40º capitolo

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Stiamo camminando da un po', credo che tutti stiano iniziando a pensare che quest'uomo non sappia nemmeno dove ci sta portando, oppure potrebbe essere una trappola. Il signor Grubov prova a dirgli qualcosa, ma l'uomo non ha intenzione di fermarsi o di girarsi a guardare, no, continua per la sua strada come se nulla fosse, mentre il cane sta davanti a lui e scodinzola, iniziando a correre verso quella che, in lontananza, sembra una vecchia casa. Le case poste nel bel mezzo del nulla mi hanno sempre fatto paura, ma questa sembra... diversa. Da lontano vedo una signora che tiene tra le mani qualche pezzo di legna, la porta in casa e, quando esce, il cane arriva davanti a lei che lo accarezza sorridente. Nel momento in cui alza lo sguardo e vede l'anziano sorride, ma il sorriso si spegne quando vede tutti noi.

Che cosa ci facciamo qui?

I due iniziano a parlare, e lei sembra tranquillizzarsi subito sorridendo a me... non capisco come possano conoscermi.

«Cosa dicono?» chiedo a Konstantin, che ringrazio per non avermi mai lasciato la mano.

«Non...» sussurra, non finendo la frase, e voltandosi subito a guardare verso gli altri.

Cosa succede?

Tante volte mi sono pentita di non aver imparato il russo prima di trasferirmi qui, ma mai più di ora, perché se almeno lo capissi capirei che cosa stanno dicendo quei due, invece di aspettare che qualcuno traduca, visto che sembrano tutti così sorpresi e... senza parole, da non riuscire a dire niente. E poi succede qualcosa di totalmente inaspettato: alle spalle della donna, dalla vecchia casetta, esce qualcuno di così vero da non poter essere un fantasma. Lui non sembra poi così tanto sorpreso di vederci qui, si aspettava il nostro arrivo, ma... noi lo credevamo morto, non ci aspettavamo di sicuro di trovarlo vivo in una casa in mezzo al bosco con due anziani e un cane. Lui è vivo, lui sta bene, lui non è sepolto chissà dove, non è stato divorato dagli animali, non sembra nemmeno essere stato ferito. Oh mio Dio...

Ma cosa ci faccio ancora qui?

Allarga le braccia come se si aspettasse che io corra da lui, lascio la mano di Konstantin e gli corro in contro, lui mi solleva e mi stringe forte a sé mentre io mi lascio andare ad un pianto isterico dovuto al fatto che nemmeno per un attimo io abbia pensato alla possibilità che lui potesse essere vivo, ma ho creduto che avesse davvero potuto lasciare me e Miroslav.

«Non abbandono famiglia...» sussurra, sorrido tra le lacrime e lo stringo ancora più forte.

Se fosse davvero morto sarebbero cambiate tante cose, invece sta bene e non cambierà nulla, se non qualcosa alle persone che ci hanno fatto credere che fosse morto.

Qualcuno si aggiunge al nostro abbraccio, non è difficile capire che si tratta di Miroslav, il quale, ora, si lascia andare finalmente alle emozioni e piange, felice che suo figlio stia bene, felice che ora potremo davvero essere la famiglia unita che tutti e tre abbiamo sempre immaginato. È un sogno, in pratica: un sogno che si avvera. I due iniziano a parlare in russo, e poco dopo Miroslav va a parlare con i due anziani, stringendo ad entrambi la mano.

«Avevano detto al signor Grubov che eri morto, siamo venuti qui per cercare... che cos'è successo, Pavel?» gli chiedo allontanandomi per guardarlo negli occhi.

«Mi hanno colpito a testa, in casa di genitori di Svetlana, e poi hanno portato qui. Non so cosa successo, hanno sparato.» alza la manica facendomi vedere che è stato preso di striscio: «Ma io ero addormentato. Loro hanno sentito sparo e dopo che quelli sono andati via mi hanno portato qui, mi sono svegliato in casa, ma non sapevo come tornare perché è lontani e loro non hanno macchina.» mi spiega.

Quindi... queste due persone lo hanno salvato, perché mentre era ancora addormentato lo hanno portato a casa loro e lo hanno curato, e lui deve avergli parlato di me, per questo mi conoscevano, e magari avergli fatto vedere una delle nostre foto.

Sono così felice e sollevata per il fatto che stia bene, che ora non mi importa di nient'altro se non di lui.

«Ho capito che c'è cosa più importante di Svetlana o di amore... ed è famiglia. Tu e papà siete cose più importanti per me e se devo perdervi uccido chiunque fa male a voi.» è una cosa molto dolce quella che ha appena detto, sorrido quando mi avvicina velocemente a sé per abbracciarmi di nuovo.

«Anche io ucciderei chiunque vi facesse del male.» sussurro al suo orecchio.

Questa è la classica storia che ha un lieto fine, perché non torneremo a casa con la sua salma come pensavamo, ma con lui che si siederà sul sedile in auto con noi e che non ci lascerà mai più.

Mi giro a guardare Konstantin che si avvicina a noi, lui non è tipo da abbracci, infatti allunga il braccio verso Pavel e i due si stringono la mano, cosa che trovo comunque dolce.

«Stai tranquillo, con o senza tua presenza lei è sempre al sicuro.» gli dice Konstantin parlando di me.

«Lo so, ma è meglio con mia presenza.» gli risponde lui facendomi ridere.

Forse non siamo cresciuti insieme, non abbiamo nessun ricordo del passato insieme, ma dal giorno in cui ci siamo conosciuti al giorno della nostra morte ne creeremo degli altri, perché affronteremo ogni cosa insieme come due fratelli.

Ci sono tante cose che ora dovrò fare, tra il matrimonio, la casa e tutto il resto, ma per ora voglio solo godermi il tempo con Pavel e con Konstantin, con Miroslav... che sono soltanto tre delle alcune persone ad avermi promesso di non abbandonarmi, ma le uniche ad aver mantenuto questa promessa. Pavel ha ragione: non esiste niente di più importante della famiglia, e loro me lo hanno dimostrato, quindi io cercherò di dimostrare lo stesso a loro, perché, nonostante tutto, sono stati gli unici a volermi bene e a farmi sentire parte di qualcosa per la prima volta.

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