1º capitolo

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Sorrido, perché finalmente ce l'ho fatta.

Mi chiamo Greta, ho diciotto anni e sono nata e cresciuta in una delle città più belle del mondo, Milano, ma, per quanto la amassi, il mio sogno è sempre stato quello di trasferirmi in Russia, sogno che ho condiviso da sempre con Asia, la mia migliore amica. Conosco Asia dai tempi delle scuole elementari, abbiamo fatto amicizia sin da subito, lei è sempre stata la sorella che non ho mai avuto: suo padre è russo, quindi è cresciuta sentendo raccontare delle storie pazzesche che poi riportava a me, e non ci ha pensato due volte quando, dopo la maturità, si è subito trasferita, mentre io ho dovuto aspettare qualche mese, ma finalmente oggi ho potuto raggiungerla.

Dopo aver superato tutti i controlli e aver fatto tutto, raggiungo l'uscita dell'aeroporto. Cammino mentre scrivo un sms ad Asia per dirle che tra poco sarò lì, lei si scusa per il fatto che non è riuscita a venire a prendermi, e subito dopo cerco su Google Traduttore come si fa a dire al tassista dove devo andare. Di colpo vado addosso a qualcosa di duro, il mio cellulare cade a terra e sto per cadere anche io, quando due mani si posano sui miei fianchi evitando che io cada. Alzo lo sguardo e i miei occhi incrociano degli occhi grigi. Sono freddi, non traspare nessuna emozione. Il ragazzo mi guarda con aria assente, come se non fosse successo niente. Un ragazzo di fianco a lui mi guarda e mi dice qualcosa di incomprensibile.

Oddio, che cosa mi sta dicendo?

Sono nel panico più assoluto, non ho idea di cosa dire. Sono tre ragazzi e tutti e tre mi guardano aspettando una risposta. Uno dei tre si piega a prendere il mio cellulare e me lo porge. Anche lui mi dice qualcosa di incomprensibile.

Okay, devo stare calma.

È chiaro che avrei almeno dovuto imparare le basi di questa splendida lingua, ma ho avuto così tanto da fare che non mi è parso un grosso problema... fino ad oggi.

«G-grazie.» dico, anche se sono consapevole che non mi capiscono.

«Sei italiana... per questo non rispondi.» sussurra il ragazzo che poco fa mi ha sorretta.

«Sì.» rispondo sorpresa.

Mia madre mi ha detto spesso di andare a fare qualche corso della lingua russa, ma io volevo concentrarmi solo sulla scuola, sono stata una stupida.

Sorrido, imbarazzata, visto che tutti e tre mi fissano con sguardo serio. Sposto un attimo lo sguardo per guardarmi intorno e quando lo riporto su di loro noto che mi stanno ancora guardando. Lo sguardo del tizio che ha parlato italiano e che mi ha sorretta percorre tutto il mio corpo e si sofferma sui miei occhi: è un bel ragazzo, lo sono tutti e tre. Il mio telefono inizia a squillare, nel vedere che si tratta di Asia rispondo all'istante, ma non è chiaro ciò che mi dice, per cui attacco e le scrivo che non capivo niente. Scrive che devo raggiungerla davanti ad un ristorante, ma è tutto così complicato che, l'unica cosa che mi viene in mente di fare, è chiedere aiuto a questo ragazzo che parla la mia lingua.

«Scusami, io... dovrei andare a questo ristorante. Se fermassi un taxi potresti dirlo al taxista, per favore?» gli chiedo arrossendo leggermente.

«È uno di ristoranti di suo padre. Andiamo anche noi, vuoi passaggio?» mi chiede il ragazzo che prima ha raccolto il mio telefono.

Che faccio? Dico di sì?

È una fortuna che io abbia incontrato subito delle persone che parlano la mia lingua e che stiano cercando di aiutarmi, non voglio mettermi in testa che sono persone cattive. Sono stanca, voglio soltanto arrivare da Asia, mangiare e poi mettermi subito a dormire.

Annuisco leggermente, anche se non completamente convinta, e i due ragazzi prendono le mie valigie, mentre quello dagli occhi grigi si gira e inizia a camminare verso l'uscita. Li seguo tutti e tre scrivendo ad Asia che sto uscendo dall'aeroporto e ci fermiamo davanti ad un'auto nera a cinque porte, salgo dietro insieme a quello che ancora non ha detto una parola, quindi ancora non so se parli italiano come i suoi amici, mentre "occhi grigi" si siede al posto di guida e quello che mi ha offerto un passaggio al suo fianco.

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