Capitolo 20.

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Le prime luci dell'alba accarezzarono la pelle rosea e pallida di Newt, che uscì di casa per recarsi a lavoro.
Il freddo leggero di Maggio lo catturò, donandogli sollievo sulla pelle scoperta, calda e morbida.

Le strade erano vuote, troppo presto per poter trovare qualcuno, e Newt si soffermò a pensare a quante cose fossero cambiate in un anno.

Aveva un locale tutto suo, sarebbe diventato zio a breve e aveva messo da parte definitivamente la storia con Alby. Tutte cose positive, eccetto una.

Aveva perso l'amore della sua vita.

Erano esattamente due mesi e venti giorni che non lo vedeva, e gli mancava come l'aria.
Thomas lo aveva chiamato più volte, provando a scusarsi ripetutamente senza mai ricevere una risposta positiva da parte di Newt; poi aveva smesso di chiamare.
In quel momento si era reso conto di averlo perso veramente, che anche lui aveva smesso di lottare, nonostante tutto.

Il giorno in cui tornò a Londra, fu il giorno più difficile di sempre. Quando varcò la soglia di casa alle quattro del mattino, dovette fare il conto con tutto ciò che di Thomas era rimasto lì dentro. Tutte quelle cose che quando erano distanti gli sembravano nulla, quasi inesistenti, ma che in quel momento glielo ricordavano in modo pesante e dolorante. Non appena girava il volto se lo ritrovava davanti. Lo sentiva come una presenza gigantesca intorno a lui, come se anche le preti fossero fatte della sua stessa materia; come se avesse potuto vederlo spuntare da un momento all'altro, ricordandogli ciò che aveva perso.

Non ebbe mai il minimo coraggio di togliere niente da dove lo aveva lasciato Thomas perché, nonostante quella sensazione straziante, era l'unico modo in cui poteva averlo.

Aveva passato la prima settimana a letto, senza mai mangiare né lavarsi, e ringraziò mentalmente di essere il proprietario del locale, perché non avrebbe saputo come fare. Aveva pianto la maggior parte delle giornate, rimanendo a letto e stringendosi nell'unica felpa che si era tenuto di Thomas, la sua preferita. Profumava ancora di lui, e ogni volta che faceva qualche movimento, e il profumo gli arrivava al naso, lo stomaco si chiudeva e ricominciava a piangere.

Dopo una settimana Minho lo era andato a prendere a casa, buttandolo in doccia e costringendolo ad accompagnarlo a fare le compere per il parto che ormai era vicino. Brenda aveva una pancia gigante, e il bambino stava benissimo.

Quella era l'unica cosa che gli faceva tornare il sorriso; immaginarsi insieme a suo nipote, che giocava e scherzava. Quella era l'unica cosa in grado di tenerlo ancora in piedi.

Dopo quel giorno era tornato a lavoro, lasciando da parte, per la maggior parte della giornata, la tristezza. Lavorava giorno e notte, tornando a casa solo per dormire. Aveva iniziato a perdere molti chili, cosa che preoccupava Minho e Brenda, dato che stava scomparendo.
Fumava di più, come se il fumo potesse annullare i suoi dolori e cancellare i ricordi.

Poi, dopo un mese e mezzo passato a soffrire, aveva lasciato spazio alla rabbia, alla collera nei confronti di Thomas che lo aveva trattato come uno zerbino. Passava le giornate a parlare di lui, a insultarlo e a sfogarsi con Minho su quanto fosse stato ripugnate il suo comportamento.

Superata quella fase che durò pochissimo, era arrivata la consapevolezza di averlo perso, di non poter essere arrabbiato con lui per sempre, e la capacità di comprendere che ormai era andato. Sapeva che non avrebbe trovato nessuno come lui, ma gli andava bene. Non era destino, si ripeteva.

Arrivò davanti il locale dopo quella camminata avvolta dai pensieri, e aprì la serranda, dando luce alla sala. Aprì le finestre, iniziando a sistemare il tutto per l'apertura. Si recò in cucina, aprendo anche lì le finestre e azionando le macchine che gli sarebbero servite per lavorare. Dopodiché accese ogni luce e sistemò ogni tavolo, in modo tale da ritrovarsi avvantaggiato.

Ethereal || Newtmas Where stories live. Discover now