Capitolo 7: Ingenuità giovanile

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Dopo aver mangiato e gustato quella buonissima colazione al fatidico sapore di "nulla totale", appoggiai la tazza e il cucchiaio sul tavolino in vetro e successivamente, come mi era stato ordinato, mi sdraiai dalla parte destra del divano. Per almeno un quarto d'ora rimasi tranquilla, ma sapete benissimo anche voi che non è possibile tenere fermo un bambino di sei anni per un lungo lasso di tempo. Sheldon si era nuovamente messo al computer e più passavano i minuti, maggiore era la mia voglia di scendere da quel divano e di giocare in una qualsiasi maniera.
Ad un certo punto, annoiata da morire, iniziai a richiamare l'attenzione dell'unica persona che in quel momento era lì in mia "compagnia".
"Sheldon, Sheldon, Sheldon, Sheldon, Sheldon...."
"COSA VUOI?!" mi urlò contro con tono esasperato girandosi verso di me, non prima di aver tirato un'unica sberla con entrambe le mani sulla scrivania situatasi davanti a lui.
Con occhi sbarrati per via dell'inaspettata e allo stesso tempo scontata reazione, gli risposi con voce leggermente sommessa:
"Mi annoio"
"E sentiamo, cosa dovrei farci io se adesso stai provando un senso o motivo di malessere interiore, connesso a una prolungata condizione di uniformità e monotonia e talvolta associato a impazienza, irritazione o disgusto? Ti ho già preparato la colazione soddisfando l'appetenza che provavi fino a pochi minuti fa e come ti ho già affermato più volte questa mattina, ti ribadisco nuovamente che oggi devo lavorare e non ho tempo per poter farti da babysitter. Te lo sottolineo una volta per tutte e vedi di farti entrare in testa questo concetto: lasciami in pace!"
"Ma io volevo solo trovare qualcosa da fare..."
"Ti informo che alcuni ricercatori hanno dimostrato che non solo lo stato di noia facilita l’entusiasmo e l’attenzione verso gli stimoli che vengono a interromperlo, favorendo la creatività, ma anche che quanto più lo stato di noia è intenso tanto più la creatività ne trarrà. Quindi puoi ritenerti ampiamente fortunata".
Emisi un piccolo lamento di protesta e Sheldon emise a sua volta un forte sbuffo. Successivamente, mi rispose dicendo:
"Ma se l'unico modo per poter lavorare in santa pace è tenerti impegnata con qualcosa, per tua somma gioia accontenterò questo tuo desiderio".
Si alzò per la seconda volta da quella sedia e iniziò a cercare un qualcosa a me ancora sconosciuto all'interno del salotto.
"Sarebbe stato tutto più semplice se solo tu possedessi la capacità di saper leggere... Ma ovviamente sto chiedendo troppo, ne vero?" commentò Sheldon più a se stesso che a me, mentre stava ancora cercando quella cosa con cui farmi passare il tempo. Mi trattenni non poco dall'andargli davanti e tirare un calcio ai suoi gioielli di famiglia. Ciò che mi trattenne dal farlo fu però il discorso che mi fece Leonard la sera precedente; ovvero il non dargli ascolto nel caso mi avesse detto cose brutte.
"Ah, ho trovato!" esclamò Sheldon qualche attimo dopo. Tirò fuori da uno scaffale un binocolo e andò ad aprire la grande finestra in fondo al salotto. Con fare curioso mi avvicinai a lui e con poca grazia mi lasciò il binocolo tra le mani.
"Devi sapere mia piccola pargoletta appena cresciuta che esiste una leggenda che gira da anni tra le mura di questo palazzo: si dice che raramente si possa vedere qua intorno una creatura mistica conosciuta da pochi esseri viventi; ovvero il famigerato beccaccino.
Molti hanno già provato a dargli la caccia, ma dicono che sia un animale talmente sfuggente da non averlo mai potuto vedere appieno. Nessuno conosce il suo vero aspetto, quindi, il tuo compito di stamattina sarà quello di affacciarti qui alla finestra con questo bel binocolo in mano e cercare di identificarlo.
Forza labradoodle, datti da fare!"
Anche se raccontò il tutto con uno strano tono di voce (e con degli strani tic all'occhio sinistro), io ero contentissima all'idea di poter essere la prima persona a vedere un'animale che nessuno aveva mai visto. Stavo già immaginando quale aspetto potesse avere: quello di un unicorno o di un drago, oppure logicamente pensai che potesse trattarsi di un uccello, dato che il termine beccaccino contiene la parola becco nel nome. Pensai che si potesse trattare di una specie di fenice oppure addirittura di un grifone!
Il fatto di essere una credulona mi aveva portato ad amare incredibilmente tanto quell'inutile ricerca. Ringraziai Sheldon di tutto cuore e, prima di affacciarmi alla finestra e mettermi il binocolo davanti agli occhi, gli chiesi:
"Ma se non lo dovessi trovare?"
"In tal caso amplierai la tua cultura sulla flora e sulla fauna locale. Adesso, se non ti dispiace, torno alla mia ricerca e se vengo  disturbato un'altra volta, un essere umano presente in questa stanza potrà considerarsi di essere a rischio d'estinzione. E ti posso assicurare che quello non sarò io".
Compresi il messaggio di Sheldon e mi misi subito alla ricerca del fantomatico beccaccino.
Estasiata, rimasi lì a guardarmi intorno con il binocolo, pronta per catturare con lo sguardo la misteriosa creatura. Prima a sinistra, poi a destra, poi su e poi giù... guardai letteralmente dappertutto. Anche se davanti a me vedevo soltanto palazzi, monumenti e case, avevo la speranza nel cuore di poter avere un faccia a faccia con il beccaccino entro la sera stessa. E questo perché, nonostante tutto, credevo alle parole di Sheldon. Ammisi a me stessa che a tratti poteva essere incredibilmente irritante e fastidioso, però si trattava comunque di una persona adulta e ben acculturata. Perché non fidarsi, pensavo io. Ma non potevo affatto immaginare che pochi attimi dopo quella sua leggenda inventata da lui sul momento mischiata a quella inutile ricerca che stavo svolgendo (e alla mia ingenuità), mi avrebbero quasi portata a morte certa.
Ora mi spiego meglio: mentre ero esageratamente concentrata su ciò che stavo facendo, sentì un rumore strano provenire dalla mia sinistra. Si trattava di una specie di pigolio molto acuto e, girandomi verso quella direzione, vidi quella che fu la mia condanna. Sopra la nostra finestra vi era una specie di grondaia, la quale percorreva gran parte del palazzo. Per farvela breve, sotto questa grondaia, a soli cinque metri dalla finestra, vi era un nido.
Quest'ultimo non era molto grosso. Anzi, a dir la verità era veramente piccolo, ma ingenua com'ero, pensai che si potesse trattare proprio del nido del beccaccino. Rimasi delusa dal fatto che un nido di una creatura definitasi mitologica potesse essere così minuto, ma un attimo dopo pensai che se nessuno aveva mai avuto la possibilità di vedere codesto animale, logicamente poteva avere qualsiasi dimensione.
Appena sotto la finestra vi era una sporgenza (che anch'essa percorreva gran parte del palazzo) grande abbastanza per farci camminare a malapena un bambino, ma troppo piccola per farci camminare una persona adulta. Ed è quando la notai che mi venne in mente un'idea alquanto malsana, ovvero andare a prendere il nido e portarlo a Sheldon. Quest'ultimo sicuramente sarebbe stato orgoglioso di me per aver trovato il nido e i pulcini del beccaccino ed essendo orgoglioso nei miei confronti non mi avrebbe più trattata da stupida. Insomma, avevo ingegnato un piano furbo quanto quelli creati dal Team Rocket nelle varie serie di Pokemon.
Non persi ulteriore tempo e posai il binocolo sulla libreria alla mia sinistra. Successivamente, salì sul davanzale e con molta cautela iniziai a muovermi lentamente, con la faccia rivolta al muro e in direzione di quel piccolo nido. Vi posso assicurare che la tensione era altissima: un passo falso e sarei sicuramente andata incontro ad una caduta di almeno venti metri, ma per rendere contento Sheldon, ne valeva la pena. Con la paura che continuava ad assalirmi e con un batticuore incredibilmente forte, arrivai finalmente al nido dopo svariati minuti (che parvero interminabili ore). Sempre rimanendo appiccicata al muro manco fossi un geco, allungai la mano destra per afferrare il nido. E questo fu stato un errore fatale: provando a prenderlo dalla parte superiore piuttosto che da quella inferiore, qualcosa mi beccò la mano. E lo spavento preso mi fece a sua volta perdere l'equilibrio. Fortunatamente in quel momento avevo i riflessi piuttosto attivi, quindi riuscì ad afferrare con entrambe le mani la sporgenza su cui vi avevo camminato pochi attimi prima. Lì appesa, ero totalmente paralizzata dalla paura. Non riuscivo a risalire e l'unica cosa che mi veniva naturale fare fu piangere copiosamente e iniziare a chiamare Sheldon a squarciagola.
