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« Ayo, amico » disse.

Era un monotono lunedì per gli abitanti della opulenta città del Cleveland, nel Ohio. Soggiunse quel che era il mese autunnale di ottobre; periodo immensamente amato dalla gentaglia solita a festeggiare Halloween. Si ritenevano pronti per il "dolcetto scherzetto". Pronti a bussare, avvolti dagli stravaganti costumi, alle porte immacolate dei popolati quartieri americani.
Per le stradine, sull'asfalto grigio, per i parchi, sulle panchine di legno marcio andavano a posarsi, come i fiocchi di neve in un giorno di gelo, foglie secche divenute sulle tonalità del giallo o di un marrone come i grossi tronchi d'albero. Era un tripudio di colori caldi che costrastava la temperatura bassa. Ed esse, cadevano uno ad uno, con malgarbo, dagli alberi, i cui rami sottili, come il filo di vento che sopirava sui passanti, ben presto sarebbero rimasti completamente nudi.

L'aria odorava di autunno.
I cittadini, che camminavano per le sue vie incessanti, venivano inebriati dal gradevole profumo.
O meglio, venivano corrotti dall'odore di castagne bruciacchiate, le quali, a solo tenerle fra le mani infreddolite, scottavano bruciandoti.

La scuola; la prigione per i nostri studenti, era solamente cominciata da un mese, ma quest'ultimi – in particolar modo i seniors – sembravano non poterne più. Desideravano terminare il liceo il più presto possibile poiché fossero anni della loro vita ritenuti, apparentemente, i più tossici e stressanti. E infine frequentare il college dei propri sogni oppure quello nel quale erano stati accettati per puro caso.

Lee Felix, di fatto, era uno di quei innumerevoli senior abituati a lamentarsi di qualsiasi cosa. Era un ragazzo che aveva sempre qualcosa da dire sebbene non fosse il momento adatto. Frequentava la Johnson Cl. High school e l'anno cominciato sarebbe stato il suo ultimo da senior assieme ai suoi due migliori amici: Han Jisung e Yang Jeongin.

Nato nel Sidney, Lee, era un adolescente di diciotto anni. Teneva una capigliatura biondo dorato, con delle timide lenteggini sulle guance, che conferivano al suo viso, unicità. Particolare.
Gli occhi color miele, a forma del frutto del mandorlo, erano eleganti. E le sue labbra rosacee, sensuali. Non si reputava un ragazzo dolce, sensibile, gentile, anzi, la sua bocca, irrimediabilmente, schietta non voleva mai stare chiusa. Se qualcosa non gli andava bene, non si faceva alcun problema a dire la sua.
Non era un tipo violento, ma nel caso qualcuno gli avesse messo le mani addosso, non lo avrebbe risparmiato.

La famiglia coreana si era trasferita in Ohio diversi anni fa, ma il padre, per seri motivi di lavoro, era dovuto, (ancora per una volta), rimanere nello stato del Washington.

La madre, invece, era da sempre stata la direttrice di una famosa azienda pubblicitaria. Insomma un lavoro abbastanza impegnativo che l'aveva sempre tenuta occupata per ore e giornate intere. Il tempo trascorso con il suo unico figlio, non era sufficiente. Detto brevemente, il biondo, sin dall'infanzia, aveva ricevuto poco amore e affetto da entrambi i genitori.
Per tali ragioni, spesse volte il bambino si era ritrovato solo soletto a stare a casa con una babysitter. Anche durante qualche festività importante, quali il Natale o il Thanksgiving. Oppure addirittura durante il giorno del suo compleanno.

Non aveva mai chiesto la luna.
Aveva solamente voluto fare quelle semplici cose che le famiglie comuni e normali erano abituate a fare insieme.

Che merda.

Ma ormai ne aveva fatto l'abitudine.

Ma tornando ad ora, il ragazzo stava sdraiato, comodo, sul suo letto ricoperto dalle grigie lenzuola. Colore neutro che d'altronde, andava a ricoprire varie parti della sua camera.
Era occupato a parlare al telefono con un suo amico.

DISTANT STRANGERS, HYUNLIX Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora