Capitolo 19: In giro per Pasadena

301 15 20
                                    

Uscimmo dal Cheesecake Factory subito dopo aver pagato il conto. Leonard salutò Penny con il suo solito sorriso da ebete stampato in viso e, appena fummo fuori dal locale, notai il colore delle sue guance: queste avevano nuovamente acquisito delle sfumature tendenti al rosso. Se all'interno del ristorante ne avevo quasi la certezza, arrivati lì fuori ne ero totalmente sicura: Leonard era follemente innamorato di Penny.
E già me li immaginavo lì, davanti all'altare, in attesa di essere legati dal magico vincolo del matrimonio. Li vedevo proprio bene insieme, ma forse stavo correndo troppo con la fantasia.
Chiudendo questa parentesi, l'aria fresca primaverile ci pervase appena fummo all'aperto. Non fu affatto una sensazione spiacevole, anzi. Era bello poter respirare a pieni polmoni un pò d'aria fresca dopo un'ora e mezza passata in un ambiente chiuso.
Nonostante fossero le 21:00 passate, la notte non era ancora del tutto calata. E vi assicuro, si stava divinamente. Il livello di fresco non fu così elevato per poter patire del vero e proprio freddo e non faceva affatto caldo.
Insomma, era il clima ideale per poter passeggiare tranquillamente senza alcun problema.
Leonard mi chiese di stargli dietro e io obbedì senza esitare. Camminammo in silenzio per una decina di minuti, percorrendo un semplice marciapiede. Alla nostra sinistra vi erano locali, negozi e portoni che davano su vari condomini, mentre alla nostra destra vi era la classica strada, con macchine che sfrecciavano ogni tre per due davanti ai nostri occhi.
Il primo a proferire parola fu Sheldon, il quale richiamò la nostra attenzione fermandosi al primo svincolo che portava in centro città.
"Già che siamo qui, gradirei se mi fosse concesso fare quale acquisto in fumetteria. Sareste così cortesi da accompagnarmi?"
"Sheldon, non penso proprio che alla bambina interessino i fumetti" rispose Leonard, rifiutando la sua proposta.
"E perché mai non dovrebbero piacergli? Solo perché si tratta di un essere umano di genere femminile?  E comunque, ti voglio far notare che questa sera sono qui poichè sono stato costretto ad uscire di casa contro la mia volontà. Ti ho seguito, ho mangiato un piatto non idoneo al venerdì sera e ti sono stato dietro durante tutta la tua fantomatica cenetta in famiglia, nonostante avessi avuto la possibilità di andarmene in qualunque momento. Ho fatto tutto ciò che volevi tu e credo, anzi sono sicuro, che arrivati a questo punto sia opportuno dare un briciolo di spazio alle mie scelte, non trovi?"
Leonard abbassò lo sguardo. Ci pensò su per qualche secondo. Sospirò, ritornò a guardare Sheldon negli occhi e gli disse:
"D'accordo Sheldon. Hai vinto. Facciamo così allora: io porto in giro la bambina. Tu vai in fumetteria o dove diavolo vuoi e ci rivediamo alla macchina per le 23:00, ok?"
Anche Sheldon dovette pensare qualche attimo alla proposta di Leonard, prima di poter rispondere.
"Sarebbe stato più divertente se mi avessi accompagnato. Però, fa lo stesso. Passa pure il resto della serata con la bambina. Io probabilmente starò tutto il tempo in fumetteria a curiosare tra le nuove uscite e a conversare con Stuart."
Trovato il punto d'incontro che avrebbe accontentato tutti, ci scambiammo un segno di saluto e prendemmo strade diverse. Sheldon si inoltrò in un ulteriore vicolo presente sulla nostra destra, mentre io e Leonard decidemmo di percorrere la strada situatasi davanti a noi.
Più andavamo avanti e più ci inoltravamo nel centro della città.
Le vie erano molto animate e colorate: c'era un costante via vai di gente e non mancarono certo i migliaia di negozi o locali ancora aperti a quell'ora. Sarebbe stato bello entrare in qualche negozio per poter curiosare il più possibile, ma l'intenzione di Leonard non sembrava affatto quella di girare per negozi.
Mi fu pure negata la possibilità di entrare in un negozio a tema Disney che avevo notato per puro caso. Chiesi a Leonard se potevamo soffermarci per dare un'occhiata, ma quest'ultimo mi disse che purtroppo non era il momento. Però, mi promise che mi ci avrebbe portata il prima possibile. Fidandomi delle sue parole, non insistetti affatto e continuai a camminare al suo fianco, facendo attenzione a non perdermi tra la folla.
Usciti dalla via commerciale o comunque dal centro storico, ci ritrovammo nuovamente sulla strada. Notai alla mia sinistra, e soprattutto in lontananza, una distesa di montagne particolarmente alte.
Leonard mi spiegò che si trattavano delle San Rafael Hills e delle San Gabriel Mountains.
Riguardo a quelle catene montuose imparai diverse cose: come, per esempio, che la loro altezza superava addirittura i tremila metri; oppure che la loro particolarità fosse il fatto che fossero costellate di rocce di granito.
Mi spiegò inoltre che il nome della città, ovvero Pasadena, deriva dalla lingua indiana locale e significa per appunto "valle".
Non si risparmiò neanche nel spiegarmi che Pasadena si tratta della nona più grande città della contea, con circa 143.000 abitanti.
Nel mentre ascoltai quelle nozioni, mi venne da pensare solo ed esclusivamente ad una cosa: come mai in tutti quegli anni non avevo mai avuto la possibilità di vedere o comunque di scoprire quel meraviglioso posto in cui avevo sempre vissuto? Più si faceva vivido questo pensiero e più mi rendevo conto di quanto la mia fuga dall'orfanotrofio avesse cambiato in meglio la mia vita. Se non fossi scappata, probabilmente non avrei mai neanche immaginato tutte quelle belle cose. Anche perché: chi avrebbe mai adottato una bambina come me? Ero considerata come la pecora nera del gregge e nessuno mi voleva. Ma alla fin fine, che importava? Il mio posto oramai l'avevo già trovato.
Ad ogni modo, Leonard mi tenne stretta la mano mentre attraversammo la strada.
Dopo aver sceso una piccola scaletta, ci ritrovammo all'interno di un parco molto carino. Il sentiero da percorrere era una sorta di percorso ad anello e, al centro di esso, vi era un'enorme lago, dentro al quale nuotavano anatre e cigni che parvero indisturbati dal continuo camminare della gente. Oltre al sentiero, c'era un bellissimo tappeto erboso che circondava il lago. Molte persone erano sedute sopra di esso: c'era chi si rilassava, chi mangiava, chi conversava... Insomma, la vita certamente non mancava.
Iniziammo a camminare, mentre continuai a guardarmi intorno estasiata.
"Ti piace cucciola?" mi chiese Leonard di punto in bianco.
"Si zio Leonard! È bellissimo!"
"Sono contento. Allora, spero che tu abbia tenuto un pò di spazio per il dolce. Vorrei farti mangiare qualcosa di molto amato da chi solitamente è abituato a passeggiare in questa zona"
"Non vedo l'ora di scoprire cos'è, zio Leonard!" risposi io entusiasta.
Continuammo a passeggiare intorno al lago, fino a quando non ci ritrovammo davanti ad una specie di chiosco. Ci avvicinammo ad esso: fortunatamente in quel momento eravamo le uniche persone intente ad ordinare quella specialità di cui Leonard mi parlava fino a pochi minuti prima.
"Una crepes con la nutella, per favore" chiese quest'ultimo al venditore.
Crepes? Nutella? Ma cosa diavolo erano? Non conoscevo ancora questi alimenti e, credetemi, per giorni avevo continuato a pensare che si trattassero di squisitezze locali.
Più che domandare cosa fosse questo dolce, guardai con occhi spalancati il venditore mentre lo preparava: inizialmente, aveva versato su una piastra riscaldata una sorta di pastella gialla e, quando questa si fu solidificata, l'aveva fatta rigirare più e più volte con una spatola. Prese poi un barattolo contenente una crema marrone molto simile al classico cioccolato sciolto. Con un cucchiaio, prese parte di quella crema e la versò sulla pastella. Appena il cioccolato si fu ulteriormente sciolto, riprese la spatola e piegò il tutto, formando una sorta di fagottino triangolare.
Dopo un'ultima spolverata di zucchero a velo, il dolce venne inserito dentro un contenitore in cartoncino e mi venne poi consegnato.
"Zio Leonard, tu non prendi niente?" chiesi io, notando che era rimasto a mani vuote.
"Purtroppo questi dolci non li posso mangiare. Sono intollerante al lattosio. Non è niente di grave, tranquilla. Piuttosto, che ne dici se ci sedessimo sul prato e guardassimo il panorama? Così perlomeno puoi mangiare in santa pace."
Accettai la sua proposta e ci sedemmo su quella parte di tappeto erboso situatasi davanti a noi. Mentre fissai con gioia quel meraviglioso lago, addentai la fantomatica crepes alla nutella. Che vi devo dire lettori miei, è inutile che vi spieghi cosa provai in quel momento: avete presente quando voi stessi avete assaggiato la nutella per la prima volta? Ecco, io mi sentivo proprio così.
"Ti piace Valentina?" mi chiese Leonard sorridendomi.
"Molto. Grazie ancora, davvero" risposi io, dando un altro morso alla crepes.
"Bene, ne sono lieto".
Si mise poi a guardare il lago e, senza distogliere lo sguardo, mi disse:
"Devi sapere che questo luogo possiede un significato molto importante per me. Mi ci rifugiavo ogni volta che volevo stare lontano da Sheldon quando ancora non conoscevo Howard, Raji o Penny. Sto parlando di sette/otto anni fa, sai?"
"Ma se volevi stare lontano da lui, per quale motivo hai continuato a viverci assieme?" chiesi io, non capendo assolutamente questo fattore.
"Beh, per fartela breve, quando arrivai qui per la prima volta, avevo assolutamente la necessità di sistemarmi il prima possibile. E andare a vivere con Sheldon fu l'unica opzione che mi avrebbe permesso di trovare una casa entro quella sera stessa. Il prezzo dell'affitto era conveniente, lui cercava un coinquilino e nessuno aveva ancora accettato di convivere assieme a lui. Inizialmente pensai di essere stato il primo ad interessarsi alla sua offerta. Ma più passavano le ore e più mi rendevo conto che in realtà la situazione non fu affatto come la immaginavo: nell'esatto momento in cui mi stetti per trasferire, incontrai l'ex inquilino di Sheldon al piano terra del nostro condominio. Lui mi lanciò il primo campanello d'allarme, invogliandomi ad andarmene prima che fosse troppo tardi. Come potrai immaginare, non lo feci. Ovviamente di campanelli d'allarme ce ne furono molti altri: il contratto tra coinquilini, le regole assurde che mi vennero spiegate, i tre test d'ingresso che mi fece prima di farmi entrare nella mia camera..."
"A me però non ha fatto alcun test d'ingresso" interruppi io il suo discorso, facendo notare questo particolare.
"Non l'ha fatto per un paio di motivi: in primis, sei ancora troppo piccola. E in secundis, sono io che ho deciso di ospitarti in casa nostra e di prenderti sotto la mia custodia. Non è stata una decisione presa principalmente da te. In quel caso, sarebbe stato un discorso diverso. Comunque, ti dicevo: durante la convivenza con lui, ho avuto molte ragioni per potermene andare definitivamente. Ed è anche per questo motivo che durante i primi tempi, piuttosto che compiere un gesto così drastico, venivo a passare il tempo in questo parco. La situazione migliorò quando conobbi Howard e Raj, nonostante non sopportassero il mio inquilino per ovvie ragioni. Un giorno, però, Sheldon fece qualcosa che stupì tutti noi: ci salvò letteralmente la vita."
"Sul serio?" domandai io, dopo aver dato un ulteriore morso alla crepes.
"Altroché. Non ti starò a spiegare nei dettagli, ma sappi che per via di un esperimento fallito, io, Howard e Raj creammo erroneamente una sorta di bomba ad orologeria che ci avrebbe uccisi tutti. Prima che potesse esplodere, Sheldon prese di peso il nostro esperimento, lo buttò nell'ascensore, chiuse quest'ultima e rientrò  in casa come se nulla fosse. Non ci denunciò alla polizia e non chiamò nemmeno gli assicuratori per via del danno causato all'ascensore stessa. Ma ciò non ha molta importanza. Quello che conta è che, se non fosse stato per lui, probabilmente io non sarei ancora qui. Ed è per questo che da quel momento in poi ho sempre avuto la certezza di rimanere in quella casa, nonostante il carattere insopportabile del mio coinquilino"
"Ed è per questo che adesso l'ascensore è fuori servizio?" chiesi io con curiosità.
"Esatto bimba" mi rispose Leonard sorridendomi.
Il resto della serata, lo passammo seduti su quel prato, a parlare di quanto fossi rimasta stupita del gesto compiuto da Sheldon, del concetto della parola "fuori servizio", che non mi era ancora del tutto chiaro. Oppure, ad un certo punto, conversammo sulla meravigliosità di quei cigni che nuotavano davanti a noi.
Tra una chiacchiera e l'altra, non mi resi nemmeno conto che il tempo stava scorrendo. E anche troppo velocemente.
Me lo fece notare Leonard, il quale, guardando il suo orologio da polso, esclamò:
"Oh cavolo. Sono le 22:32. Diamine, come passa il tempo quando ci si diverte. È arrivata l'ora di ritornare alla macchina. Forza, muoviamoci, prima che lo zio Sheldon ci rinfacci il nostro ritardo."
"Che palle! Era così bello stare qui!" risposi io scazzata, per nulla vogliosa di ritornare a casa.
Leonard mi fissò successivamente con aria severa:
"Modera il linguaggio, signorina. Anche io stavo bene seduto su questo prato, ma si da il caso che domani determinate persone debbano alzarsi presto per poter andare al lavoro. Quindi, adesso vieni a casa senza fare storie. E finisci la tua crepes mentre camminiamo. Se ti dovesse vedere Sheldon, probabilmente non ti farebbe neanche salire in macchina con in mano quella cosa. E non ne sarebbe affatto contento."
In effetti, in mezzo ai vari discorsi, mi ero totalmente dimenticata di finire il mio dolce. Mi scusai con Leonard e iniziai a camminare, cercando di mangiarlo tutto il prima possibile. Buttai il cartoncino nel primo bidone che mi capitò a tiro e, in poco tempo, ci ritrovammo davanti alla macchina. Sheldon ci raggiunse poco dopo, alle 23:00 spaccate. Ci scambiammo un saluto ed entrammo nell'autovettura. Durante il viaggio, rimasi totalmente in silenzio a guardare il panorama dal finestrino, mentre Leonard e Sheldon parlarono per lo più di fumetti o di supereroi. Non sto a spiegarvi nel dettaglio cosa si dissero. Anche perché, non li ascoltai affatto.
Il viaggio di ritorno parve molto più breve rispetto a quello dell'andata. E in pochi minuti, ci ritrovammo nuovamente nel nostro salotto. Chiesi a Leonard se mi poteva raggiungere in camera, ma Sheldon si mise in mezzo, senza dargli il tempo di rispondere:
"Leonard, necessito di conversare con te in privata sede. E gradirei che la bambina stesse fuori dai piedi."
Sempre a rovinare tutto, mi venne da pensare....
"Va bene Sheldon. Ascolta piccola..." iniziò Leonard rivolgendosi a me:
"Non ci metterò molto. Tu intanto vai a lavarti i denti e mettiti il pigiama. Gli spazzolini di riserva si trovano nel primo cassetto a destra sotto al lavandino. Dai, tornerò giusto in tempo per poter darti il bacio della buonanotte"
"Ma io al momento non ho più un pigiama. Ho lasciato la tua maglietta da Penny mentre mi provavo queste cose che mi ha regalato. Tra l'altro, il resto dei vestiti è rimasto a casa sua" feci notare io.
"Vorrà dire che domani passerò a casa di Penny per ritirare il resto degli indumenti che ti ha donato. Forza, ubbidisci. Tra poco sarò da te. Te lo prometto. E per quanto riguarda il pigiama, puoi usare tranquillamente un'altra delle mie magliette. Non importa quale."
"Grazie zio Leonard. Buonanotte Sheldon" dissi io, voltandomi poi verso di lui.
"Buonanotte Valentina" ricambiò quest'ultimo.
Se pensate che mi misi subito ad obbedire e a fare la brava bambina, vi sbagliate di grosso.
Ero incredibilmente curiosa di sapere tutto ciò che comprendeva quella conversazione e volevo capire il motivo per il quale io non potevo essere presente.
Quindi, feci finta di entrare in camera di Leonard sbattendo la porta e mi misi ad origliare dal corridoio.
Leonard e Sheldon, dopo essersi accomodati sul divano, iniziarono a parlare.

My Strange LifeWhere stories live. Discover now