Vidi quest'ultimo affacciarsi alla finestra una ventina di secondi dopo.
E per un attimo, notai un bagliore nei suoi occhi che non avevo ancora visto. Forse si trattava di preoccupazione?
"Oh santo cielo! Come diavolo ci sei finita lì appesa, razza di homo sapiens idiota!?"
"TI PREGO SHELDON!!! AIUTAMI!!" urlai io subito dopo in preda alla disperazione.
"Ragazzina, per via di questa tua azione totalmente stupida e per insegnarti che nella vita bisogna arrangiarsi per uscire dai propri problemi, ti lascerei sospesa nell'esatto punto in cui ti trovi adesso. Ma purtroppo non potrei farlo poiché se tu morissi per via della caduta verrei denunciato dal vicinato per mancato soccorso. Senza tralasciare il fatto che Leonard mi butterebbe fuori di casa a calci e che non potrei continuare a lavorare per via delle tue continue richieste di aiuto e per via del senso di colpa che pervaderebbe la mia psiche senza darmi un solo minuto di tregua per chissà quanto tempo..."
Disse ciò con tono alquanto seccato. Io continuai a rimanere immobilizzata, senza la forza o la volontà di muovere un muscolo. Anche se dopo qualche attimo le braccia stavano iniziando ad indolenzirsi e a fare seriamente male...
Sheldon, dopo qualche secondo, mi diede le istruzioni per cercare di salvarmi:
"Allora, ascoltami molto attentamente: fatti forza con gli arti superiori e con molta calma vieni verso la finestra. Appena mi sarai vicina ti tirerò su. Se continui a tenere salda la presa, la forza di gravità non ti porterà di sotto e...."
"NON CE LA FACCIO SHELDON!!! NON CE LA FACCIO!!!" sbraitai io in preda al panico interrompendo il suo discorso.
"Allora se non ce la fai è inutile che sia qui a cercare di aiutarti. Perché in questo caso sarai destinata a rimanere costantemente in uno stallo tra la vita e la morte, fino a quando non sarà la stanchezza delle tue stesse braccia a darti per vinta alla forza di gravità. Questi non sono discorsi contemplabili. Non si tratta di dovercela fare o di non dovercela fare. Tu adesso ce la fai. Eccome se ce la fai e tra neanche dieci minuti sarai nuovamente a gironzolare nel mio appartamento. Hai avuto il coraggio di camminare su questa sporgenza nonostante l'altezza in cui ci troviamo. Se sei riuscita a tirarlo fuori prima, puoi benissimo tirarlo fuori anche adesso. E in conclusione, ragiona su questa cosa: hai solo sei anni. Sei proprio sicura di voler buttare via un'intera vita davanti a te?"
Il discorso di Sheldon mi diede qualche briciolo di forza, ma c'era un altro piccolo problema;
"LE BRACCIA MI FANNO MALISSIMO!!!"
"Non importa. Con o senza dolore alle braccia, con quegli arti superiori dovrai comunque arrivare fin qui. Altrimenti, come ti ho già affermato, non posso aiutarti".
Sheldon in quel momento aveva ragione. Non potevo permettermi di farmi assalire dal panico, dall'ansia oppure dal dolore agli avambracci. No, io dovevo continuare a vivere. E se Sheldon mi aveva dato la possibilità di non rimanere condannata al mio destino, beh, quella possibilità dovevo sfruttarla appieno.
Lentamente iniziai a muovere le braccia verso la finestra. L' ansia cresceva ad ogni singolo movimento non solo perché iniziava a girarmi la testa per via dell'esagerato incremento di stress accumulato, ma anche perché le mie piccole manine erano incredibilmente sudate e mi fu sempre più difficoltoso mantenere la presa salda. Ma la forza di volontà riuscì a farmi arrivare tutta intera proprio sotto Sheldon, il quale si sporse e mi prese da sotto le ascelle. Mi ritrovai con i piedi per terra pochi attimi dopo e lo shock fu talmente elevato che non riuscì a stare in piedi per via delle gambe che mi parvero gelatina.
Mi ci volle qualche secondo prima di ricominciare a vedere tutto lucidamente.
Ed è proprio quando iniziai ad avere un briciolo di lucidità in più che mi sentì tirare forzosamente in piedi. Una mano salda teneva in una morsa il mio braccio sinistro e, senza neanche comprendere cosa stesse succedendo, venni forzatamente girata. Subito dopo, sentì piovere cinque sculaccioni di fila sul mio inerme fondoschiena.
Al terzo iniziai a piangere copiosamente, avendo ovviamente capito la situazione.
A differenza della sera precedente, Sheldon aveva utilizzato una maggiore forza per tirarmi le sculacciate. Queste, essendo state di più, mi avevano provocato un fastidioso e intenso pizzicore alle natiche. Ma non erano certo questi schiaffi a preoccuparmi. Mi preoccupava il fatto che Sheldon fosse  nuovamente arrabbiato nei miei confronti. Quest'ultimo, appena tirato l'ultimo sculaccione, mi lasciò andare bruscamente e, fatto qualche passo avanti, si congedò dicendomi delle cose che mi spiazzarono sul posto. E con un tono per nulla tranquillo:
"Imbecille...In vita mia ho già avuto l'onore di incontrare persone talmente irresponsabili da aver commesso delle concrete scemenze prive di qualsiasi logica...Ma fidati che non ho mai conosciuto nessuno che per via di codeste scemenze ha rischiato di perdere la vita... Neanche quegli individui che ho sempre considerato sottosviluppati a livello intellettivo... Ti posso assicurare che il tuo comportamento di poco fa ha battuto qualunque comportamento illogico che io abbia mai visto fino ad adesso...Non voglio dilungarmi troppo o perdere tempo con questo argomento, altrimenti potrei dire delle cose alquanto volgari e spiacevoli... Siediti sul divano e guai a te se ti muovi senza un valido motivo..."
Si avviò poi verso il portatile, si sedette e continuò a concentrarsi sul suo lavoro.
Beh, fu alquanto scontato quello che feci dopo: mi sedetti nello stesso punto in cui ero seduta mezz'ora prima, portai le gambe al petto e iniziai a piangere. Se vi descrivessi come mi sentivo in quel momento, probabilmente proverete solo una gran pena nei miei confronti e non mi pare proprio il caso. Sappiate soltanto che la mia disperazione fu tale che, dopo una ventina di minuti, non solo stavo ancora piangendo, ma mi venne pure un attacco di crisi respiratoria.
Ed è stato proprio mentre cercavo di accumulare ossigeno nei polmoni che sentì qualcuno sedersi alla mia sinistra e dirmi:
"Forza, siediti sulle mie ginocchia".
Alzai gli occhi ancora velati dalle lacrime e vidi Sheldon con le braccia semiaperte che mi stava invitando ad abbracciarlo. E quell'invito non me lo feci assolutamente scappare: mi fiondai subito su di lui e avvinghiai le mie braccia al suo collo, per poi sfogare il resto del pianto sulla sua spalla destra.
"Guarda che non saresti autorizzata a macchiare la mia maglietta di muco o di qualunque tipologia di secrezioni lacrimari, ma penso che oramai possa fare lo stesso, dato che hai appena creato un lago sulla mia spalla" commentò Sheldon leggermente disgustato. Vi posso assicurare che nonostante questo tentativo per provare a farmi calmare, io non riuscivo a smettere di piangere. La situazione divenne talmente tanto esagerata che ad un certo punto, Sheldon cercò di farmi tornare in me dicendo:
"Dannazione, perchè non la smetti di lacrimare? Pensavo che una qualsiasi dimostrazione d'affetto che includesse del contatto fisico potesse riuscire a placare ogni singolo animo umano. Devo aver sicuramente sbagliato qualcosa. In fondo, non sono molto pratico in queste situazioni. Ma comunque, perchè struggerti così tanto? Sei ancora viva e per di più ti sto permettendo di smoccicare su una delle mie magliette preferite. Cosa vorresti ancora per l'amor di dio?"
Nonostante queste parole, io non riuscivo ancora a smettere di piangere. Non vi so spiegare, ma tutto questo non dipendeva da me. Ero come imprigionata in questo status di pianto continuo, dal quale non riuscivo più ad uscire.
Pochi attimi dopo, accadde un qualcosa di inaspettato: a fatica, Sheldon mi avvolse con le braccia, finalmente in un vero e proprio abbraccio. E subito dopo, cantò una piccola canzone. Quest'ultima non solo mi piacque, ma in un qualche modo riuscì a placare tutti quei sentimenti negativi che provavo in quel momento. E finalmente smisi di lacrimare:
                         
                          "Soffice Kitty
                           Calda Kitty
                          Bel micino tu
                           Gioca Kitty
                           Dorme Kitty
                          Prrr prrr prrr"

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