16.

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La porta si richiude piano alle loro spalle.

Sono stati i dodici minuti più lunghi della sua vita. Tre per uscire dall'infermeria, cinque per arrivare al dormitorio, quattro per salire al quarto piano.

Fuori ha preso a piovigginare. E' un velo fitto e impalpabile che si attacca alla pelle, soprattutto a quella nuda.

Gli ha prestato la sua camicia, restando in maniche corte. Era calda e sapeva di lui, e Bakugō aveva dovuto deglutire senza respirare, sentendo sedimentare lo stesso sul fondo della gola quell'odore: una boccata calda e fresca, che sa di muschio e legno pregiato.

Non lo lascia nemmeno per un istante. Continuando a tenergli il braccio sinistro sotto le ascelle lo accompagna fino al letto, anche se non ce ne sarebbe davvero bisogno in realtà. Sta più che bene, considerata la botta che si è preso dovrebbe essere sdraiato in un letto d'ospedale a passare le pene dell'inferno, le braccia immobilizzate in un guscio di gesso e bloccate dai tutori come una cazzo di marionetta, altro che le bende di Faccia da cadavere.

Eppure ... quel calore è così dolce che non riesce a staccarlo da sé. Lo sente penetrargli nelle ossa fino al midollo, stimolarlo quasi meglio dei baci – brrr, Dio santo- della vecchia esaurita. Azzittire il dolore, placare le fitte, riempirlo di sensazioni.

Se gli avesse chiuso la bocca con la propria invece che con la mano chissà dove sarebbero arrivati. Già quando l'ha visto togliere la camicia per darla a lui che non aveva nulla da mettere per uscire fuori gli è scoppiato qualcosa nel cervello, forse una vena, mettendolo a rischio di embolo.

E' Shouto a lasciarlo, sfilando il braccio e posandolo con gentilezza sul materasso. Il suo profumo ora lo ubriaca molto peggio del saké scadente che hanno diviso la prima volta, è diventato ancora più intenso, sotto quella tenue pioggerellina.

Spera solo di riuscire a reggere fino alla fine di quello che vuole dirgli. Gli sudano le mani da pazzi, se le sfrega sulle gambe mentre si sforza di non guardare il modo meraviglioso in cui quei muscoli affusolati tendono la maglia che gli è rimasta addosso dopo il suo generoso dono, quando resta a distanza e incrocia le braccia davanti al torace.

E gli mancano già. Le vuole di nuovo, vuole sentirle serrarglisi intorno forte, premere contro la sua pelle per rammentargli che è realmente lì con lui, che non è uno scherzo della sua immaginazione, che gli basta stringerle un po' di più per sentire ancora palpitargli addosso quel petto scosso dagli ansiti, quel respiro affrettato.

Ma si controlla. Se manda daccapo tutto a puttane stavolta ha chiuso. L'equilibrio di Todoroki è fragilissimo, un compromesso raggiunto a costo di una dura lotta con se stesso: gliel'ha letto su quella bella faccia a metà appena si è svegliato dall'incoscienza, durante e dopo la prova.

Vuole sembrare forte, ma non lo è. E' Bakugō a tenere le redini della situazione, una parola sbagliata e Shouto precipiterà nuovamente nel baratro da cui ha provato a tirarsi su inutilmente da solo, aggrappandosi ora alla rabbia, ora all'indifferenza.

Tocca a lui tendergli la mano, afferrargli il polso e trarlo al sicuro. Deve stare molto attento, perché se lo ferisce ancora potrebbe giocarselo del tutto.

Ed è l'ultima cosa che Katsuki desidera, questa.

Può essere una testa di cazzo cocciuta e impulsiva, ma sa bene che Todoroki non gli è da meno. Ha provato il suo fuoco sulla pelle, nell'anima e ora ha la certezza che sotto quella pelle delicata costellata di cicatrici c'è un nucleo denso e viscoso pronto ad ardere.

Se bene o male anch'esso, questo può stabilirlo solo lui, Bakugō.

E' la prima volta in cui la consapevolezza di possedere tanto potere lo spaventa. Deve maneggiarlo con cautela, quasi fosse di ghiaccio cristallino tra i suoi palmi roventi. Un errore e lo manderà in vapore, uccidendo anche se stesso.

Heart's in right sideWo Geschichten leben. Entdecke jetzt