Click. Primo piano sugli occhi bagnati di pianto di Izuku. Che fissava incredulo la scena, martoriato, devastato ma per nulla sconfitto.

Heart's in right sideWhere stories live. Discover now