Chapter Twenty - one

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Sedevo sulla veranda davanti a casa mia. Guardavo il lungo viale che porta fino il cancello di ingresso,  era impercorribile sotto la cascata di acqua che scendeva incessante da mezz'ora. Respiravo l'odore della terra bagnata facendolo penetrare nei ricordi. Sentivo I capelli umidi arricciarsi sulle punte e il trucco colare sotto le lacrime. Odiavo piangere, ma ultimamente sembrava non facessi altro. Il forte muro che avevo costruito con tanta fatica, si stava sgretolando davanti ai miei occhi senza che io potessi fermarlo. Riuscivo a vedere un solo colpevole per questo disastro. Una sola persona. Me.

Io ero stata così stupida a lasciare che tutto questo accadesse, ero stata stupida a far venire Louis a casa mia, ero stata stupida ad andare da lui, ma soprattutto ero stata stupida a chiamarlo quella notte. Era tutta colpa mia. Ora non avevo idea di come rimediare,  di come allontanarmi da lui. Avevamo ancora uno spettacolo da preparare. eravamo a buon punto sul brano, ma non finiva li, le prove, I costumi. Per I prossimi quattro mesi saremmo dovuti stare a contatto con o senza la nostra volontà e questo mi uccideva

La vibrazione del telefono interruppe I miei pensieri, guardai il display sul quale era comparso il suo nome, era già la terza volta che chiamava quel giorno, mi asciugai le lacrime come se potesse vedermi, un bel respiro e risposi -Britt- la sua voce sembrava allarmata e sorpresa come se ormai si aspettava che riagganciassi -come stai?- Il tono di completa sincerità  fece tremare la mia voce che però, per mia fortuna, non si spezzò -bene- meno parlavo meglio era -ho come la sensazione che le prove siano rimandate- annuì, realizzando nello stesso momento che lui non poteva vedermi -già- lui rimase in silenzio un'infinità di tempo ma lo sentivo respirare -scusa- vibrò dall'altoparlante -non...- sospirò -...non dovevo dirti quelle cose, non erano vere- già, la verità era peggiore, non risposi e dopo poco riprese a parlare - ero arrabbiato e preoccupato- la sua voce tremava sempre di più - non sapevo come stavi, se ti serviva aiuto- il ritmo della voce aumentò scoprendo il suo nervosismo - non stavi bene quella sera...- no gli lasciai finire la frase che le mie parole scivolarono via dalla bocca - non farlo- lui si zittì -non farlo, non affezionarti a me- non riuscivo a fermare le parole, non rispondevano ai comandi del cervello -ti farò male- le lacrime ripresero a scendere, lui non parlò, respirava a fatica dall'altro capo del telefono -sei troppo buono per me- dissi piano prima di riattaccare.

***

Era ormai notte, e camminavo per quella strada ormai troppo conosciuta, l'insegna dello shake si illuminava alle mie spalle mentre entravo nel vicolo disabitato. Non c'erano case in quella zona solo locali e pub pieni di ubriachi. Era sicuro da quel punto di vista, scorsi la figura incappucciata poco distante da me, accellerai il passo sui tacchi vertiginosi che portavo. Controllavo sempre alle mie spalle se ci fossero persone  -ciao- dissi frettolosa, l'uomo mi guardò sotto il cappuccio -il solito Ash?- mi chiese io scossi la testa -qualcosa di forte- l'uomo annuì guardandosi intorno, mi porse la bustina e io senza guardarla la infilai sotto la maglietta , trucco che avevo imparato con il tempo -stacci attenta- mi avvertì prima che sparissi da dove ero arrivata.

Entrai nel noto locale, il butta fuori era lo stesso da più di tre anni, e con qualche carezza e una voce suadente mi fece entrare. Andai dritta verso il bagno chiudendomi in uno dei cubicoli. Presi la bustina dal suo "nascondiglio" era una polvere bianca, innocua all'apparenza, ma devastava il cervello più di qualsiasi altra droga che gira, "ricetta speciale della casa" l'aveva chiamata così la prima volta che la presi,  ne uscii ridotta uno straccio, promisi a me stessa di non provarla più, ma in quel momento, quello che provavo era mille volte peggio del devasto che mi avrebbe provocato quella roba.
L'odio per la mia stessa persona era immisurabile. La voce di strada dice che uno con questa roba ci è rimasto secco, steso sul pavimento del bagno senza vita, ma a me poco importava.

LOUIS' POV

Non andavo mai a ballare in settimana, ma quella sera volevo solo non pensare, dimenticarmi di tutto per qualche ora, Eavy non ci pensò due volte ad accettare.
Ci stavamo avviando verso l'uscita quando I miei occhi furono attirati dalla figura sul cubo, I capelli biondi si muovevano seguendo il corpo reso ancora più attraente dalla luce psichedelica movimenti spinti miravano all'attenzione del pubblico maschile -Tommo andiamo o no? - qualcosa mi tirò la maglia e tornai a prestare attenzione alla mora che mi fissava in cerca di una risposta, il mio sguardo si alternava tra le due, quando una luce bianca non si proiettò sulla bionda illuminarle il volto, era davvero lei? -Tommo!- la voce era ovattata dalla musica alta, Eavy aspettava ancora una risposta -tu vai- gli dissi indicandole la porta -ti raggiungo dopo- lei sbuffò irritata mentre io mi intrufolavo tra la folla a recuperare Brittany.

Just Another Sunny Day [Louis Tomlinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora