Sconosciuto

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Non era una giornata come le altre. Lo avevo capito immediatamente che qualcosa non andava.
Il mio corpo lo aveva percepito subito, nell'istante in cui avevo messo piede in aula.

Nessuna solita ricorsa mattutina dal cancello allo sgabuzzino come di solito accadeva, quindi nessun pugno in faccia o calci nello stomaco.
Niente spinte mentre scendevo le scale.
Niente sparizioni insolite.
Niente scritte offensive.
Nulla di nulla.
Ero inquieto.

John è i suoi sgherri erano presenti, ma non mi avevano nemmeno rivolto la parola.
C'era qualcosa di strano, che mi spaventava a morte.

Possibile che volessero smettere? Forse avevano capito che sbagliavano. Forse si erano pentiti.
O forse aspettavano il momento migliore per colpire... Poteva anche essere, possibile che aspettassero che io abbassassi la guardia?

Deglutii, la salivazione era quasi a zero.
Il cuore batteva come un disperato.
Avevo il timore che sarei svenuto da li a poco.

La lezione di matematica procedeva in silenzio.
La professoressa era alquanto stupita, come me e tutti i miei altri compagni di classe dal comportamento di John, normalmente faceva di tutto per interromperla, tirando gomme tra i capelli delle ragazze per farle infuriare o facendo battute su di me cercando di umiliarmi davanti a tutti.

"John, stai bene? Oggi hai deciso finalmente di mettere la testa a posto?"
I nostri compagni risero alla battuta della prof.
Io non riuscivo ancora del tutto a rallegrarmene, perciò rimasi immobile al mio posto senza dare nell'occhio.
John si limitò ad alzare il capo, che teneva incastrato tra le sue muscolose braccia.

"Quindi? Non è forse meglio per lei? Continui la lezione, no? È non mi rompa le palle!" Il suo volto era... Stanco.
Come di chi non aveva chiuso occhio durante la notte.
Aveva due borse marcate che facevano apparire il suo sguardo ancora più duro e cattivo.
Ritornò nella sua posizione di prima ignorando la prof che lo rimproverava per il linguaggio usato.
Decisamente quel ragazzo aveva qualcosa che non andava.

Suonò la campanella che annunciò la fine delle lezioni.
Preparai la cartella con il cuore in gola perché John era ancora in classe.
Di solito usciva prima, per tendermi qualche trappola.
Questa volta invece, rimase immobile con il cellulare tra le mani.
Varcai la soglia dell'aula mettendo lo zaino in spalla, per poi precipitarmi all'uscita.

"Aspetta!" Il bidello richiamò la mia attenzione sventolando la mano avanti e indietro in un chiaro gesto che mi invitava ad avvicinarmi.

"Mi dica." Mi sorrise porgendomi un registro blu, che presi senza esitazione tra le mani.

"Visto che stai andando verso l'uscita, potresti portarlo alla palestra e appoggiarlo nel cassetto della cattedra? Ho un sacco di roba da fare e non ne ho proprio il tempo mi faresti un enorme piacere."
Annuii, prima me ne andavo da li, meglio era.
"Grazie ragazzo!"

Mi misi in cammino, infondo avrei fatto un giretto in più, nulla di che. Passai per il giardino ormai vuoto sorpassandolo.
La palestra era in un angolo, grande e molto curata, di un blu elettrico.
Il restauro aveva dato i suoi frutti.
Era una meraviglia.

Entrai, avvistando subito la cattedra che si trovava in mezzo tra i due spogliatoi ormai chiusi a chiave.
Aprii uno dei cassetti e lasciai il registro all'interno come mi era stato detto.
Diedi un occhiata anche al campo da basket, senza entrare.
Era vietato senza le scarpe da ginnastica.
E io ero fin troppo ligio alle regole per trasgredirle.

Mi affacciai per poi rimanere basito.
Era diventato ancora più grande di quanto mi ricordassi.
Il campo da basket era qualcosa di strepitoso.
Anni fa giocavo molto spesso, ma visto che i miei dicevano che trascuravo lo studio con quel inutile sport, decisi di mettere anche li la parola fine.
Guardai anche le scale che portavano alla piscina coperta, odiavo l'acqua, da piccolo quasi annegai trasportato dalla corrente.
Mi vennero i brividi al ricordo del terrore che provai.
Uscii, avevo perso anche fin troppo tempo vagando tra i ricordi...

MedicinaWhere stories live. Discover now